Al secondo posto in classifica resta saldo il Napoli del fenomeno Cavani, che segna la sua terza tripletta stagionale arrivando a quota 17 in campionato, era dai tempi di Careca che un giocatore partenopeo non raggiungeva certe vette (furono 19 nel 1989). Gli uomini di Mazzarri iniziano a sognare, la piazza è entusiasta e il tecnico fa bene a fare da pompiere perché la stagione è ancora lunga e l'esperienza ha già dimostrato che la troppa emotività non aiuta. Oltre alla straordinaria vena realizzativa del giovane uruguaiano, a spingere il Napoli c'è una generale condizione atletica e fisica da fare invidia a quasi tutta la Serie A, sono stati pochissimi infatti gli infortuni sotto al Vesuvio e la squadra corre con grande veemenza, in barba ai supplementari di mercoledì scorso in Coppa Italia. Con l'intensità messa in campo dagli azzurri, la Sampdoria è stata schiantata con un 4-0 che non ammette repliche e che apre scenari preoccupanti per i blucerchiati, che potrebbero pagare a caro prezzo lo smembramento della rosa che l'anno scorso era arrivata a sognare la Champions League.
Ultimo pensiero alla Juventus, sempre più alla deriva, sconfitta dall'Udinese che non aveva meritato lo svantaggio ma che ha tranquillamente raddrizzato la situazione, portando a casa i tre punti. Risale a paleolitico il periodo in cui a Torino era impossibile passare, sono già tre le sconfitte casalinghe degli uomini di Delneri e verosimilmente la striscia potrà allungarsi. Al di là delle batoste ciò che colpisce è il fatto che non si vede una fine a questa situazione. Si è dimostrata del tutto sbagliata l'idea di Marotta di costruire una squadra basata sul collettivo, un po' perché questo collettivo si è sgretolato inesorabilmente ma pure, e soprattutto, perché il campionato a cui stiamo assistendo ci mostra come siano fondamentali i solisti. Sia che si punti allo scudetto (il Milan di Ibra, l'Inter di Eto'o e ora Pazzini, con riserva il Napoli di Cavani), all'Europa (l'Udinese di Di Natale) o alla salvezza (il Bologna d Di Vaio e il Chievo di Pellissier). Gli allenatori rifiutano come la peste di ammetterlo, ma chi può si attacca ad un totem per lottare in un campionato senza certezze e chi non può si attacca e basta.