Giornata al mare

Creato il 03 giugno 2014 da Diletti Riletti @DilettieRiletti

Ssshhh…ciafff!

Ssshhh…ciafff!

Mi accontento di questo: un filo di sole immaturo e il parlottio dell’acqua. Mi accontento, si fa per dire: i colleghi a quest’ora in studio trottano, urlano al telefono, scrivono caterve di pagine che qualcuno leggerà annoiato, e pensano pure -i cretini- di fare il lavoro migliore del mondo.

Io sono stufo. Stufo che più non si può di tutti e specialmente del boss, una donna glaciale da far paura all’inferno, con la flessibilità e l’armonia interiore di un carrarmato sovietico. Stronza fin nel midollo. Basta, via. Una giornata al mare o la strangolo con le mie mani…e mi darebbero la legittima difesa, credetemi.

Ho inventato una balla, ovvio: ma il boss è in missione in chissà quali alte sfere, chi vuoi che venga a controllarmi qui? La fortuna di vivere in una città ad un quarto d’ora dal mare fa il resto. Succedesse il finimondo, sarei in studio in un amen.

Senti, senti che rumore fa il silenzio. Le onde sussurrano …ssshhhh… al traffico, all’ansia, alle fotocopiatrici e alle tastiere, alle scadenze e alla noia di giornate tutte uguali. E poi si lasciano andare ad un ciafff… una pacca sulla spalla, un buffetto amichevole, a consolare del fatto che non si può star qui ogni giorno, non si può. Affondo le dita dei piedi nei sassolini, nei molluschi sbriciolati, nella sabbia ancora fredda, e mi godo il mio regno, sole in faccia, onde nelle orecchie, conchiglie ai piedi.

C’è una donna, lontano. Un profilo sottile che saltella sulla riva, speriamo non venga da questa parte. Se mi annunciassero ora che il genere umano si è estinto, preda di un virus mortale, non batterei ciglio. Quindi spero vivamente che l’ultima superstite non venga ora a rompere. L’incanto, l’incanto.

Manco a dirlo viene in questa direzione. Spero sia muta, almeno… L’idea di alzarmi per cambiare posto non mi sfiora neppure, anzi: sarò così sgradevole che andrà via di corsa. Chissà se posso assumere l’aria del serial killer in vacanza temporanea.

Comunque non è male, ha una certa grazia goffa. Sembra sola. Sì, ma…aria, ragazza. Ho bisogno di tranquillità io, niente ormoni e gridolini per aria. Da quando la storia con Anna è finita come doveva, cioè in uno schifo di recriminazioni e insulti, non voglio femmine attorno per almeno… beh, per un bel po’.

Il vento le fa volare i capelli dappertutto, devono essere sottili, leggeri –ah, il mio spirito di osservazione! Poi dicono che gli uomini guardano solo il… Si è chinata a raccogliere qualcosa, una conchiglia forse, e anche quello sembra ben messo, in effetti. Però ho guardato prima i capelli, ci tengo a sottolinearlo. Sta a vedere che incontro la donna della mia vita sulla spiaggia.

Ok, ok…! diamoci una calmata, non l’ho neanche vista in faccia e già mi faccio i film, magari è una cozza incredibile da vicino. Mi metto giù e chiudo gli occhi. Da questo lato ho il profilo migliore. Un’ultima guardata, ma ancora non riesco a vederla. Basta, ciccia, ammirami tu mentre schiaccio un riposino.

Resto immobile, sento la sabbia frusciare di passi molto vicini, ma non apro gli occhi. Non mi freghi, pupa, sono l’uomo più scontroso del mondo, un orso al mio confronto è un amicone. Pussa via.

I rumori si fanno insistenti, sento un profumo leggero. Quando do una sbirciata, vedo le gambe fasciate di jeans della tizia a pochi centimetri dal mio naso: mi si è seduta accanto! E se la serial killer fosse lei? Pensiero idiota prima di tirarmi su, già con la battuta pronta. Invece l’universo precipita nel caos quando sento la voce del boss che mi fa:

-   In effetti, è una bella giornata.

Salto in piedi come se avessi il fuoco ai piedi (e non ho pensato “piedi”), mi passo le mani nei capelli, farfuglio (oddio, sto balbettando!) parole senza senso. Lei, la bastarda, mi guarda seria dal basso. Com’è la canzone? …un sorriso e ho visto la mia fine sul tuo viso… Ecco, questa non sorride nemmeno, vedi tu.

-   Avvocato, io non…non so come scusarmi, sono davvero mortificato… (non è possibile, sono un leguleio rovinato e pure balbuziente!)

-   Senta, De Sanctis… –ha quel suo tono arrogante del cazzo, ma all’improvviso o io sono diventato pazzo o lei scoppia a ridere. Non che le dia torto, devo avere la faccia da deficiente. – Posso chiamarla Alessandro, per favore? E si dia una calmata, non sa che i professionisti rampanti sono tra i soggetti più inclini agli infarti improvvisi?

Mi lascio cadere sui resti del mio regno, affranto come se mi avessero sterminato la famiglia, solo che qui è peggio: se non la faccia, resta da vedere se riesco in qualche modo a salvare il posto di lavoro.

Lei non parla, io mi rendo conto che non ricordo qual è il suo nome, per me è sempre stata il boss, la stronza o al limite l’avvocato Maisto. E quand’è che l’avevo vista scalza e spettinata? Mai, Vostro Onore, lo giuro. Non avevo neanche immaginato di immaginarla così: e ho proprio pensato che avesse un bel fisico? Controllo al volo per non arrendermi all’idea di aver perso il senno in via definitiva, ma tutto corrisponde. E io ce l’avevo sotto gli occhi ogni giorno? Alessandro, sei retrocesso al rango di sfigato totale. E disoccupato, per di più.

-   Mi costringe a parlare per prima- la voce è più morbida, ora. –Anche il mio incontro di lavoro era una balla. E non mi guardi come se fossi una marziana, pensava andassi a dormire in tailleur? – Ride, e quel suono mi ricorda le onde. Insomma, non proprio, è solo ssshhhh... – Quindi, la mia balla contro la sua e siamo pari. Vero?

Non è una richiesta, ma annuisco perché sento che ogni parola mia sarebbe superflua. Lei invece inizia a raccontare – perché a me poi? Non so nemmeno il suo nome…- raccontare di stanchezza e paure e uomini e vita. Vorrei dirle che è bellissima, vorrei sentire la tela di quei jeans sotto le dita, vorrei farla ridere ancora, ma mi do dell’idiota e sto zitto. La mano invece parte per fatti suoi e le sposta una ciocca dal viso, lei mi fissa, io mi fermo e brucio. Idiota, come dicevo.

Mi giro in fretta a guardare il mare, e anche lei. Quello che potrebbe essere scivola tra la sabbia e si perde.


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