Nel nostro Paese si contano migliaia di minori, soprattutto stranieri, vittime di sfruttamento sessuale e del lavoro nero, costretti all'accattonaggio e ad ogni sorta di attività illegale. In occasione della "Giornata internazionale in ricordo della Schiavitù e della sua Abolizione", celebrata il 23 agosto, l'organizzazione umanitaria Save the Children ha diffuso il dossier "I piccoli schiavi invisibili", realizzato attraverso questionari e interviste a operatori impegnati nell'assistenza e accoglienza dei minori dal maggio 2010 al maggio 2011. Le risultanze evidenziano che lo sfruttamento coinvolge in particolare ragazze e bambine provenienti da Romania, Nigeria, Albania e dal Nord Africa, ma pure maschi magrebini e Rom. Sconcertante è il dato sullo sfruttamento di tipo sessuale: circa 2.000 minori sono coinvolti nella prostituzione su strada; a livello "indoor", invece, vale a dire nel chiuso di squallidi appartamenti, la cifra sarebbe addirittura tre volte superiore. E questo comporta rischi ancor più feroci per le giovani e invisibili vittime.
Le tecniche di assoggettamento si sono affinate. Gli sfruttatori hanno scoperto, per esempio, che è più facile adescare i minori avvalendosi della forza di controllo esercitata da loro coetanei. A questo quadro, contribuisce certamente il fatto che che dietro la gran parte dei bambini sfruttati ci sono situazioni di estrema povertà e di emarginazione, su cui fanno leva le organizzazioni criminali. Come nel caso della ragazzine nigeriane che continuano ad arrivare via mare a Lampedusa, sottoposte a un ferreo controllo da parte dei connazionali. O come per le minori romene le quali, in quanto cittadine comunitarie e in possesso di documenti, giungono in Italia in modo più agevole e quasi sempre con la promessa di un lavoro, accompagnate da persone di cui si fidano. L'assoggettamento può quindi avvenire in due modi: con la violenza oppure in virtù di un legame affettivo. Questa seconda forma è la preferita dallo sfruttatore, che fa percepire alla minorenne l'esperienza della prostituzione come funzionale alla costruzione di un progetto comune di coppia, stabilendo un vincolo psicologico assai difficile da rompere.
A disegnare il profilo dell'orco del terzo millennio è l'associazione Intervita: uomo, di ceto medio, di circa 40 anni, padre di famiglia e con un lavoro. Una bambina asiatica, la preferita al mercato dei minori, costa tra i 5 e i 20 dollari. E chi l'acquista non è necessariamente un pedofilo anzi, il 35% dei turisti sessuali (20 mila sono quelli italiani abituali) cerca il piacere con i minori in modo consapevole, documentandosi sul web prima di prendere un volo diretto nel Sud Est asiatico o in America Latina, convinto perfino di compiere un atto di generosità portando denaro in quelle aree depresse del mondo. E' per questo che Intervita lavora per sensibilizzare i tour operator e le popolazioni locali affinchè denuncino gli abusi. Un invito rivolto anche ai turisti italiani. Considerato che nel nostro Paese esiste ormai dal lontano 1998, benché non adeguatamente applicata, la legge n. 269 che prevede che lo sfruttamento minorile sia un reato perseguibile anche se commesso all'estero.
Un rapporto dell'osservatorio internazionale di Telefono Arcobaleno fa registrare nel 2011 l'enorme crescita anche della pedofilia on line. Le immagini delle violenze sessuali sui bambini vengono diffuse, prevalentemente, attraverso l'utilizzo di spazi e servizi Internet di Paesi Europei e Nordamericani. La maggior parte delle segnalazioni inviate alle autorità preposte dall'organizzazione nel luglio scorso si riferisce a materiali pedopornografici diffusi, infatti, da providers di Olanda e USA a motivo delle legislazioni più permissive di quegli stati. E' evidente, pertanto, pure in questo caso, come assume particolare importanza il contributo degli utenti e dei cittadini per contrastare il fenomeno e garantire la legalità.
La violenza sui minori non è solo di tipo sessuale ma consiste anche in forme di sfruttamento fisico e lavorativo, soprattutto da parte delle organizzazioni criminali. Secondo i dati dell'International Labour Organization, oggi nel modo ci sono circa 218 milioni di bambini che lavorano. Di questi, circa 126 milioni vivono in condizioni inaccettabili, sfruttati e privati della possibilità di ricevere un'educazione e una istruzione oltre che dei diritti umani fondamentali, esposti a forme di lavoro particolarmente rischiose che ne mettono in pericolo il benessere fisico, mentale e morale. Ma il dato forse peggiore, è che circa otto milioni di minori sono arruolati come bambini soldato in milizie armate.
Nonostante gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio richiedano che tutti i bambini siano in grado di completare entro il 2015 il ciclo di istruzione primaria, e che ogni diseguaglianza sociale e di genere sia abbattuta, i dati dell'ILO dicono che siamo ancora lontani. Il tasso di iscrizione alla scuola secondaria nei paesi del Sud del mondo è del 32% per i ragazzi e del 26% per le ragazze. L’istruzione è uno dei metodi più efficaci per combattere la povertà e prevenire le situazioni di potenziale sfruttamento dei minori. Secondo le stime, l'Asia è il continente dove il lavoro minorile non solo è numericamente maggiore ma rappresenta un vero modello produttivo. Sono più di 122 milioni i minori di età compresa fra i 5 ed i 14 anni economicamente attivi: nelle piantagioni, nelle concerie, nelle cave, nelle miniere, nelle fabbriche tessili e di giocattoli. Sempre ed assolutamente in nero. In Africa Sub-Sahariana, invece, sono circa 50 milioni i bambini della stessa fascia di età che svolgono un lavoro. 50 mila sono inoltre quelli inseriti nel mercato della prostituzione e della pornografia, mentre si stimano intorno a 120 mila i minori destinati ad imbracciare un fucile come mercenari.
I Paesi dell'America latina e dei Caraibi sono quelli dove i dati riguardanti il lavoro minorile risultano in rapida riduzione pur restando alti. In Brasile si rileva la più elevata percentuale di bambini impiegati nel settore agricolo: oltre 2 milioni di minori tra i 5 ed i 17 anni. In Nicaragua, Honduras e Colombia il tempo dedicato ai lavori domestici incide significativamente sull'orario giornaliero dei minori tra i 5 e 14 anni, in particolare per le bambine. In Ecuador sono circa 8.000 i bambini che lavorano nelle varie attività agricole, in Perù quasi 1 milione e in Paraguay più di 90.000. Ma è proprio in Sud America che si è sviluppato il movimento democratico, basato sull'autogestione, dei Niños y Adolescentes Trabajadores – NATs. Si tratta di un'organizzazione a più livelli dove i bambini, supportati ed accompagnati da educatori adulti che svolgono una funzione di facilitatori, operano direttamente sul territorio in difesa dei propri diritti e contro lo sfruttamento di aziende come la spagnola Zara, che in Brasile è appena finita sotto inchiesta con l'accusa di avere usato mano d'opera minorile costretta a lavorare in condizioni di schiavitù.
Sfruttamento e schiavitù, quando si riferiscono ai bambini, quasi sempre fanno rima con miseria e povertà. L'ultima fotografia scattata dalle Nazioni Unite assieme all'Unicef, in tal senso, lascia poco spazio alle speranze. Proprio in America latina e nei Caraibi, la Commissione regionale del Palazzo di Vetro che si occupa di economia ha stimato in 81 milioni il numero di bambini poveri, con una negazione di diritti senza precedenti. Secondo lo studio, i Paesi con le peggiori condizioni per l’infanzia sono Bolivia, El Salvador, Guatemala, Honduras e Perù, con quasi tre bambini su quattro che vivono in assoluta miseria. Quanto ai Paesi africani, invece, la situazione del Corno d'Africa è quella più delicata: sono 12 milioni e mezzo le persone che hanno urgente bisogno di aiuto umanitario in Somalia, Kenya, Etiopia e Gibuti. I bambini, come sempre, pagano le conseguenze più gravi dell’emergenza: 2,34 milioni risultano malnutriti, dei quali 600.000 in modo grave e dunque in immediato pericolo di vita. Se si considera l’intera Somalia, 1 milione e 850 mila bambini hanno bisogno d’assistenza immediata e oltre 780.000 sono malnutriti. Di questi, oltre 640.000 sono nel Sud: 330.000 con malnutrizione acuta moderata e ben 310.000 bambini con malnutrizione acuta grave. Tra l’inizio del 2011 e la dichiarazione dello stato di carestia, in Somalia erano già morti più di 400 bambini, una media di 90 ogni mese, con l’86% dei decessi infantili concentrato nelle regioni centro-meridionali nonostante l’Unicef e le altre organizzazioni umanitarie avessero già curato, nello stesso periodo, oltre 100.000 bambini affetti da malnutrizione acuta di cui è a rischio vita un bambino su 5. Nelle aree più colpite, infine, ogni 3 mesi muore il 10% dei bambini tra 0 e 5 anni.
Purtroppo, le statistiche negative sui bambini cominciano a riguardare anche i Paesi sviluppati, compresa l'Italia. L'Istat ci dice che ben 1.756.000 minori vivono in condizione di povertà relativa nel nostro Paese, circa il 22% della popolazione minorenne. Mentre il rapporto della Commissione sulla povertà e l'esclusione sociale del biennio 2009/2010, dopo aver presentato il pesante dato di oltre 3 milioni di persone in povertà assoluta, spiega che di queste ben 650.000 sono minori. Perfino le malattie della povertà, come denuncia il Codacons, sono in aumento in Italia, soprattutto nel Meridione. E la classifica che descrive il rischio di povertà per i minori nei 24 paesi dell'Ocse ci vede al terzultimo posto, appena prima di Bulgaria e Romania, per quanto attiene alle diseguaglianze rispetto a benessere materiale, istruzione e salute.
Con "L’isola dei tesori. Atlante dei minori a rischio in Italia", Save the Children offre addirittura un panorama nitido delle maggiori problematiche legate ai minori: un divario abissale e grave tra Nord e Sud e, allo stesso tempo, tanti punti deboli che si manifestano finanche nelle regioni più sviluppate. Le mappe elaborate nell'Atlante, vogliono essere la proposta di un'agenda di impegni da assumere da parte di tutte le istituzioni e della nostra società nel suo complesso. Per riconoscere l’esistenza e il valore di un grande tesoro nazionale composto da undici milioni di minori, dei quali vanno migliorate le condizioni di vita. Investire sui diritti dell’infanzia non è un lusso che l’Italia, come ogni altra realtà occidentale, non può permettersi. Ma è l’unica strada possibile per guardare al futuro, per proteggere i nostri bambini al fine di imparare a proteggere l'avvenire del mondo intero. E' questa, in estrema sintesi, la più importante sfida del millennio appena iniziato.