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Giornalismo online: dal G8 dublinese alla terza guerra mondiale (dei click), del Grillo a passo di Gambaro. O sul sonno della ragione che genera mostri.

Creato il 21 giugno 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

250PX-~1di Rina Brundu. Forse è un segno dei tempi, ma l’ultimo G8 in salsa irlandese non ha procurato troppa confusione qui a Dublino. Credo che così sia stato perché i leader si trovavano nell’Irlanda del Nord, mentre nella Repubblica sono rimaste le sole signore e fatta salva la loro uscita serale a teatro, avvenimento che ha ingolfato il traffico al centro per diverse ore, si sono tenute a debita distanza. Il cittadino comune poteva dunque passeggiare per strada ignaro che i potenti del mondo fossero radunati ad un tiro di schioppo. Si fa per dire.

Dovessi concentrare il G8 2013 in una singola immagine, sceglierei quella dell’eterno ragazzo Obama che da pacche sulle spalle all’eterno ragazzo Letta, una fotografia che racconta più di mille parole lo status-quo della leadership internazionale. Come spesso accade non è mancata neppure la ciliegina sulla torta e l’eterno ragazzo Obama ha voluto strafare nell’aftermath: sulle orme di quel J F K che il 26 giugno del 1963 fece uno dei suoi più famosi discorsi alla Porta di Brandeburgo, si è infatti proposto anch’egli sulla scia dei grandi miti politici americani di respiro globale, se non fosse che con lui, il mitico motto “Ich bin ein berliner”, forse complici le pacche sulle spalle di cui sopra, suonava quasi come un “Ich bin ein italiener”, con tutto ciò che questo comporta.

Intanto il solstizio d’estate incombe, così come la terza guerra mondiale. Questo lo avrebbe detto Grillo, che evidentemente di guerre mondiali non ne ha troppa esperienza, diversamente dai ragazzi sardi nati nel 1899 i quali quando tornarono a casa dal fronte preferivano il silenzio alle tante parole. Ma questi sono tempi feisbukici, da democrazia digitale; insomma, ognuno può sparare la cazzata che vuole e se capita che hai molti followers sul blog, riesci a farti eleggere in Parlamento e poi i giornali fanno a gara per pubblicarla sulla homepage la suddetta cazzata: dalla prima linea alla prima pagina e dalla guerra mondiale alla guerra dei click.

Che pare una celia se non fosse che dietro queste dinamiche se ne nascondono altre che danno da pensare. Questo è senz’altro il caso dell’affaire Adele Gambaro, la senatrice del movimento a cinque stelle espulsa dal gruppo per avere osato criticare la linea grilliana. Senza entrare nel merito delle cupe atmosfere da distopia orwelliana e da pseudoprocesso kafkiano che la faccenda richiama, e senza dirimere troppo sulla matematica asfittica e di matrice dittatoriale che permette a circa 27300 internauti (ovvero al 65% dei 42000 grillini con diritto di voto online), di decidere sul destino di un senatore della Repubblica Italiana, stupisce il totale asservimento dei cittadini al loro garante. Asservimento che, ritengo, non sia determinato da un diktat grilliano, quanto piuttosto da una innata tendenza tutta-italica a servire il capo, a riverirlo, chiunque egli sia e qualunque cosa dica.

Mai, infatti, prima della dichiarazione molto pragmatica, molto pensata e molto costruttiva di Adele Gambaro, si era avuta evidenza che anche dentro il M5S esiste sostanza. E capacità di raziocinio. Nel dubbio, naturalmente, hanno pensato bene di metterla a tacere; Goya docet, il sonno della ragione genera mostri, anche sotto il sole più dolce di prima estate!

Featured image Il sonno della ragione genera mostri (El sueño de la razón produce monstruos) di Francisco Goya (1797).

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