Mi è stato ritagliato un angolino su GQ di settembre, nella pagina dedicata ai giovani creativi. Quindi uscite di casa e comprate GQ. ADESSO.
Mi piacerebbe anche avere una scansione o una foto della pagina ,se qualcuno riuscisse a mandarmela sarei un sacco riconoscente e contenta [sono a Londra e dovrei girare un po' per trovare un GQ Italia].
Ed essendo a Londra ovviamente ho qualcosa da dire sul packaging dei prodotti del supermercato. Intanto il corsivo è in assoluto il font della gente povera:
Sainsbury’s però pare aver dato una nuova chiave di lettura alla povertà, con lo slogan “no fancy packaging, bla-bla-bla” noi pezzenti non veniamo più trattati da detriti sociali che sentono di aver portato a casa la giornata se riescono a risparmiare 5 p sulla carta igienica, anzi, secondo la mia bottiglia di acqua naturale io sono una persona di un certo spessore a livello intellettual-esistenziale, una che sa rinunciare agli ammiccamenti dei packaging leziosi per andare direttamente all’essenza delle cose, una che quando fa la spesa non si fa fregare dalla superficialità di una confezione leccata curata dal primo designer fighetto uscito dalla Saint Martin, ma guarda gli oggetti sugli scafali dritto nelle palle degli occhi per capirne il significato sostanziale intrinseco. E mica è una cosa facile da fare nella società contemporanea così pressante dal punto di vista status-symbolico. Ci riusciamo solo io, le famiglie di immigrati invase da figliolanza affamata e gli alcolizzati.
Conquisteremo anche il paradiso prima o poi, e lo faremo somigliare a Via Padova.
Per Tesco il discorso è un po’ diverso, diciamo che con questo “every little helps” mi sento ancora un po’ trattata da senza-casa a cui lanciare i fondi di portafoglio per pena. Non che la cosa mi preoccupi, con quella media del 10% di risparmio rispetto a Sainsbury, Tesco rimane il mio supermercato preferito anche se il reparto marketing non si applica per farmi sentire una persona meglio.
Che se poi voglio fare la figa vado da Waitrose o M&S, mica da Sainsbury’s.
Poi quando mi ritrovo a pensare al packaging di beni economici il cui principale obbiettivo è appunto comunicare “economicità”, mi tornano in mente i prodotti coop risparmia-euro o come-cavolo-li-volete-chiamare, questi:
Adoro queste confezioni così sfacciate, così brutalmente sincere, malinconiche direi. Sono più o meno come immagino siano state le confezioni dei generi di prima necessità distribuite dagli americani durante il Piano Marshall. Gridano “c’hai la crisi che ti fiata al collo, il governo ti sta prendendo per il culo e tu sei costretto a comprare cose che urlano al mondo il tuo disagio. Cazzo, è ora di fargliela vedere a quegli stronzi, tieni presente che puoi berti una birra e costruire una molotov con meno di un euro”. Fra l’altro questo risponde anche alla domanda “cosa cristo stanno facendo i Bertinotti e Diliberto da due anni a questa parte?” Design rivoluzionario.
Io comunque rimango affezionata all’Esselunga, che impedendo ai cassieri di andare al bagno sfrutta al massimo la forza lavoro e si può permettere di farmi pagare il 20% in meno i cereali per la colazione. E non sono un brutto esempio di essere umano per questo, chiedetelo alla mia bottiglia di acqua naturale Sainsbury’s.