Firenze, alba ieri.
L’entusiasmo fra i giovani era grande. Anch’io, con gioia e fierezza, partecipai alle operazioni per il rifornimento di benzina e di vettovaglie, feci la guardia all’ufficio postale o a una delle tante barricate istituite per controllare l’accesso all’altopiano del Giura. Le truppe naziste incendiano parecchie case, rastrellano i giovani e ne fucilano ventidue. La popolazione viene radunata con la forza nella piazza, gli uomini più giovani vengono separati dagli altri e condotti sotto un muro. Pensiamo che la nostra ora sia arrivata. Invece ci fanno salire su alcuni autocarri e l’autocolonna riparte. Ovunque paesi incendiati e uomini fucilati. La gente nel vederci passare piange. In maglietta e mutande saliamo sui vagoni bestiame. A Neuengamme restiamo molte ore sotto un sole rovente, nel piazzale del campo di concentramento, dove ci contano e ci ricontano. Di corsa, tra grida e colpi di bastone, ci conducono alle docce. Ricevo una piastrina metallica da portare al collo, ormai sono diventato un numero di matricola. Nel campo vi sono tedeschi, austriaci, francesi, italiani, belgi, olandesi, lussemburghesi, danesi, norvegesi, polacchi, russi, ungheresi, rumeni, jugoslavi, greci, turchi, repubblicani spagnoli, ebrei e persino un aviatore canadese. Il triangolo rosso identifica i detenuti politici; quello verde i detenuti comuni; quello violetto gli zingari, gli asociali, gli obiettori di coscienza; la stella gli ebrei. Una domenica d’ottobre del 1944 tutti i detenuti furono radunati sul piazzale. Uno dei nostri compagni belgi, accusato di sabotaggio, era condannato all’impiccagione, ci guardò per l’ultima volta e gridò: “Addio, compagni! Viva il comunismo!”. (Tratto da: “LA DEPORTATION” di Maurice Choquet - Bibliothéque de Travail, Cannes).
P E R A L L E N D E
Questi uomini-cavallette
digeriranno anche te.
Magari
come per il “Che”
stamperanno la tua effige
sulle magliette di cotone:
sapranno fare
della tua morte
mercato
mestiere di cui sono
per antica tradizione
maestri.
Il sangue resta
il rito perenne
della storia.
L’accoppiata
vittima-carnefice
è ancora
una puntata sicura.
A tue spese hai imparato
che appena sembra
di avere trovato la formula
la definizione
viene un vento
che se le porta via
lasciando l’uomo nudo
ammonendolo
che su altri tempi si gioca il suo destino
che un giorno tanto
dovrà cominciare daccapo
che il suo segno non è poi
così diverso dall’albero e dalla pioggia
con cui da troppo ormai
non vive in sintonia.
Compagno Allende
quanti fraintesi dovranno cancellare
i figli dei nostri figli
quanto ha deviato il corso dell’uomo
e com’è magro il raccolto.
Ma tu ci hai ricordato
che frattanto
si può ancora pagare una fede
con la vita.
Per questo
continuerai a morire tutti i giorni
anche quando dai muri
saranno scomparsi i manifesti
assieme a tutti quelli
che non hanno mai smesso di morire.
-Renzo Ricchi-
(Isola d’Elba, settembre 1973)
http://renzomazzetti.blog.kataweb.it/2014/11/20/il-suo-primo-grido/