Giornata della Memoria - Il Labirinto di Carta

Creato il 19 gennaio 2014 da Iniziativa21058

Amministrazione Comunale, ANPI e Iniziativa21058 per la Giornata della Memoria Patrimonio morale di tutti i cittadini
invitano tutta la cittadinanza all' incontroDomenica 26 alle 15 presso il Centro Socio Culturale di Solbiate Olona  con la Dott.ssa e scrittrice Anna Maria Habermann autrice del libro Il Labirinto di carta Viaggio della memoria attraverso le lettere di una famiglia scomparsa ad Auschwitz
a cui seguirà  la proiezione del film documentario "Holtak Orszaga (Terra di morti)"

“Nel titolo compaiono parole che mi riguardano: infatti sono l’ultima discendente della famiglia Hábermann, unica possibile voce narrante di una storia che, senza le mie ricerche e la mia testimonianza, sarebbe rimasta sepolta nel silenzio che l’ha sempre circondata.
Una storia che mi è caduta addosso come un macigno, inattesa e travolgente, dopo la scomparsa dei miei genitori. Era il 1985 quando nel doppiofondo segreto della cassaforte di casa ritrovai alcuni documenti che sollevavano il velo sul passato della mia famiglia. Per me, figlia unica, nata da una coppia cattolica, fu uno shock scoprire quante cose ignorassi su mio padre. Non riuscivo a capacitarmene. Mi pareva impossibile essere stata tenuta all’oscuro di tutto ciò che – più che comprendere – intuivo da certi foglietti scritti in ungherese, lingua che non avevo mai imparato. Brevi missive con lo stemma della Croce Rossa indirizzate a papà, firmate da sua sorella, zia Inci. L’aver scoperto dall’incartamento del Ministero della Razza che mio padre era sulla lista delle persone da espellere dall’Italia per le sue origini ebraiche – fino a quel momento a me ignote – faceva sì che le parole “deportálásból, deportálva” assumessero un significato sinistro.
Fu così che si spalancò davanti ai miei occhi il sipario su un dramma di cui non avevo avuto sentore, né fra le mura di casa, né fuori di esse. Ero costernata, incredula. Mi scontravo con una drammatica realtà che non avrei mai immaginato potesse essere così vicina a me...
Iniziai a pormi domande a cui nessuno poteva rispondere, tranne zia Inci che viveva oltre la cortina di ferro e che, fino ad allora, avevo incontrato solo due volte. Nel 1986 andai in Ungheria a trovarla. Speravo che potesse illuminarmi su vicende di cui, prima di scoprire le carte, non sapevo nulla: né che mio padre fosse ebreo e che per questo fosse stato perseguitato anche in Italia, né che avesse avuto un’altra moglie prima di sposare mia madre, né che da questo primo matrimonio fosse nato un figlio, Tamás, il fratello che non ho mai conosciuto, anche lui vissuto a Busto per qualche anno... Volevo sapere da lei quale fosse stata la sua sorte e quella dei nonni, ma ero impreparata al suo terribile racconto. La tragica logica delle persecuzioni razziali aveva travolto tutti in Ungheria, tranne la zia, unica sopravvissuta allo sterminio della famiglia. Purtroppo neppure lei seppe dirmi quale fosse stato il destino di Tamás, scomparso dal ghetto di Baja a quattordici anni, senza lasciare alcuna traccia di sé. Non sopportavo il pensiero di tanto dolore, di tante vite distrutte, così vicine a me e così lontane, perse per sempre. Una volta tornata a casa rinunciai a ogni ulteriore ricerca. Ma la mia discesa negli inferi era solo rimandata. Trascorsero altri quindici anni prima che mi decidessi ad affrontare il mistero del silenzio con cui i miei genitori avevano tentato – invano – di proteggermi..”

*Anna Maria Hábermann è nata in Italia da padre ungherese e da madre italiana. Dopo gli studi classici si è diplomata in pianoforte, ha conseguito la laurea in medicina e chirurgia, specializzandosi in ortopedia e traumatologia. Collateralmente alla professione di medico, ha tenuto corsi di fisiopatologia per musicisti all’Accademia pianistica di Imola, sviluppando brevetti ergonomici applicati alla musica. Da un decennio si dedica a ricerche storiche sull’Ungheria del XX secolo. Nel 2001 con «L’ultima lettera per Tibor» (La Giuntina, Firenze) ha vinto il primo premio assoluto al III concorso «Mario Tobino». Nel 2009 ha pubblicato «Tamás könyve» (Kieselbach, Budapest), libro documentario dedicato al fratello. Con il patrocinio dell’assessorato alla Cultura del Comune di Busto Arsizio e dell’associazione Italia Israele Varese-Alto Milanese, ha pubblicato «Il labirinto di carta» (Proedi Editore, Milano).
"Un venerdì sera fui invitata a uno Shabbat, ospite di amici in Toscana.Da laica qual sono, osservavo in silenzio gli uomini raccolti in preghiera. Fui scossa da un brivido ascoltando il cantore, un anziano polacco che salmodiava in yiddish. Quella voce proveniva da un mondo di atmosfere familiari. La tavola imbandita, le candele accese. Un rito antico, che richiamava altri riti... Il pane spezzato. Il sale. Il primo calice di vino. Mi rividi bambina sulla soglia del tinello, poco prima di cena. Non vista, osservavo mio padre in piedi accanto al tavolo che spezzava e salava il pane, spiegando alla mamma che nonno Andor lo benediceva nello stesso modo davanti a nonna Malvina.
Solo allora mi accorsi di aver sottovalutato le dissonanze che avevano punteggiato la mia infanzia. La mancata percezione del dolore, che con la mia sensibilità avrei forse potuto intuire, mi spinse a cercare le tracce dei miei nonni e di Tamás negli archivi di tutto il mondo... E oggi -per ricordarli- ho scritto due libri: «Tamás könyve» dedicato a mio fratello, pubblicato in Ungheria da Kieselbach, e «Il labirinto di carta», pubblicato da Proedi, dove i nonni e Tamás e la zia tornano a vivere attraverso le lettere recuperate in un vecchio baule, unica testimonianza delle loro esistenze."
[Tratto da: Anna Maria Hábermann, «Hábermann, ultima testimone del silenzio» in «Il palcoscenico», Busto Arsizio (Varese), edizioni associazione culturale «Educarte», anno III - n. 1 (gennaio-febbraio 2010), pp.4-7]
*  http://www.respiralacultura.it/seconda-pagina/habermann-ultima-testimone-del-silenzio
Milan, the 1990s. Anna Maria Habermann’s mother dies. Looking through the legacy of her  parents, she finds some official documents and letters. Reading them, she learns at the age of 50, that her father had  another family at a Southern Hungarian town, Baja, that she had a brother, and that her father was a baptized Jew. From  the letters it turns out that her father wanted to take the little boy, Tamás to Italy, but there were always obstacles in the way – and then came 1944. The boy was deported. Anna Maria travelled to Hungary to find her roots.

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