Giugno; l'editoriale.

Creato il 01 giugno 2012 da Manuel
LA DELUSIONE ITALICA AL GIRO D’ITALIA E’ STATA CREATA DALLA SCUOLA CICLISTICA DI CASA NOSTRA, DISGRAZIATAMENTE FIORITA NEGLI ULTIMI TEMPI: “ASPETTA E VEDIAMO COSA CAPITA…” CHE COSI’ VINCONO GLI ALTRI. “La cosa che non stupisce è vedere come Ivan Basso fosse diventato nell’arco di un pomeriggio da padrone del Giro a ciclista ridotto all’ormai prossima fine carriera. Almeno stando alle facce e alle dichiarazioni dei giornalisti ospiti del proCESSO alla tappa pomeridiano. Una cosa del tipo: “Va avanti perché vede gli altri andare avanti”. Insomma, un mezzo relitto alla deriva ciclistica ormai ai titoli di coda, con le mosche che gli ronzano intorno e diversi avvoltoi su di un ramo alto e pronti al volo, all’esalazione dell’ultimo respiro vitale da parte del povero ciclista italiano. Tipico del giornalista che ha sempre una voglia matta di sparare la cosa più ad affetto davanti alla telecamera. Per Scarponi l’andazzo è quello, quindi meglio che appena vince qualcosa si ritiri per non rischiare l’abbattimento a fucilate. Le vittorie che più hanno esaltato sono state quelle di Matteo Rabottini a Pian dei Resinelli e del belga Thomas De Gendt sullo Stelvio, Azioni coraggiose, facilitate – la prima – da una posizione in classifica molto lontana, mentre per la seconda c’è stata una sottovalutazione dell’avversario. Però due azioni coraggiose. De Gendt ha fatto una mezza rivoluzione sulla Cima Coppi 2012, dando il massimo per tentare di far saltare la classifica. C’è mancato poco che non facesse centro, con una fuga costruita già nella montagna precedente. Tra gli italiani da classifica è andata a finire che il più bravo è stato Damiano Cunego, anche se nella generale conclusiva si è piazzato dietro a Scarponi e Basso. Inutile menarla adesso con la nenia del; “Se c’era Nibali…” Se Vincenzo era presente Phinney avrebbe dovuto lavarsi le mutande pe conto suo, perché Suora Alessandra sarebbe stata impegnata a riassettare la camera del siciliano, leggendogli alla sera la favola del ciclista che pedala a pane e salame correndo 3 settimane tutti i giorni, montagne comprese, a 40 di media. Basso e Scarponi hanno dato sfoggio dell’ormai cara scuola ciclistica di casa nostra, dove è vietato osare lo scatto pena vai a saper cosa. I tentativi del povero Pantani – troppa gente (adesso) si mette il suo nome in bocca davanti alle telecamere – sono ricordi degli anni ’90, i tentativi di Bettini nel decennio scorso sembrano lontani 30 anni. Adesso ti ritrovi con Basso e Scaponi che dopo l’arrivo stanno bene, hanno la condizione in crescita e bla, bla, bla,,,che intanto scattano gli altri, e loro a guardarsi; “..aspetta che Ivan si è grattato il naso, me lo gratto anche io che non sai mai…”. Oggi gli anni sono questi; Basso e Scarponi a guardarsi e due ciclisti che alla vigilia non rientravano nei pronostici nemmeno da “primi cinque” li sbattono giù dal podio, Cunego che ogni anno alle Ardenne guarda sempre cosa fanno gli altri finché questi benedetti altri partono e vincono la classica di turno, Pozzato e Ballan che quando scatta Boonen stanno a guardare chi dei due va a prenderlo, così il gigante dal sorriso gentile va a vincere e tutte manfrine così. Siamo d’altronde in piena Radio-Generation, strapieni di ciclisti che arrivano da una carriera radio-comandata fin dalla categoria dilettanti, e adesso non sanno manco quando possono bere dalla borraccia. Un paio di notazioni conclusive su due ciclisti di casa nostra; il suddetto Scarponi ha mostrato dei limiti. Più di questo non può andare, specie a cronometro, quindi per vincere un Giro sarà dura. Idem per Pozzovivo, che ha vinto una tappa con una grande azione, ma da quella volta la pressione lo ha frenato. A meno che l’ultima settimana non gli sia stata indigesta per la forma “Trentino” che è andata in calando dopo metà Giro. Adesso Basso sarà gregario di NIbali in Francia. Per Vincenzo l’occasione migliore, che deve partire fin dall’inizio con l’idea di provare a vincere la corsa. A costo di sembrare arrogante, meglio così che sempre pauroso di crollare. In chiusura un certo discorso; nel vedere come salivano la seconda volta l’Alpe di Pampeago (dopo Sella di Roa, Manghen, Pampeago-uno, Lavazè) il sottoscritto è tornato a preoccuparsi seriamente.”

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