Giornalismo online: se anche il TG5 si chiede perché “non c’è più rispetto”. Per l’Italia. AND FREE YOANI SANCHEZ!

Creato il 05 ottobre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

di Rina Brundu. Di cosa sto parlando? Di un servizio di giornalismo televisivo. Chi lo ha trasmesso? Il TG5. Di cosa trattava? Corredava un dubbio amletico che evidentemente logora i giornalisti di quella pur gloriosa redazione: perché il rispetto per il nostro Paese all’estero è in caduta libera? Perché delle nostre leggi, dei trattati internazionali firmati con l’Italia si sono fatti beffe, nell’ordine, la Francia e il Brasile del caso Battisti, l’India del caso marò, la Cuba castrista novella patria di indiziati per fatti delittuosi, finanche la Repubblica delle Banane (quella vera!) et, last but not least, il Paese delle Meraviglie di Alice durante l’annoso scandalo “Chi ha fatto la cresta sui rimborsi reali dovuti al Cappellaio Matto per gli attovagliamenti delle 5 del pomeriggio?”.

“Che roba! Roba dell’altro mondo! Tutto il mondo, oggi, è roba dell’altro mondo!” direbbe appunto Lewis Carroll. Il fatto è che i casi di “disrispetto” contro il volere del nostro-popolo sovrano segnalati dal servizio in questione non erano, a mio avviso, esaustivi. Soprattutto, ad usare un po’ di dietrologia politica, pareva che il “racconto” fosse teso a portare l’ascoltatore ingenuo a concludere meditabondo (e anche un poco incazzato con il corrente esecutivo tecnico montiano): “Ah, quando c’era lui!”. Detto altrimenti, era un po’ come se il TG5 lamentasse: “Ah quando c’era il nostro editore al governo!”. Dico questo perché una accurata ponderazione delle situazioni che hanno portato allo status-quo “irrispettoso” descritto nel primo paragrafo, non avrebbe potuto fare senza una citazione del caso crisi-libica. Di fatto, fu proprio quello il momento in cui il berlusconismo – ricevuto il ferale “schiaffo” di Sarkozy che in quella occasione fece il bello e il cattivo tempo – mostrò tutta la sua incapacità di leadership: sia per motivazioni strutturali (in senso lato), sia per motivazioni “molto particolari” che avevano a che vedere per lo più con le vicende personali del premier in carica, il tutto con una ripercussione notevole sulla nostra immagine oltrecortina.

Detto questo, non si farebbe gran servizio alla verità se non si raccontasse che, molto tempo prima, colpa sostanziale nel progressivo perdersi del nostro buon nome l’ha avuta il nostro giornalismo più impegnato. Faccio riferimento, per esempio, alle molte campagne de La Repubblica di Scalfari e di altri giornali i quali, allo scopo di colpire il “nemico” sul fronte interno, usavano far da cassa di risonanza ai titoli contro-Italia prodotti dallo pseudo-giornalismo estero. Nel fare ciò dimenticando un elemento molto importante, ovvero che fuori dal Bel Paese i giornali li leggono e quindi sarebbe sempre meglio andarci cauti con il reiterato lavar i panni in casa del vicino.

A mio avviso dunque, un miglior servizio di giornalismo televisivo da trasmettere nel TG serale, sarebbe stato uno che si interrogasse e desse risposte convincenti (a fare domande sono capaci tutti!) sul come il sistema-Italia dovrebbe recuperare la dignità perduta. E dunque la sua miglior immagine. E dunque il suo vero potenzionale d’export. Da questo punto di vista, il giornalismo, tutto il giornalismo, può dare una mano sostanziale. E potrebbe cominciare smettendola di far da cassa di risonanza (di nuovo!) alle dichiarazioni di questo o di quel politico rottamato, smettendola di invitare nei suoi salotti-più-in la casta-delegittimata dal suo stesso cattivo operare, finendola una volta per tutta di tentare di nobilitarsi di riflesso, i.e. io intervisto il Presidente sono “presidenziale”. E altre panzane similari stile vanity-fair giornalistica de noartri.

Dulcis in fundo, reclutando analisti della notizia più acuti. Nei servizi giornalistici, infatti, bisognerebbe cercare almeno almeno di non confondere mai la becere beghe di Politica interna con le ragioni più o meno importanti della Real Politik. Quando il Brasile nega l’estradizione di Battisti si potrebbe ipotizzare, volendo, che il suo pugno-di-ferro abbia molto a che fare con strategie globali più pregnanti per quella nazione del fare un misero sberleffo a noi, e quando l’India giochicchia con i trattati internazionali forse forse qualche altro messaggio “nascosto” sta tentando di mandarlo, o no? Il tutto senza dimenticare che la parola “rispetto” ha pur’essa una sua dignità intrinseca che non bisognerebbe tentar di sminuire in nessuna circostanza. Questo perché il rispetto generalmente non lo si chiede, e per ovvie ragioni, ai pigs-aneuronici, ma lo si chiede a chi sappiamo condivide le nostre stesse aspettative minime di moralità e di buona convivenza civile.

Lo stesso vale per le nazioni. Come a dire che del “rispetto” di una Cuba (intesa come governo) che incarcera la blogger Yoani Sanchez e gli altri attivisti civili e politici occorre sbattersene altamente le balle. Piuttosto, che si vergognino: FREE YOANI SANCHEZ!

Featured image, Yoani Sanchez, fonte Wikipedia.

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