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Giorgio Napolitano, l’amicizia con Benedetto XVI e la vera laicità

Creato il 13 luglio 2012 da Uccronline

Giorgio Napolitano, l’amicizia con Benedetto XVI e la vera laicitàSiamo entrati nel settimo (e ultimo) anno di mandato del nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In questi giorni ha assistito assieme a Papa Benedetto XVI al concerto di musica diretto dal maestro Barenboim a Castel Gandolfo. Per l’occasione “L’Osservatore Romano” lo ha intervistato e il Presidente ha voluto soffermarsi sul suo rapporto con il Pontefice in questi anni.

«Non esito a confessare», ha detto, «che una delle componenti più belle che hanno caratterizzato la mia esperienza è stato proprio il rapporto con Benedetto XVI. Abbiamo scoperto insieme una grande affinità, abbiamo vissuto un sentimento di grande e reciproco rispetto. Ma c’è di più, qualcosa che ha toccato le nostre corde umane. E io per questo gli sono molto grato. Oggi, per esempio, abbiamo trascorso un momento insieme caratterizzato proprio da tanta semplice umanità. Abbiamo passeggiato, parlato come persone che hanno un rapporto di schietta amicizia, con tutta la deferenza che io ho per lui e per il suo altissimo ministero, per la sua altissima missione. Ci sentiamo in un certo senso  vicini, anche perché  chiamati a governare delle realtà complesse».

E ancora, mostrando cosa significhi il vero significato di laicità: «Non dimenticherò mai il messaggio che ci ha rivolto in occasione delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia: lo porto e lo porterò sempre con me come  retaggio del mio mandato presidenziale. Ci si poteva aspettare certo un messaggio cordiale, formale, ma non  tanto impegnativo come invece sono state  le sue parole e anche  il suo giudizio storico. E questo dimostra veramente come in Italia lo  Stato e la Chiesa, il popolo della Repubblica e il popolo della Chiesa, siano così profondamente e intimamente uniti». Quelle del presidente Napolitano non sono affatto parole di circostanza, più volte effettivamente ha dato visibilità a questa vicinanza con il Santo Padre.  Di estradizione laica, già membro e responsabile del Partito Comunista Italiano, è riuscito comunque ha mostrato come la laicità non significhi negazione della religione o banale neutralità (che poi diventa sempre indifferenza e ostilità nascosta), ma cavourriana separazione tra le leggi e i comandamenti, tra lo Stato e le istituzioni ecclesiastiche. Significa certamente distinzione di ambiti, ma anche collaborazione e valorizzazione. 

In diversi interventi Napolitano ha stimato l’opera sociale della Chiesa che, come ha detto in un’occasione, «significa le parrocchie, significa l’associazionismo, significa il volontariato», insomma quell’«insieme di strutture e di forme di aggregazione» che nel tempo hanno dato prova «di vicinanza ai bisognosi e ai sofferenti». Nel febbraio 2012 in occasione della presentazione del libro “Per carità e per giustizia. Il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano”, ha parlato del contributo dei cattolici «nei campi della cooperazione, educazione, istruzione e assistenza, sanitaria e sociale a favore di quanti vivevano in condizione di povertà e precarietà sociale ed economica», e di come sia stato «rilevante» negli anni. Superando i «momenti critici del rapporto con le nuove istituzioni dello Stato unitario, ha consentito al mondo cattolico di concorrere allo sviluppo economico-sociale del Paese e alla maturazione di valori, quali quelli della mutualità, solidarietà e convivenza pacifica, che trovano oggi consacrazione nella nostra Carta costituzionale». Nell’agosto 2011, partecipando al Meeting di Rimini organizzato dal movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, ha invitato la platea in ascolto a portare «in politica le vostre convinzioni spirituali, morali e sociali. Siete una risorsa umana importante per il nostro paese, fate valere la vostra esperienza e diffondetela ancora di più».

Una posizione da vero laico, che però fatica a cancellare la grande macchia nera che sporca gravemente il suo mandato, cioè la mancanza di coraggio nel firmare il decreto che avrebbe salvato la vita a Eluana Englaro, uccisa a causa di una ricostruzione “indiretta” delle sue volontà terapeutiche attraverso lo “stile di vita”. Una farlocca ricostruzione fatta sui ricordi del padre Beppino Englaro, il quale però ha rivelato di essersi inventato tutto.


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