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Giustizia «fast» per Silvio Berlusconi. Giustizia «low» (molto «low») per gli altri

Creato il 06 marzo 2011 da Iljester
06 marzo 2011 | Giustizia | Permalink

Giustizia «fast» per Silvio Berlusconi. Giustizia «low» (molto «low») per gli altri

Berlusconi dovrebbe essere contento… anzi contentissimo. Per lui la giustizia funziona egregiamente. È dinamica, utilizza tutti i mezzi che la legge gli mette a disposizione per raggiungere il risultato; addirittura fissa udienze nel giro di una o due settimane al massimo. Per lui trova sempre un posticino nel calendario giudiziario, e lavora persino il sabato, se occorre. Insomma, per il Presidente del Consiglio, la giustizia diventa un servizio degno di questo nome: veloce e incisivo, preciso e soddisfacente. I magistrati per lui lavorano alacremente, e sono disposti a sacrificare anche la mezza festività del sabato pur di dargli o rendergli giustizia. E se la disponibilità del premier capita di lunedì, beh, in tal caso, i giudici sono disposti anche alle doppie udienze: una la mattina e l’altra la sera. Tutto, pur di arrivare il prima possibile a un epilogo, e dunque a una sentenza.
È da ammirare questa velocità, questa dinamicità della giustizia italiana. Peccato però che sia riservata solo al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e non al resto dei cittadini. I quali invero aspettano anni prima di avere una sentenza che li riguarda (indipendentemente dal risultato).
Ma partiamo dall’origine del processo penale (tralascio per pudore quello civile). I tempi di indagine, in un procedimento penale, per il normale cittadino sforano abbondantemente i sei mesi previsti dalla legge. Così capita che se il cittadino viene denunciato o querelato, o è egli stesso a presentare querela o denuncia, tra questo atto che dà origine al procedimento e la chiusura delle indagini preliminari, possono passare anche due o tre anni. Ma chiaramente siamo solo all’inizio, perché decorso questo termine, inizia il vero calvario giudiziario. Se vi è udienza preliminare, questa può essere fissata anche a distanza di mesi; se ve n’è più di una, il rischio che tra l’una e l’altra ci sia un «buco» di svariati mesi, è un rischio concreto. Naturalmente non esistono udienze di sabato né doppie udienze di lunedì (salvo rarissimi casi). Terminata l’udienza preliminare, e presupponendo il rinvio a giudizio, il calvario del cittadino prosegue nel dibattimento: tra un’udienza dibattimentale e l’altra, possono decorrere anche più di sei mesi; addirittura in alcuni casi si arriva all’anno. Per esempio: udienza a giugno, e poi la successiva udienza ad aprile successivo. Fino a esaurimento, che in un processo penale di primo grado può arrivare anche dopo tre anni.
E poi arriviamo all’appello. Voi pensate che terminata l’udienza, si può subito appellare? Ma neanche per idea. È necessario aspettare che il giudice depositi la motivazione. La normalità è i 90 giorni (tre mesi) per il deposito. Ma capita che il giudice impieghi più tempo per redarre la motivazione (abbiamo una cronaca ricca di episodi in cui il giudice deposita anche dopo svariati anni). Supponiamo però che rispetti il termine legislativo massimo, e cioè i 90 giorni. A quel punto si può fare appello. Se il caso riguardasse Silvio Berlusconi, probabilmente tra l’appello e la prima udienza non ci sarebbe più di qualche mese di pausa. Ma siccome il normale cittadino non è Silvio Berlusconi, capita che tra la presentazione dell’appello e la prima udienza d’appello possono decorrere anche due anni. Il che ci porta a una banale constatazione: il tempo che intercorre tra l’inizio del procedimento penale e la prima udienza d’appello, al normale cittadino rischia di prendergli già cinque anni di vita.
Terminato l’appello (solitamente dura un’udienza o al massimo due), ecco che può esserci la necessità di impugnare in Cassazione. Altri due anni. E dunque arriviamo a sette anni di calvario giudiziario per il normale cittadino. Si parla ovviamente di media: esistono casi in cui un processo penale termina anche dopo dieci o quindici anni.
Insomma, una giustizia – come dico nel titolo – molto «slow» (lenta), che trascina il cittadino che non si chiama Silvio Berlusconi in un calvario che si spalma anche in un lustro o più della sua vita, e che sinceramente ci mortifica tutti davanti alla velocità (impressionante) con la quale la giustizia invece si muove se deve procedere contro il Presidente del Consiglio. Indagini che durano il tempo giusto. Rinvii a giudizio nei termini previsti dalla legge. Udienze a distanza di settimana e addirittura durante il sabato o la domenica (è stato proposto anche questo). Utilizzo massiccio di strumenti di indagine straordinari come le intercettazioni, mole di documenti che lasciano basiti per l’impegno profuso nell’attività di indagine, e tempi processuali molto stretti… anzi strettissimi. Si potrebbe persino parlare di tempi anoressici.
Per farla breve. Direi proprio che ho stramaledettamente ragione: Silvio Berlusconi dovrebbe ritenersi (stra)fortunato. La giustizia per lui è davvero personale. Si muove ai suoi ritmi. È disposta a qualsiasi sacrificio pur di processarlo e consegnargli una sentenza (possibilmente di condanna) in un tempo espresso, più ristretto del caffè mattutino. Per lui, ci si preoccupa che i giorni e i mesi non scorrano inutilmente in un calvario di attesa che logorerebbe anche la mente più salda. Mentre il cittadino normale… beh, lui sì che può attendere anche anni prima di vedere la luce della giustizia, e sempre che sia giustizia. Per lui se non esistono leggi ad personam non esiste nemmeno una giustizia ad personam. Si metta in fila, prenda il numeretto, e attenda il suo turno… anche di anni…

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Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235

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