Giovanni Antonio Colicci maestro di legname (Seconda parte)

Creato il 23 agosto 2011 da Cultura Salentina

di Maura Lucia Sorrone

G. A. Colicci, Madonna Assunta, 1714, part. volto

Sappiamo bene che, soprattutto le sculture in legno, sono dei veri e propri oggetti di culto legati alla devozione, inoltre il legno stesso non aiuta la conservazione; per questo le statue nel corso dei secoli hanno subito integrazioni e ridipinture. Per questo, molte volte sembra essere inutile e dannoso tentare di riportare le opere al loro stato originario. Per esempio, sul manto blu della Vergine Assunta, si vedono delle stelle, che in origine sicuramente erano realizzate con la foglia oro, forse anche leggermente in rilievo.

Durante l’intervento di recupero della cromia, sono invece state semplicemente  dipinte, perché la materia originale era andata perduta totalmente e si dovuto tenere conto del ruolo che l’opera doveva svolgere: cioè quello di essere esposta al culto dei fedeli.

Per quanto riguarda la scultura in legno, infatti, più che per altri manufatti, ci troviamo di fronte quasi sempre a dei veri e propri simulacri, ancora oggi utilizzati come tali.

Il busto di San Filippo Neri, collocato nel Seminario Diocesano, è stato restaurato dalla Soprintendenza BAAAS per la Puglia, anche in questo caso il lavoro di restauro, ha permesso di recuperare interamente la policromia dell’opera.

Il santo, vestito con una dalmatica verde, cosparsa di roselline rosse,  ha al centro del petto un incavo che custodisce la reliquia. È raffigurato in una posa alquanto ieratica mentre regge nella mano sinistra il libro della Sacra Scrittura.

La totale compostezza della figura si allenta soltanto in un movimento delle pieghe, che cadono leggere, andando a coprire una parte della base realizzata in finto marmo.

Le ridipinture precedenti occultavano quest’importante particolare che, com’è stato scritto, è un rimando ad una tipologia tipica di tutto il Settecento, che si vede già in un disegno del Solimena per una statua d’argento, raffigurante San Matteo. Inoltre, anche il modo di realizzare la base a finto marmo è una pratica piuttosto diffusa nel Settecento; ritroviamo precise indicazioni a riguardo in un documento per la commissione di una statua di San Francesco di Sales scolpita da Giovanni Antonio Colicci.

Gli studi, soprattutto negli ultimi anni, hanno ricostruito la biografia dell’artista, ampliando il catalogo con opere certe.

Questo ci permette almeno di abbozzare e riconoscere i dettagli stilistici che egli sembra ripetere nelle sue sculture. Oltre  a quel <> e ai volti ovali, ritroviamo panneggi morbidi e raffinati, che sembrano adagiarsi con delicatezza sulle immagini scolpite quasi a circondarle di grazia leggera, come per esempio nei busti di San Francesco di Paola e di San Giuseppe col Bambino conservati nella Chiesa Madre di Savoia di Lucania (Pz), e di recente pubblicati. Qui, come già abbiamo visto nel San Filippo Neri di Nardò, lo scultore ripete la particolarità del panneggio che scende fino alla pedagna.

A. Colicci, Sant’Antonio da Padova, 1736 Lequile (Le)

Anche l’intaglio della barba si ripete, nelle diverse opere, piuttosto simile con linee fitte e regolari, ma ad un esame più attento delle opere, notiamo che la maestria dell’artista permette di caratterizzare al meglio i personaggi scolpiti. Infatti, per quanto riguarda il busto di San Francesco citato in precedenza, Giovanni Antonio Colicci, oltre ad evidenziare «la condizione di eremita del Santo con rughe profonde», rende la barba con linee più nervose e ondulate che terminano in ricci mossi e vivaci, differente dall’intaglio che vediamo nella barba di San Giuseppe o di San Filippo Neri: qui entrambe le figure mostrano un intaglio della barba più regolare e ordinato.

Come abbiamo accennato in precedenza, Colicci, non è da annoverare tra gli scultori più conosciuti, per diverse vicende, tra cui la trascrizione, spesso scorretta, del suo cognome che ha generato non poche confusioni tanto da intendere la firma sul busto di Sant’Antonio da Padova della Parrocchiale di Lequile frutto di una  inesattezza nel ridipingere l’intera opera.

Il busto del santo di Padova, è citato da Foscarini che nel 1941 ne riporta nome dell’autore e data di esecuzione.

Purtroppo l’opera non è in buone condizioni: la delicatezza dell’intaglio è vistosamente occultata da numerose ridipinture e anche il legno è danneggiato dai tarli, per questo è difficile poter fare un confronto critico con altre opere dello scultore. Ciò nonostante, possiamo riconoscere anche in quest’opera particolari che sembrano ormai essere tipici del Colicci: il solito lembo di panneggio che scende fino al basamento, anche qui realizzato a finto marmo, e più in generale le fattezze delle mani, il volto tondo, gli occhi grandi e le pieghe morbide del saio, sebbene il tutto appesantito dalle ridipinture. Elementi che si ripetono in un’opera pubblicata di recente. Mi riferisco al San Filippo Neri di Cassano Murge, segnalato nel 2010 da Clara Gelao.

Il santo è rappresentato qui a figura intera e sulla base sono presenti firma dell’autore e data di esecuzione.

Ad ogni modo, sembra essere giunto il momento di dedicare a Giovanni Antonio Colicci studi più ampi, per il cospicuo numero di opere firmate e datate, che permettono appunto di valutare meglio la sua crescita artistica e i contatti che egli ebbe con artisti e committenti.


Bibliografia: G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, vol. 5,  Napoli 1891, “Colicci Domenico Antonio di Roma, scultore in legno. Operò nel 1696. Fece lavori di sculture e di intagli all’Organo della Chiesa di Monte Cassino […] . Questi aveva con sé due suoi figli, Giuseppe Salvatore e Giovanni Antonio, il quale ultimo nella sedia all’angolo destro intorno allo scudo, che un guerriero tiene levato, incise il suo nome Jo. Ant. Coliccius faciebat aetat XV.1696”, (con bibliografia precedente: A. Caravita, I codici e le arti a Monte Cassino. Monte Cassino, pei tipi della badia, 1869 – 1870, vol. III, p. 391 e segg;) G. G. Borrelli, Sculture in legno di età barocca in Basilicata, Napoli 2005; V. Rizzo, Scultori napoletani tra Sei e Settecento. Documenti e personalità inedite, in Antologia di Belle Arti, Nuova Serie, nn.24 – 25, 1985, p. 29, doc. 11: “A Don Ferdinando Sanfelice, Ducati 15 a Gio. Antonio Celucci, a saldo e final pagamento di una Statua della SS. Vergine Assunta e un mezzo busto di S. Filippo Neri, fatte per il Vescovo di Nardò secondo il pattuito. 27 febbraio 1714”; riguardo la commissione della Statua dell’ Assunta, la notizia è riportata anche nel primo testamento del Vescovo, pubblicato da M. Gaballo,  Antonio Sanfelice Vescovo della diocesi di Nardò, in M. Gaballo, B. Lacerenza, F. Rizzo, Antonio e Ferdinando Sanfelice il vescovo e l’architetto a Nardò nel primo Settecento, Galatina 2003, p. 3; Recentemente è stata pubblicata una scheda biografica del Colicci, si veda F. Aruanno,Giovanni Antonio Colicci,  in E. Acanfora (a cura di), Splendori del barocco defilato, catalogo della mostra, Firenze 2009; L. Galante, Antonius Sanfelicius Episcopus  Neritinus Quo Facilius Posteritati Commendaret Pennicillo Esprimi Curavit Anno Domini MDCCXVIII, in Saggi di Storia dell’arte, Roma 2005,pp. 281 – 287; Sculture in legno in Calabria dal Medioevo al Settecento,  Napoli 2009; E. Mazzarella, La cattedrale di Nardò, Galatina 1982; Per la storia degli istituti di formazione per gli ecclesiastici in Puglia: il seminario di Nardò (1674), in Studi di storia pugliese in onore di Giuseppe Chiarelli,  Galatina 1974, p.493 – 525; E. Catello, Francesco Solimena e la scultura del suo tempo, in Ricerche sul ‘600 Napoletano, Saggi e documenti 2000, Rubrica per Luca Giordano, Napoli 2001,  pp. 7- 17; A. Foscarini, Lequile. Pagine sparse di storia cittadina, pubbl. a cura di Gioacchino Ruffo, principe di Sant’Antimo, con illustrazioni di Gino Bolzani, Lecce, Tip. La Salentina, 1941, in 8°, II ed. a cura di M. Paone, Galatina 1976; C. Gelao, Un’aggiunta alla scultura del Settecento in Puglia: il San Filippo Neri di Giovanni Antonio Colicci a Cassano Murge, in Kronos 13 speciale 2009, scritti in onore di Francesco Abbate, vol. 2, pp. 41 – 48.


(leggi la prima parte)


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