Ritratto distaccato (e impotente) di un’adolescenza prorompente, Giovane e bella (Jeune et jolie, 2013) si limita a mostrare, evitando tirate morali sulla fragilità e le isterie di una giovane donna. Eppure qualcosa manca.
Isabelle è un’attraente diciassettenne, che in vacanza ha il suo primo (e insoddisfacente) rapporto sessuale. Tornata in città comincia a prostituirsi prendendo appuntamenti su Internet. Guadagna molto, ma non spende, perché in fondo lei non ha bisogno di soldi. Un giorno, però, un suo assiduo cliente, ha un attacco di cuore durante un rapporto sessuale con lei.
Ozon racconta l’adolescenza. La scruta da lontano, in modo distaccato, senza giudicare e probabilmente questa è la pecca più evidente. Eppure lo stile di Ozon è brillante, è reale e senza moralismi. Quattro stagioni di una diciassettenne per narrarne la crescita personale, emozionale, passionale e sessuale. Per ricercare quella figura paterna mancante, alternando prestazioni sessuali (tra clienti che la trattano meschinamente e clienti che ne accarezzano la sensibilità con gentilezza e pacatezza) a routine scolastica e familiare. Ma l’indagine di Ozon non si ferma al carattere di Isabelle e alla sua crescita sessuale, ma si attesta più lontano nella società borghese maldestra e assente, ipocrita e affettuosa. E lo strumento utilizzato è quello che passa attraverso lo sguardo di quattro personaggi: il fratello (curioso e sfacciato), un cliente (la ricerca materiale di affetto), la madre (preoccupata e ipocrita) e il patrigno (sconcertato, ma coinvolto). Il tutto attraversato da una musica (leggera e popolare) diegetica, che accompagna e scandisce e lascia Isabelle nel momento in cui il suo percorso si ferma, raggiungendo una completa maturazione e consapevolezza di sé, mentre il suo sguardo scruta il soffitto di una camera d’albergo.
Ozon (come anticipato) non giudica, si limita a raccontare. Tuttavia la mancanza di opinione stecca con il contorno narrativo. Oppure è fin troppo aderente, quasi mimetico nella sua ricerca di realismo, di sessualità esplicita, ma mai pornografica. Difatti quello della protagonista è un percorso che non subisce svolte, ma è caratterizzato da continui avanzamenti lungo la strada della consapevolezza. Al di là delle etichette, al di là di una figura figlia di una cultura incapace di addomesticarla, di renderla superficiale e ordinaria.
All’interno del film c’è una scena cardine, metaforica e significativa: l’insegnante di letteratura sta analizzando Rimbaud e rimbalza in classe la frase «non si può essere seri a 17 anni». Ozon ribalta il concetto e infonde al suo personaggio una serietà e una maturità inaccettabile, spiandola e lasciando allo spettatore ogni tipo di interpretazione. Ed è così che Ozon diviene un cantastorie moderno nelle pieghe della società francese, evitando di ostentare patetismi e cliché. Un bel risultato, che ne conferma la bravura e la capacità di raccontare storie con profondità e brillante introspezione.
Uscita al cinema: 7 ottobre 2013
Voto: ***1/2