Fatalim mentre pensa chi mai saranno Hitler e Rommel
Ed eccoci di nuovo qui, a una settimana di distanza, malgrado i buoni propositi di tornare qui rapida e scattante a raccontarvi che cosa stanno combinando Lucchetta (questo era facile: niente, su tutti i fronti), Biretta (il clan dei capellesi), Paganina, Kumar e Mentuccia (io non vedo, io non sento, io non parlo) e così via. Mi sarebbe piaciuto parlarvi finalmente di Fatalìm, che con le sue extension biondo-brune ha speso come tre libri di storia messi insieme (tanto il libro di storia gliel’ho regalato io) e occupato quattro ore di un pomeriggio (che equivalgono alle ore impiegate in tre anni per studiare qualcosa), così che secondo lei ieri l’anno di svolta della seconda guerra mondiale è stato il 1938 (gasp!), no, scusi, prof, il 1939 (urp!), no, scusi, prof, il 1946 (eehh??), no, scusi prof, il… Per farla breve, li ha detti tutti. Tutti, tranne quello giusto.Mi sarebbe piaciuto ma ho avuto da fare.
Scuola, casa, autista e pane fatto in casa. Mezzo cambio degli armadi. Stiro. Spedizioni puliziesche sotto i letti dei figli. Sette versioni semplificate della seconda guerra mondiale per i compagni di classe di Fatalìm (quando finisce la guerra per l’Italia? Il 10 giugno 1940. Amen). Due verbali da stendere con estrema accuratezza per motivi che ora non posso raccontare.
Insomma, le solite cose.
Mi piacerebbe anche ora, ma vado a scuola. Sì, nel giorno libero.
Ora, io so che ci sono in giro personcine assai virtuose che nel giorno libero vanno a scuola sempre, e lavorano e puliscono persino i bagni e così via, ma io, ecco, nel giorno libero gradirei stare a casa: correggere i riassunti, ricopiarvi qui il riassunto di Lucchetta (uno spettacolo), piantare finalmente il mio basilico che cerca scampo dalle vaschettine minuscole in cui giace da dieci (10, ten) giorni, preparare i materiali per l’esame della terza e così via. Ammetto, non sono una prof virtuosa: una volta che mi hanno concesso il giorno libero, mi piace stare a casa a fare quello che devo. Magari anche dormire (ieri sono tornata alla una e venti, che per me non è notte fonda, è il triangolo delle Bermude, è un precipizio nero mai visto ante, alla mia età non ce la posso fare).
Comunque.
Vado a scuola per incontrare la collega di terza, appena arrivata quest’anno e subito piazzata lì come coordinatrice di una classe con settecentoventicinque problemi (uno è Fatalìm). Ci troviamo per decidere chi bocciare.
Cosa?, insorgono i pochi genitori che passano di qui per trovare conferma che gli insegnanti sono dei pezzi di merda pronti ad asfaltare i loro cari figliuoli.
Calma, ora spiego.
Abbiamo una classe dove almeno otto persone, matematicamente e aritmeticamente parlando, non riusciranno a superare l’esame. Questo, per certo. Altre quattro o cinque si troveranno in forte difficoltà. La nostra (nuova) CapaTórta ci ha fatto fare gli altri scrutini in mezz’ora, e vuole sapere prima (prima era la settimana scorsa) chi ha dei 4, e perché e che cosa abbiamo fatto noi per non fargli prendere 4 (testuale). Due colleghe hanno già detto che loro non bocceranno più di due alunni per classe (criterio oggettivo: ho una classe che va bene, non ne boccio che due; ho una classe disastrata, non ne boccio che due; guardare ai singoli alunni e a che cosa succederà loro, non se ne parla).
Così, oggi ci troviamo, e prendiamo in esame tutto, rivoltiamo le verifiche fatte quest’anno, controlliamo le iscrizioni all’anno prossimo (Fatalìm, per dire, ti dice che Hitler era il capo del partito popolare e 9 per 8 uguale 52 e si è iscritta al liceo tecnologico), ci rileggiamo le prove delle stramaledette prove Invalsi e proviamo a mettere in conto chi ha qualche possibilità di superare l’esame senza che il presidente esterno salti sulla cattedra e ci sbrani per manifesta pazzia (nostra, che promuoviamo gente del genere).
Che poi, se qualcuno si sta chiedendo come mai sono in una classe del genere, e come mai sono finiti tutti lì, e come mai non ne ho mai parlato, è un discorso lungo, che vi farei (fooorse) se fossi nel mio giorno libero. Ma devo andare a scuola. Intanto salutoerò i ragazzi di questa terza disastrata. Sempre che possano darmi retta: di solito i maschi sono tutti e completamente occupati a contrattare, comprare e vendere i giocatori delle loro squadre online (giuro che non vedo l’ora che finisca la mensa per smetterla di sentire parlare dei loro acquisti calcistici).