«Se la libertà non è il primo comandamento, cosa resta della funzione del giornalismo?»
Questa è la domanda che si pone la nota Silvia Truzzi, a margine delle rituali conferenze stampa del Festival di Sanremo, concluso ieri.
La Truzzi riferisce che «tra i riti di Sanremo c’è una liturgia particolare ed è quella della conferenza stampa mattutina (…) E qui ognuno rappresenta una testata, che a sua volta rappresenta i lettori: basta questo a spiegare perché è grave cercare la complicità, la strizzatina d’occhio, il buffetto affettuoso (…)
Domande che iniziano con “Complimenti per ieri sera”, “Come stai?” offendono il nostro lavoro. Come le scuse preventive di chi vuol parlare dell’oggettiva debacle degli ascolti e comincia così: “Mi dispiace, non voglio essere cattivo, ma devo fare questa domanda”. Scolaretti che temono di essere sgridati dalla maestra.
La preoccupazione non riguarda una categoria che ha sempre goduto – non senza ragione – di pessima fama. La preoccupazione riguarda il ruolo dell’informazione, in una geografia della stampa che quasi non conosce più l’editore puro, cioè quello che ha come referenti i lettori e il mercato, non interessi diversi.
Se la libertà non è il primo comandamento, cosa resta della funzione del giornalismo? (…)
La cortigianeria sembra la regola, non l’eccezione: non ci rispetta più nessuno. Allora non stupiamoci se i giornali in Italia hanno perso un milione di lettori in un anno. Una volta si diceva che il giornalismo è il cane da guardia del potere, evidentemente la gente non sa più cosa farsene di cani da compagnia».
A c. di Alfredo Sanno da: “Giornalisti a Sanremo: non è una gita per ingraziarsi nuovi amici” di Silvia Truzzi, Fatto Quotidiano, 23/2/14.