"Giustizia Privata": Gerard Butler apre gli occhi alla dea bendata
Creato il 09 dicembre 2010 da Dejavu
Di solito, la traduzione italiana dei titoli stranieri si perde tra il produttore e il distributore. In questo caso, però, Law Abiding Citizen è diventato "Giustizia Privata" ad esprimere un senso ambivalente di rivendicazione personale e di giustizia negata. Dunque non c'è stato danno. Passando alla sostanza, guardandolo vi troverete di fronte all'ennesima variante di un Charles Bronson ne "Il giustiziere della notte", solo che Gerard Butler opera a tutte le ore del giorno e persino dalle quattro mura del carcere ove è stato confinato. Moglie e figlia sono state uccise sotto ai suoi occhi da due balordi piombatigli in casa in un giorno qualunque. Non ci sono sufficienti prove per andare a processo e il solito procuratore smanioso di carriera - Nick Rice - consiglia a Clyde Shelton - il nostro Butler - di patteggiare le pene.
Shelton, distrutto, accetta. Rice fa carriera. I due malviventi vivacchiano. Ma 10 anni dopo, neanche a dirlo, la routine dell'(in)giustizia americana è rotta dal piano di rivalsa del protagonista, che arriva al punto di accanirsi non solo sui protagonisti della vicenda ma anche sull'intero sistema giudiziario della città di Filadelfia.
La sua mano punitiva riesce a infilarsi come un'entità invisibile ovunque, dall'esecuzione capitale di uno dei delinquenti che da indolore diventa un supplizio raccapricciante per il pubblico che vi assiste al sequestro dell'altro colpevole rimasto impunito. La tela tessuta da questo pazientissimo ragno pur dopo il suo arresto continuerà a stendersi sul contorno, catturando anche coloro che furono indirettamente responsabili del dolore patito:
dalla donna giudice - che si becca pure della "puttana" in un memorabile soliloquio dal tavolo della difesa - agli avvocati, agli assistenti, allo stesso pubblico ministero Nick Rice, stavolta non più mite consigliere del cittadino ferito ma aperto antagonista cui spetta l'ingrato compito di assecondare i desideri del prigioniero - letto e menù a richiesta - pur di averne in cambio un'ammissione di colpevolezza.
La confessione giungerà, ma accompagnata da un biblico progetto del vendicatore ormai totalmente allucinato, volto a denudare l'ipocrisia del mondo forense, i limiti della legge, di chi la pratica e i buchi nello stesso sistema governativo. Anche a costo di commettere una strage.
Se non fosse che il film è davvero intrigante, l'inverosimiglianza di certe scene indurrebbe a dire che "Giustizia Privata" è proprio un'americanata. E forse in fondo lo è, nei dialoghi confezionati ad effetto e nella superiorità e ubiquità - il cui trucco per fortuna è svelato alla fine - dello stesso Butler incarcerato che riesce ad arrivare a chiunque. La vena gialla è notevole quando ci si chiede se qualche identità misteriosa lo aiuti dall'esterno, se abbia un complice che agisce nell'ombra o se è lui ad essere sovrumano.
Fisicamente sì, Butler è ben piazzato e non perde occasione per esporre la mercanzia. E' infatti l'unico essere umano a farsi arrestare con il pelame di fuori, pur non essendo fuggito su un cornicione e pur avendo tutto il tempo per vestirsi prima dell'arrivo della polizia. Neanche Charles Bronson era arrivato a tanto!
Voto 7 (al film, non al pelame)
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