Faletti però è parte della mia infanzia. La mia prima memoria culturale è stata Drive In, e a Drive In c'era Vito Catozzo. Faletti è stato il primo concerto a cui ho assistito: ero ad Alassio, avrò avuto otto o nove anni, alternava musica e cabaret e gli hanno fatto cantare due volte Minchia signor tenente.
Non potevo mancare. Ho passato una bella ora alla Feltrinelli, anche se in piedi e in mezzo alla folla. L'ho trovato caustico, simpatico, un po' sopra le righe. Mi ha ricordato il professore in Notte prima degli esami, uno dei pochi film italiani "veramente belli" degli ultimi anni.
Ha raccontato del libro ma anche di tante altre cose, della passione per la pesca da bambino e di sua nonna che è morta credendo che fosse il chitarrista dei Pooh. Del fatto che le idee per i suoi libri gli nascono nella mente come epifanie, così come i titoli. Per esempio gli è finalmente venuta l'idea per il seguito di Io uccido, anche se da qui a quando lo scriverà passerà tanta acqua sotto i ponti. A chi gli ha chiesto se fosse meglio vivere o raccontare ha risposto (dopo avergli consigliato, qualunque sia la sostanza che prende, di dimezzare la dose) che non gli importa di crearsi un futuro, quanto giorno dopo giorno di costruirsi un bel passato.
Non so se la frase sia proprio sua o un aforisma rubato a qualcuno, ma mi è piaciuta. Così come mi è piaciuta la chiusura del suo intervento, una frase che ho letto molto simile nell'autobiografia di Stephen King: Faletti ha sostenuto di ritenersi molto fortunato, perché nella sua vita ha sempre lavorato senza avere la sensazione di lavorare.
Un gran bel pensiero :-)
ps. purtroppo non mi sono potuta fermare al firmacopie. Dato che ho letto Tre atti e due tempi in ebook, sarebbe stato un po' complicato farmi autografare l'ereader :-)