Giornalisti e diffamazione: quando il risarcimento è eccessivo

Da Pinobruno

Se il risarcimento per diffamazione richiesto al giornalista è sproporzionato, eccessivo, si vìola la libertà di espressione garantita dall’articolo 10[1] della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La decisione del 22 novembre scorso della Corte europea per i diritti dell’uomo (ricorso n. 41158/09, Koprivica contro la Repubblica del Montenegro) non piacerà ai querelatori di professione.  Cioè i pezzi grossi dell’establishment politico, economico e finanziario avvezzi alla richiesta di risarcimento danni a prescindere nei confronti dei giornalisti che fanno inchieste sulle loro magagne.

Alla Corte – riassume la giurista Marina Castellaneta – si era rivolto un giornalista montenegrino che, sul settimanale di cui era capo redattore, aveva pubblicato un articolo nel quale si sosteneva che 16 giornalisti montenegrini sarebbero stati processati dal Tribunale penale per i crimini nell’ex Iugoslavia per incitamento alla guerra.

I giornalisti avevano avviato un’azione per diffamazione dinanzi al Tribunale civile di Podgorica, che aveva condannato Veseljko Koprivica per diffamazione, per avere riportato fatti non veri e non avere svolto accertamenti adeguati per chiarire la veridicità delle notizie.

Lo stesso Tribunale dell’Aja aveva smentito l’esistenza di indagini sui giornalisti. La Corte europea ha ritenuto non corretto il comportamento del redattore capo, che aveva pubblicato gravi accuse senza adeguati controlli, pur trattando una materia particolarmente delicata in quella regione, che avrebbe richiesto una maggiore diligenza.

Respinte anche le giustificazioni del giornalista che aveva motivato i mancati controlli per le difficoltà di collegamento con il Tribunale per i crimini nell’ex Iugoslavia. E’ vero, riconosce la Corte, che il reporter ha necessità di pubblicare con rapidità le notizie che rischiano di diventare prive di interesse per la collettività se pubblicate con ritardo e che le notizie sono un “bene deperibile”, ma il giornalista lavorava per un settimanale e non per un quotidiano e avrebbe potuto compiere, quindi, un ulteriore controllo.

Detto questo, malgrado il giornalista non avesse fatto tutto il possibile per accertare i fatti, per la Corte di Strasburgo, il Montenegro ha violato, in ogni caso, il diritto alla libertà di espressione perché l’entità del risarcimento disposta a carico del giornalista era eccessiva e non proporzionata all’entità della pensione percepita dall’ex redattore capo.

Dunque la Corte europea per i diritti dell’uomo ha delimitato il margine di autonomia degli Stati nel fissare sanzioni nei casi di diffamazione.

Una decisione, quella di Strasburgo, che potrebbe avere un forte impatto anche in Italia.



[1] Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.Articolo 10.

Libertà di espressione

1 Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.

2 L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.

Fonti: Marina Castellaneta, Corte europea per i diritti dell’uomo.


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