Gioiello di Provenza: Roquebrune

Creato il 15 giugno 2015 da Daniblue



Nulla batte una bella passeggiata per vicoli medievali in un tramonto limpido con una vista che domina il porto dei VIP di Montecarlo.


  Gli yacht miliardari sembrano barchette giocattolo in una piscina blu in mezzo al giardino, e i soffocanti grattacieli-condominio niente più che costruzioni di Lego fatte da bambini.



Tutto questo si trova a poche centinaia di metri sotto di noi, mentre qui in alto, nell’antico e pittoresco villaggio di Roquebrune, l’unico suono è il grido dei gabbiani appollaiati in cima alla torre della fortezza carolingia dell’XI secolo.





Quasi dimenticato dal presente, questo borgo è un campione perfettamente conservato di architettura tradizionale della Liguria occidentale – in passato è appartenuto alla Repubblica marinara genovese – con carruggi fiancheggiati da case in pietra con persiane colorate, erte scalinate che s’inerpicano verso la rocca, giardini appartati che confinano con i vicoli, antichi abbeveratoi di pietra, panche di ardesia e chiesette dalla facciata sgargiante, pace e tranquillità ovunque, solo una manciata di ragazzini che tirano calci a un pallone nella piazzetta in mezzo a cui sorge l’olivo millenario, circondato da una panchina di legno per sedersi, ammirare il panorama, meditare…


Sulla piazza s’innalza una rupe scura (rocca bruna?), un tipo di roccia clastica (sedimentaria) definita “puddinga”, parte dei dirupi naturali su cui è costruito il villaggio, e che si erige di alcune centinaia di metri alle spalle di questo, creando uno sfondo spettacolare.
Roquebrune ha avuto alcuni celebri residenti, tra cui Le Corbusier, W.B. Yeats, André Malraux, Jacques Brel, il granduca russo Alexander Mikhailovich, morto qui. C’è un museo d’arte e si tiene regolarmente un mercatino dell’antiquariato.

 
Almeno cinque tra ristoranti e pizzerie accolgono turisti e buongustai. Il più centrale è Les Deux Frères, con grandiose vedute sul mare. Poi c’è Casarella, un buon ristorante siciliano con tavoli al piano terra e un unico tavolo per due in un terrazzino con un magnifico panorama sui tetti di coppi rossi e su Monaco.


  Poi c’è il nostro preferito, Au Grand Inquisiteur: una minuscola “grotta”, una caverna fiocamente illuminata evocativa di secoli di storia e mistero, che prende spunto dal nome Grande Inquisitore, il cui falso truce ritratto è appeso all’ingresso, sembra fatta apposta per infondere terrore. Naturalmente ha avuto l’effetto opposto su di noi, rendendoci curiosi di provare il locale. E siamo davvero felici di averlo fatto: è stata un’esperienza indimenticabile in tutti e per tutti i sensi.    ©DaniBlue  

15 giugno 2015

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