Tempo tre mesi e l'Expo sarà già un ricordo. Altri sei e Giuliano Pisapia saluterà tutti. A quel punto Milano dovrà fare i conti con se stessa: cioè con la fine di una stagione durante la quale è diventata "cool", di moda; secondo alcuni, perfino bella. E nessuno sa bene cosa succederà dopo. Se cioè la vivacità della metropoli conserverà un'onda lunga oltre l'evento fieristico e il sindaco uscente; oppure se l'incantesimo si romperà, in fretta e per sempre.
Nessuno lo sa bene a partire dalla politica, che sembra anzi in confusione in entrambi gli schieramenti. A partire dal centrosinistra, che nel 2011 ha vinto presentandosi unito e tale è miracolosamente rimasto per quattro anni. Ma adesso a Roma c'è Renzi che sbeffeggia ogni giorno l'area radicale di "gufi e rosiconi", sicché il Pd milanese sta facendo gli equilibrismi per tenere insieme un'alleanza che a livello nazionale non esiste più.
Ecco perché Pietro Bussolati, segretario del Pd ambrosiano, pur essendo renziano cerca di sottolineare ogni giorno «l'autonomia» del partito locale. Quindi ha avviato un percorso poco in linea con il Pd nazionale: coinvolgimento dell'associazionismo e dei corpi intermedi per arrivare a primarie di tutto il centrosinistra e riproporre così lo schema vincente di quattro anni fa. «Siamo renziani-pisapiani», scherza ma non troppo il capo dem cittadino. E aggiunge: «Qui il centrosinistra c'è e sta bene. Quindi nessun cambio di partner, nessun accordo con l'Ncd», che poi in città significa l'ex ministro ciellino Maurizio Lupi.
Poi ci sono anche questioni personali. Lo "schema del 2011" (Pd più sinistra radicale più associazionismo civico) era garantito proprio da Pisapia e ora non è facile trovare un altro che vada altrettanto bene a tutti. Anche per questo sono sempre più frequenti le ambasciate presso il sindaco uscente per farlo tornare sulla decisione di non ripresentarsi. A Palazzo Marino fanno notare che il sindaco ha annunciato di voler mollare a metà marzo, in pieno caos per un Expo che non sembrava pronto, con il governo centrale che non passava un euro e una città ancora molto scettica. Poi però sono successe diverse cose: l'Expo ha aperto in tempo, nonostante tutto; c'è stata quella grande manifestazione spontanea d'orgoglio cittadino nel giorno successivo agli scontri dei black bloc, durante la quale Milano ha abbracciato il suo sindaco; diverse iniziative della giunta (come la ristrutturazione della Darsena) sono state accolte molto bene dai cittadini; e Milano è diventata "the place to be" nel 2015 secondo i giornali di mezzo mondo. Insomma, è il ragionamento, Pisapia potrebbe ripensarci. Qualcuno addirittura dice che "ha il dovere» di ripresentarsi, perché senza di lui la coalizione attuale si lacererebbe". Il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo, area a sinistra del Pd, dice ad esempio che «Giuliano è una bandiera ed è difficile trovarne un'altra: il rischio, senza di lui, è la frantumazione».
Altra storia è quella di Giuseppe Sala, il commissario di Expo, di cui tutti parlano come possibile outsider, anche se lui non può esporsi fino a che non chiude l'evento, a fine ottobre. Sala, che di mestiere è un dirigente d'azienda, è ben visto da quella parte di città che fa affari, industria, commercio e finanza: dove si sottolinea come la rinascita di Milano è dovuta soprattutto alla pioggia di capitali esteri (specie qatarioti e cinesi), quindi serve un sindaco che sappia parlare a quel mondo. Il commissario di Expo (che ha lavorato anche con Letizia Moratti) sarebbe tuttavia mal digerito dalla sinistra, radicale e non, che è stata colonna portante dell'epoca Pisapia. Sempre secondo Basilio Rizzo «proporre il commissario Expo significherebbe di fatto rompere la geometria politica del 2011». Inoltre su Sala pesano le incertezze relative all'andamento di Expo (improbabile che siano raggiunti i venti milioni di visitatori promessi) e gli sviluppi delle inchieste giudiziarie sugli appalti: che, pur non toccando il commissario, potrebbero lederne l'immagine.
In questo quadro, nessuno sa nemmeno se poi davvero si svolgeranno le primarie. A parole tutti giurano di sì, dal Pd a Sel, ma il timore è che uno scontro con troppi nomi in campo - nessuno dei quali dirompente - faccia perdere credibilità anche al vincitore. Ecco perché l'ipotesi è di cambiarne almeno le regole, introducendo il doppio turno: con il ballottaggio infatti non si rischia di avere un candidato sindaco espresso da poche migliaia di persone.
Fin qui il centrosinistra. Al di fuori del quale la nebbia non è meno fitta.
Unico dato certo, finora, l'autocandidatura dell'ex ministro ed ex banchiere Corrado Passera, che come noto ha da poco lanciato il suo movimento, Italia Unica: né con la sinistra né con la destra, ma critico soprattutto verso il Pd. Passera ha messo sul piatto di Milano molte chance per acquisire un ruolo politico nazionale, quindi ha investito per creare una rete di esperti con cui preparare un "programma forte" per Palazzo Marino. I suoi avversari fanno notare che l'ex ministro ha scarsa empatia con la città: al massimo, con qualche salotto finanziario e di potere. Quindi gli pronosticano un inutile 4/5 %. Chi invece è più vicino al mondo del business sostiene che Passera potrebbe essere in grado di rompere gli schemi - specie se la coalizione che ha retto Pisapia si squagliasse - e magari trovare qualche forma di accordo con Berlusconi per «battere la sinistra» insieme.
A complicare le cose c'è la partita del nuovo stadio del Milan, che Berlusconi vuole costruire nella zona del Portello: un passaggio importante per le strategie di Fininvest anche in rapporto con i nuovi soci cinesi del club rossonero, quindi per la possibile quotazione in Asia. Perché il progetto edilizio e commerciale abbia successo, a Berlusconi serve una giunta amica o almeno non ostile: di qui l'incertezza se tentare l'azzardo insieme a Salvini oppure giocare in difesa, puntando a un candidato non troppo profilato che gli permetta di mediare con Palazzo Marino anche in caso di sconfitta.
Ma il M5S è pur sempre il secondo partito a livello nazionale (il terzo a Milano, alle ultime europee) quindi può giocarsi le sue carte per puntare al ballottaggio. Chiunque sia il candidato (che verrà come sempre scelto on line) le chance del M5S dipendono soprattutto dall'eventuale impegno diretto di Grillo in campagna elettorale. Finora a Milano il comico si è visto poco. Ma in città è nato e lavora l'altro leader del movimento, Gianroberto Casaleggio. E non è pochissimo.
Alessandro Gilioli
Caro Alessandro, questo è uno dei pochissimi passaggi sui quali non mi trovi d'accordo. Casaleggio non è pochissimo: è il nulla fatto profeta, e se un giorno il M5S riuscirà a perforare verso il basso la soglia dello "zoccolo duro", lo dovrà probabilmente a Casaleggio, il Profeta di Sventure che periodicamente si incontra in segreto con l'Altissimo, il quale gli comunica in via del tutto personale e riservata la data della fine del mondo. No, Casaleggio non è "pochissimo". E' di meno...
Tafanus
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P.S.: Corrado Passera noto anche come "la Passera non solitaria", in questi anni si è distinto come un campione del "si ma anche", e in quella del "Franza o Spagna, purchè se magna".
Ha compiuto arditi svolazzi a sinistra, a destra, a centro, senza mai riuscire a trovare la corrente ascensionale. All'esame per il brevetto di pilota di alianti, sarebbe bocciato già all'esame orale...
Nel 1988 sbarca nell'area di Ciampi, con alle spalle dna storia da "azionista", con simpatie a sinistra.
Nel 2008 è corresponsabile del fallimento (targato Berlusconi e Bossi) della trattativa Alitalia - AirFrance.
Nel 2011 cade nell'equivoco di pensare che Monti avrebbe condotto l'Italia, se stesso e i suoi cari verso "magnifiche sorti e progressive".
Nel 2013 si accorge (il ragazzo è sveglio) che con "Scelta Cinica" (ormai ridotta allo zerovirgola) non arriverà da nessuna parte.
Nel 2014 fonda una "cosa" che si chiama "Italia Unita". Un bel nome, sotto il quale pochi hanno capito chi ci sia dentro e dietro, e pochissimi sembrano interessati a saperlo. Parafrasando il nome di un celebre film: "Sotto il vestito, niente"
E dire che aveva anche un lavoro retribuito non male... La domanda sorge spontanea: ma chi glielo fa fare???
Trascorsi e non trascorsi
Nel gennaio 2014 viene iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Trani per truffa pluriaggravata per fatti avvenuti tra il 2004 e il 2008 su una serie di strumenti finanziari collocati sul mercato da Banca Intesa, di cui all'epoca era l'amministratore delegato.
Il 25 settembre 2014 viene iscritto nel registro degli indagati insieme alla famiglia De Benedetti, per le morti d'amianto della Olivetti di cui è stato consigliere di amministrazione dal 1990 al 1996 e amministratore delegato dal 1992 al 1996.