Giornalisti, il sindacato non escluda i più deboli

Creato il 09 dicembre 2014 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

Sabato e domenica si terranno le elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo dell’Assostampa Sarda, il sindacato unico dei giornalisti della Sardegna, e per la scelta dei delegati al congresso nazionale della Federazione nazionale della Stampa Italiana (Fnsi). Da qualche giorno è partita la caccia al voto con le consuete telefonate da parte dei giornalisti che si cimenteranno nella competizione elettorale. Senza nulla togliere ai colleghi candidati, alcuni dei quali sono amici di grande esperienza e serietà, lascia qualche perplessità il metodo adottato nella scelta della cordata di nomi. La lista ufficiale stilata nelle segrete stanze prevede rappresentanti per ognuna delle maggiori testate della Sardegna, con una precisione degna del manuale Cencelli (il sistema con cui in politica si assegnano le poltrone in base al peso dei partiti e delle loro correnti interne, ndr). Ovviamente tutti i colleghi candidati al posto nel direttivo del sindacato sono contrattualizzati. Oppure pensionati. E’ comprensibile che ogni testata e ogni categoria vogliano difendere i propri diritti acquisiti, ma non si comprende perché all’interno della compagine del sindacato sardo non sia stata inclusa la componente più sofferente del mondo dell’informazione isolana: quella, vastissima, dei precari.

Sindacato non è politica

Sicuramente il mondo dell’editoria sarda sta attraversando uno dei momenti più delicati dell’ultimo decennio. Dopo Sardegna 1 e Cinque Stelle (in precedenza ricordiamo il crac doloroso di Epolis e il fallimento in sequenza di Sardegna 24 e Sardegna Quotidiano), la crisi pare debba toccare persino i colleghi della storica emittente televisiva Videolina: persino nell’isola finora felice del costruttore Sergio Zuncheddu si preannuncia un bagno di sangue.

E’ giusto che il sindacato provi a salvare il salvabile per tutelare chi il posto di lavoro ce l’ha fortunatamente ancora: gli stipendi di capiservizio, caporedattori e redattori devono essere tutelati, così come le laute pensioni maturate dai colleghi veterani che hanno iniziato a lavorare con le antesignane linotype.

Tutti questi  sono diritti che certamente devono essere salvaguardati dal sindacato.

E’ dunque comprensibile che la lista dei candidati sia stata stilata in modo che i giornalisti delle grosse testate abbiano un collega di riferimento nel sindacato e che siano ben rappresentati anche i colleghi pensionati.

Ma sarebbe stato giusto anche prevedere almeno un candidato precario che rappresenti la categoria più vasta dei giornalisti sardi: quelli che una redazione non ce l’hanno proprio.

Magari il candidato precario avrebbe potuto spiegare ai candidati contrattualizzati cosa vuol dire oggi sbattersi per collaborare a tre euro a pezzo oppure cosa vuol dire fare mille domande per racimolare qualche ufficio stampa che ti consenta di mantenere la famiglia. O magari cosa significa perdere il posto di lavoro quando hai appena acceso il mutuo della casa.

Oppure avrebbe potuto spiegare ai più fortunati che protestano ancora per l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori cosa significa essere licenziati con una semplice telefonata dopo aver lavorato per anni per un committente.

Sapete, sono cose che aprono la mente. Un candidato precario avrebbe potuto spiegare ad un candidato contrattualizzato cosa significa pensare mille volte di lasciare un mestiere che ami per cercarti un altro lavoro dopo aver preso tante bastonate. Ma sarebbe stato utile anche capire come sta procedendo chi, nonostante il precariato, decide di non mollare il giornalismo e per sopravvivere cerca soluzioni diverse rispetto alla tradizionale redazione.

Io credo che non inserire un precario in quell’elenco di candidati sia stato un errore madornale per il sindacato dei giornalisti della Sardegna. Perché un sindacato che non dà voce ai più deboli serve a ben poco. Magari serve a conservare i diritti acquisiti da pochi fortunati. Ma dagli eventi si capisce che l’elenco dei fortunati è destinato purtroppo a diventare sempre più sottile.

Sicuramente un sindacato troppo proiettato verso il passato non serve neppure a capire realmente come si sta evolvendo una professione che così come la conosciamo oggi sta piano piano morendo.

Personalmente, come ho sempre fatto, andrò sicuramente a votare perché il voto continua a rappresentare la più alta forma di democrazia. Ma mi piacerebbe un sindacato dei giornalisti più proiettato verso il futuro. E soprattutto mi piacerebbe un sindacato che, oltre a tutelare chi i diritti ce li ha, sia attento anche a quelli dei più deboli. Ai diritti di quei giornalisti che non sanno neppure cosa voglia dire avere dei diritti.


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