Gladiatori di Roma (3D)

Creato il 06 novembre 2012 da Af68 @AntonioFalcone1

Iginio Straffi, fondatore della casa di produzione Rainbow, dopo i trascorsi come disegnatore di fumetti e creatore della fortunata serie televisiva Winx Club, da cui sono scaturiti due film per il grande schermo (Winx Club – Il segreto del regno perduto, 2007; Winx Club 3D – Magica avventura, 2010), con la regia di Gladiatori di Roma, realizzato in stereoscopia, cerca il suo posto al sole nel settore delle pellicole d’animazione.
Un terreno quest’ultimo ancora piuttosto fertile, per quanto dominato da majors quali Disney –Pixar, Dreamworks, Blue Sky Studios, senza dimenticare l’autorialità di Hayao Miyazaki (Studio Ghibli), più tanti validi outsider, dove non farebbe fatica ad attecchire una sorta di via “alternativa”, dotata di una propria autonomia, stilistica e di contenuti.

Cassio e Timo

Confesso d’essermi accostato alla visione leggermente prevenuto, ma con altrettanta sincerità devo ammettere che il divertimento, nel complesso, non è mancato, trovandomi in definitiva di fronte ad un peplum allegro e scanzonato, con qualche eco da kolossal made in Hollywood recente o d’antan (Il gladiatore, 2000, Ridley Scott; Ben Hur,’59, William Wyler), che avrebbe certo meritato un’ulteriore scatto per differenziarsi, nei toni e nelle caratteristiche generali, da altre produzioni, americane e non. Ecco serviti, infatti, ammiccamenti meta cinematografici, tra citazioni e anacronismi in salsa Shrek, una spolverata di “coriandolo Miyazaki” e “prezzemolo Disney” per la caratterizzazione dei personaggi secondari (la maga Circe, i quattro baby gladiatori), con un contorno di animali vari a prendere parte attiva, ma non così tanto da potersi affrancare dal ruolo di macchiette.

Lucilla e Timo

La sceneggiatura (Straffi, con la collaborazione di Michael J. Wilson) appare strutturata come il classico racconto di formazione, con più di un deja vu lungo il percorso: il piccolo Timo, sopravvissuto, grazie al sacrificio della madre, all’eruzione di Pompei, è cresciuto dal generale romano Chirone, già padre di Lucilla, come un figlio, nella speranza che un giorno possa occupare un posto di rilievo nella sua prestigiosa accademia di gladiatori.
Ma così non sarà, perché Timo, una volta che Lucilla partirà per la Grecia (viaggio-studio), diverrà un inetto mollaccione e solo il ritorno della fanciulla sembrerà scuoterlo dal suo torpore. Peccato sia promessa sposa del campione Cassio, nipote del’imperatore Domiziano … Come fare? Se il ricorso alla magia-doping si rivelerà un arma a doppio taglio, risolutivo sarà l’ intervento della dea Diana, novella personal trainer, che gli farà comprendere l’importanza di parole come dedizione, sacrificio e buona volontà …

Diana e Timo

Ho trovato piuttosto straniante il disegno “pupazzoso” dei personaggi, in particolare se confrontato con la morbidezza levigata degli sfondi, dove un’accurata ricostruzione della Roma imperiale, Colosseo compreso (oggetto delle battute più riuscite, con riferimento all’attualità: non solo è sempre in costruzione, ma rovinerà al suolo il giorno dell’inaugurazione), riesce, finalmente, a far sì che il 3d acquisti una certa valenza, per quanto non del tutto compiuta. Bella l’idea, non nuova, che la definitiva scoperta di sé da parte di Timo, avvenga sotto la spinta, diversa nelle modalità ma eguale negli intenti, delle due protagoniste femminili, Lucilla (il cui percorso d’autodeterminazione avrebbe meritato maggiore risalto), e Diana, il suo contraltare guerriero (che invece risulta più delineata ed incisiva).

Il ritmo mi è parso piuttosto altalenante, ravvivato nelle scene all’interno del Colosseo, tra combattimenti corpo a corpo e corsa di bighe: qui Gladiatori di Roma si fa forte di una maggiore e concreta personalità, quella su cui Straffi dovrà fare leva nella prossima realizzazione, con l’augurio possa costituire un definitivo suggello per il futuro dell’animazione italiana e non più l’ennesimo tentativo riuscito in parte. Un breve inciso in finale sul doppiaggio, relativamente ai personaggi principali: se la voce di Timo offerta da Luca Argentero appare nel complesso consona, quella di Lucilla, Laura Chiatti, avrebbe meritato una caratterizzazione più definita, mentre Diana doppiata da Belén Rodriguez crea un curioso effetto surreale.


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