Giuseppe Pellizza da Volpedo

Creato il 18 giugno 2013 da Artesplorando @artesplorando

Giuseppe Pellizza da Volpedo, le ciliege

Sui sentimenti che svaniscono sulle idee indeterminate ha invero un’influenza diretta il paesaggio. Quella mestizia inspiegabile che ci assorbe a sera è un effetto della natura che ci circonda, del giorno che si muore.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, nota manoscritta su “L’Avvisatore Artistico” del primo aprile 1893
Nato a Volpedo, presso Alessandria, nel 1868, Giuseppe Pellizza proviene da una famiglia di piccoli proprietari terrieri e viticoltori. Dopo aver compiuto gli studi tecnici, nel 1883 si trasferisce a Milano per iscriversi all’Accademia di Brera, studiando nello stesso tempo pittura e disegno con Giuseppe Puricelli e con Pio Sanquirico. L’artista esordisce pubblicamente nel 1885 all’annuale di Brera con La piccola ambiziosa, quadro di genere. Nel 1887, soggiorna per circa un anno a Roma dove frequenta l’Accademia di San Luca, e l’anno successivo si trasferisce a Firenze, all’Accademia di Belle Arti, dove segue le lezione di Fattori e diviene amico di Plinio Nomellini e Micheli. Concluderà, però, il suo apprendistato all’Accademia Carrara di Bergamo, perfezionando lo studio della figura umana grazie agli insegnamenti di Cesare Tallone. 

Giuseppe Pellizza da Volpedo, speranze deluse

Nonostante un primo viaggio a Parigi nel 1889, per visitare l’Esposizione Universale, Pellizza rimane ancorato a una ricerca di spontaneità e verità nella resa della forma, unita a una vena di poesia e di umanità, motivo per cui la preferenza dichiarata sugli artisti dell’epoca va a Jules Bastien–Lepage o al realismo rurale di Millet. Le prime opere di Pellizza, eseguite per lo più a Volpedo dove risiedeva stabilmente, sono legate alla pittura dal vero e all’aperto, vicine dunque all’amico Nomellini ma anche alle prime opere divisioniste di Segantini, Morbelli e Previati, come per esempio il famoso Mammine del 1892. Approdato alla tecnica del divisionismo, Pellizza la utilizzerà sempre interpretandola non solo tecnicamente, per gli effetti di intensità e di vibrazione luminosa, ma anche per accrescere l’efficacia dell’opera d’arte e dunque il suo potenziale sociale. 

Giuseppe Pellizza da Volpedo, idillio primaverile

Ciò è confermato dalle quasi contemporanee Sul fienile (1893) e Speranze deluse (1894) che segnano il passaggio verso questa nuova maniera. La frequentazione dell’ambiente fiorentino, durante l’inverno 1893-1894, mette in stretto contatto l’artista con la cultura classica e quella idealista nata dallo stretto rapporto tra arte e letteratura, e lo porta in contatto con persone come Domenico Tumiati (giovane poeta innamorato dei pittori del Trecento e Quattrocento) che aiutano Pellizza a indirizzare la propria ricerca verso un’ideale di arte come armonia. Da questo concetto nasceranno opere come Processione (1892-1894), Autoritratto (1898-1899) e Specchio della vita (1895-1898), dove l’armonia delle forme e della natura sono studiate in rapporto a un’organicità sociale e universale. Di grande interesse è anche la serie degli Idilli, dove è possibile cogliere suggestioni simboliste vicine all’opera di Previati. L’interesse ad approfondire il tema sociale non era, però, mai svanito, ma piuttosto incoraggiato dal rapporto epistolare con Morbelli. Dunque, dai bozzetti presi dal vero nel 1892 nella piazza di Volpedo, da quello intitolato Ambasciatori della fame, alla realizzazione di Fiumana (1895-1897), che rimase, però, incompiuta, Pellizza è pronto nel 1898 a iniziare una grande tela sociale, Il quarto stato, viva testimonianza della propria aderenza verso l’ideale socialista e la convinzione del possibile ruolo dell’arte nella crescita culturale e sociale del popolo. 

Giuseppe Pellizza da Volpedo, il sole

La sua opera più famosa, terminata nel 1901, rimarrà per sempre l’immagine simbolo delle lotte della classe lavoratrice, anche per la forza espressiva delle sue forme classiche e monumentali che danno l’idea di una vera e propria “glorificazione” di una classe sociale. Il divisionismo pittorico, applicato alle forme naturali e umane, porterà sempre più l’artista a un’analisi scientifica e filosofica degli effetti dell’arte che, all’inizio del nuovo secolo, si concretizzerà in opere simboliche ed elegiache. Il sole nascente (1904) e Membra stanche (1903-1907) nascono da riflessioni universali sulla vita, sulla morte e sul valore dell’uomo nel disegno della natura. Nel 1907, nel giro di pochi mesi, muoiono la moglie (di parto) e il figlio neonato. Il 14 giugno Pellizza si impicca nel suo studio di Volpedo.Il pittore abbandona per gradi la “pittura impastata sulla tavolozza” per passare alla stesura di colori puri sulla tela, così come stabilisce la tecnica divisionista. È questo il momento in cui deve confrontarsi con gli altri grandi del Divisionismo, come Giovanni Segantini, Giuseppe Longoni e, un po’ meno, con colui che ha delineato e sviluppato le basi di tale movimento artistico, Gaetano Previati.

Giuseppe Pellizza da Volpedo, il quarto stato


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