Il pezzo di muscolo o di coperta 'e costata veniva messo a freddo in una pentola grande, insieme a una 'pacca' (uno spicchio, preso dalle bottiglie fatte appositamente a pacche per l'inverno) di pomodoro, cipolla, sedano, nervetti, qualche osso e una patata che, una volta cotta, io mangiavo con la golosità con cui avrei mangiato un dolce. Che bel brodo saporito veniva! E la carne, anche se era sfruttata, condita a freddo con una bella spremuta di limone era saporita come 'o père e musso 'e puorco, di cui ho parlato tempo fa.
Noi però il pezzo di carne non lo chiamavamo lesso, ma bollito. La differenza tra le due preparazioni, quella del lesso e quella del bollito, l' ho appresa solo da grande, anche perché 'lesso', maschile, era un vocabolo per me ignoto.
Lo conoscevo solo al femminile, plurale.
'E lésse. 'Miss, mia cara miss, 'nu cuopp'allésse io divento per te' diceva Totò. Lésse: le castagne bollite, che in strada venivano vendute dint'o cuoppo di cui parla Totò, cioè nel cartoccio a cono fatto all'epoca in genere di carta di giornale, e solo in seguito diventato di carta pane.
'E lésse. Compagne di fredde serate d'inverno, mi piacevano tantissimo. Come le caldarroste del resto. Le caldarroste, a differenza delle lésse, avevano un vantaggio in più: a volte ne nascondevo qualcuna nella taschina della maglia e me la portavo di sopra, quando andavo a letto. Ma non per mangiarla.
Forse sono andata fuori tema, e forse ho deluso chi si aspettava il solito post divertente, ma anche i giullari hanno un'anima. Vicinissima allo stomaco.
Se volete particolari ulteriori sul lesso andate agli altri blog partecipanti:
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