Giovane e bella, film di francois ozon: adolescenza e prostituzione

Creato il 19 novembre 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Francesco Gori

François Ozon ci aveva già stupiti in positivo con Nella casa, film del 2012. Il regista francese torna al cinema con una nuova pellicola, Giovane e bella, e ancora una volta dimostra tutto il suo talento.

La storia è di quelle forti. Isabelle (Marine Vacth) ha 17 anni e vive la sua adolescenza consapevole della sua bellezza: viso conturbante e raffinato, corpo asciutto e vigoroso che ne fanno preda maschile. Nell’estate del suo compleanno, in vacanza con la madre, il patrigno e il fratello minore col quale condivide i turbamenti dell’età, si concede ad un giovane tedesco per la prima volta. Persa la verginità senza pathos, spinta più da fremiti sessuali che da un’attrazione per il ragazzo, torna in città dove diventa Lea. È questo lo pseudonimo col quale si crea un’identità da prostituta sul web, dal quale nascono gli incontri con uomini di ogni età. Si fa pagare bene Isabelle, e accumula una gran quantità di denaro, che custodisce in un borsetto del suo armadio. Con l’anziano George si crea un rapporto di empatia, ma l’improvvisa morte per infarto dell’uomo porterà a galla la doppia vita di Isabelle. Scoperta dalla madre, sarà costretta alla redenzione, senza riuscirci completamente.

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Un film intenso, intervallato da quattro stagionikim ki-dukiane“, e quattro melodie transalpine di Françoise Hardy, che scandiscono la vita della protagonista. Nei 94 minuti di visione emerge tutto il mistero dell’adolescenza - “Il tempo delle mele”- il periodo più delicato dell’esistenza, dove un’infinità di fattori influenzano scelte a volte incomprensibili, come quella di Isabelle, che decide di vendere il suo corpo. Le interpretazioni possono essere tante e neanche il regista sembra dare risposte definitive, ma gli indizi non mancano: la solitudine della ragazza, incapace di scrivere una biografia normale, annoiata da feste e ragazzi comuni; la difficoltà di comunicazione con i genitori, con la madre incapace di assolvere ad un ruolo autorevole, con il padre assente che si fa sentire solo in occasione dei compleanni, regalandole fior di euro; la possibilità di sentirsi realmente viva in un contesto emozionale estremo; il puro piacere sessuale dell’atto del vendersi.  La famiglia, come spesso accade, sembra l’origine di ogni male, inculcatrice inconsapevole di una scheda madre, di un modello che un figlio tende poi a riproporre nell’arco della sua vita: Isabelle si sentiva forse trattata dal padre “alla stregua di una prostituta”? O semplicemente voleva dimostrare qualcosa agli altri e a se stessa? Ad ognuno la propria sentenza.

Certo è che la capacità di Ozon di mantenere alta la soglia dell’attenzione dello spettatore, di accompagnarlo nel regno del dubbio, è straordinaria. Così come la volontà di non giudicare, anzi di comprendere chi la prostituzione la sceglie.

Bravissima Marine Vacth, algida e sensuale allo stesso tempo, Lolita che provoca il patrigno, ma anche adolescente sensibile nel rapporto con il fratello Victor.

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