Forse ho smesso di scrivere. O forse no. Di sicuro, ho preso a bigiare le lezioni di scrittura creativa: non mi divertono più. Mi è venuta in mente mia madre che di queste lezioni non riusciva a capire l’utilità. Mi chiedeva che senso avesse fare un corso di scrittura se poi il mio obiettivo non era quello di diventare una scrittrice e un lavoro ce l’avevo già. La scrittura è una mia grande passione, avevo precisato. E mia madre nella sua logica semplice e inconfutabile: Allora, potresti semplicemente… scrivere. E basta.
Ho anche trascurato questo mio diario virtuale. E ogni volta che ci passavo mi sembrava un roseto senza giardiniere. I fiori bellissimi e dai colori fulgidi che andavano sciupandosi per l’arsura e l’erba cattiva tutt’intorno. Per la prima volta, da quando Andrea se n’è andato, quasi cinque anni fa, mi sento felice. E l’amore di Gabriele è come se avesse prosciugato tutta la disperazione e la solitudine e mi avesse lasciato senza parole. Scrivere della felicità è impossibile, si scade nella banalità. Però è così che mi sento – felice – e non ho potuto far altro che lasciar cadere la penna, perché ogni cosa che scrivevo non sembrava credibile, per nulla pregna della passione e dello stupore che accompagnano questi miei giorni sorprendenti e diversi da sempre.
Mi piace avere Gabriele per casa e prendermi cura di lui. Lui studia e io preparo la cena. Ma un’opzione europea si può esercitare solo alla scadenza? Solo e soltanto a quella data? mi chiede. Sì, credo proprio di sì, gli rispondo. Lui mi guarda e aggiunge: Ora però vieni qui, ho proprio bisogno di un bacio.
Mi piace far finta che non se ne andrà. Lui è tutto ciò che ho di buono. E riesce ad assopire la mia indole autodistruttiva e a tenere a bada i miei vuoti d’anima. E perciò mi piace pensare che sarà sempre così. Anche se poi, di fatto, lui tra qualche settimana prenderà un aereo – diretto in una grande città a migliaia di chilometri da qui – e a me resterà solo il ricordo dei suoi ricci scomposti e di questa primavera pazzesca. A questo pensiero, al pensiero che a breve tutto tornerà uguale a prima, sento le lacrime salirmi su per i dotti lacrimali e quasi straripare. Ma quelle come me – con il cuore congelato – non piangono.
E’ vero che il lieto fine non esiste.