Giorni bizzarri – quattro passi in centro a Milano

Da Robedamamma @robedamamma

Sono giorni bizzarri. Giorni di riflessioni a boomerang (quelle che il tuo cervello lancia la mattina presto, in uno stato di semicoscienza, e che poi ti ritornano tra capo e collo la sera prima di andare a letto). Giorni in cui dico no, no e poi no. Aspettando l’occasione a cui poter dire finalmente sì.

Sono giorni di eventi bizzarri e coincidenze fortuite. D’incontri dal vivo e incontri nel web (con persone vive comunque, eh!). E a volte si corre, a volte si resta. Ma l’affanno rimane. E anche un po’ la sensazione che forse nulla accada per caso.

Sono le ore 13.00 di un venerdì qualunque e le mie gambe, chissà perché, prendono a camminare esattamente nella direzione opposta a quella in cui dovrei andare. Va bene, le seguo.

È una giornata bellissima e, se non fosse per il freddo che ti gela il naso, a guardare il cielo si direbbe quasi sia primavera. Azzurro. Come non capita spesso da queste parti.

All’angolo tra via Verdi e piazza della Scala c’è una ragazzina magrissima. Infreddolita si stringe nel cappotto. Il naso le sprofonda dentro alla sciarpa e il cappello di lana scende a coprirle quasi completamente la fronte. Chissà cosa aspetta. Il borsone ai suoi piedi mi fa intuire il perchè di tanta magrezza e forse anche cosa o chi stia aspettando.

Attraverso la galleria Vittorio Emanuele stando molto attenta a zigzagare tra turisti giapponesi, orde di ragazzini in gita al Mc Donald e uomini d’affari col passo lungo e spedito, bluetooth rigorosamente in azione, che gesticolano parlando ad alta voce. Ti tirerebbero sotto senza nemmeno fermarsi a guardare.

Ad un tratto la luce del sole entra in galleria, creando un gioco di luci pazzesco. Le mie gambe accelerano il passo, mentre mi chiedo se almeno loro lo sappiamo dov’è esattamente che stiamo correndo.

Mi ritrovo seduta sui gradini del Duomo, come non mi capitava da una vita. Da quand’ero ragazzina e lì ci davo appuntamento alle amiche. E allora i cellulari non c’erano, perciò ti conveniva esser puntuale o rischiavi di ritrovartici sola ad aspettare su quei gradini.

Rimango così per un po’, a guardare quell’accozzaglia di gente muoversi sotto i miei occhi. C’è una signora con la pelliccia che cammina nervosamente su e giù.  Mamma, papà e due marmocchi stanno dando da mangiare ai piccioni. In breve si trovano accerchiati e la piccola quasi sparisce coperta dai pennuti affamati. La signora con la pelliccia si ferma e sbuffa il fumo della sigaretta in faccia a due donne in tailleur che le passano in gran fretta davanti. Occhiataccia tra le tre.

Rifletto. I pensieri prendono traiettorie inaspettate. Forse è la vicinanza della Madonnina che mi fa sentire una sorta di chiamata.

Ciao!” m’interrompe gioioso qualcuno alle mie spalle. Sono così assorta che quasi sobbalzo. Guardo il mio interlocutore dal basso all’alto per scoprire un ragazzetto giapponese, anche piuttosto caruccio. Non c’è che dire, come chiamata mi pare niente male.

Tu sai where is Duomo?”, mi chiede sfoderando una posa plastica sulla quale deve aver lavorato davvero parecchio. Un sopracciglio mi s’inarca. Forse perchè inorridito dal pessimo miscuglio di accenti e di lingue. Più probabilmente perchè non accorgersi del Duomo, da quella posizione, pare davvero impossibile. Le cose sono due: o il ragazzo è sotto l’influsso di sostanze illegali, o questo è il più tremendo tentativo di rimorchio del secolo. Un dito, riluttante, indica in su. “Milla gracias senorita“, risponde un po’ troppo allegramente il mio amico multilingua. E va via sculettante. Povera Madonnina.

L’interruzione dà il la alle mie gambe che si rimettono in movimento. Mi ritrovo dentro alla Mondadori. Mi ci tirano praticamente dentro, davvero.  Succede sempre così quando mi trovo a passare troppo vicino ad una libreria. Mi viene in mente un libro che abbiamo di recente preso in prestito in biblioteca e di cui la Marmocchia ed io ci siamo innamorate. Mi metto alla ricerca. Non trovandolo decido di chiedere.

E in questo pomeriggio in cui tutto accade un po’ per caso e un po’ senza perchè, mi ritrovo fuori dalla libreria senza libro ma con i recapiti di una ragazza. Giovane, solare, e con una passione sfrenata per i libri marmocchi. Ci ripromettiamo di sentirci per scambiare pareri di lettura. Pare alquanto surreale. Meraviglioso e surreale.

Perchè trovare una libraia (di quelle che i libri li conoscono e amano sul serio e se chiedi un suggerimento non ti mettono in mano il libro più vicino e ”fasciato” che trovano, ma si arrampicano sullo scaffale più alto alla ricerca di quel volume, sconosciuto e impolverato, che quanto meno ti cambierà la vita). Dicevo, trovare una vera libraia che, travestita da commessa qualunque di una mega libreria nel cuore di Milano, si ferma a parlare di libri con te, e ne parla con conoscenza, con rispetto e dedizione, a me pare davvero straordinario.

E ancora di più se penso che dopo quest’incontro le mia gambe finalmente si acquietano e riprendono a camminare mansuete e leggere verso casa.


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