Gli aeroporti più pazzi del mondo: Lukla, l’Himalaya ed i rischiosi atterraggi a vista

Creato il 15 marzo 2015 da Alessiamocci

Catena montuosa dell’Himalaya, una delle zone del mondo più ambite da scalatori e amanti dell’alpinismo. Qui si trovano le cime più alte della terra, compresa quella dell’Everest, dove ogni anno centinaia di temerari tentano le scalate più pericolose.

Naturalmente per raggiungere questi luoghi non è sufficiente un aereo di linea ma ci si deve affidare a mezzi locali. In particolare per raggiungere la zona del Khumbu, meglio conosciuta come regione dell’Everest, nel nord-est del Nepal, è necessario recarsi a Lukla, cittadina a 2860 m di altitudine. Case colorate e pittoresche e numerosi piccoli alberghi e negozi che vendono attrezzatura per il trekking e l’alpinismo caratterizzano questo luogo.

Da qui si possono intraprendere escursioni verso le cime più elevate ma in tanti decidono di raggiungere l’aeroporto di Lukla (oggi chiamato Tenzing-Hillary) e di adoperarlo come base di appoggio.

Questo prende il nome (modificato nel 2008) dei due alpinisti, il neozelandese Edmund Hillary e il nepalese di etnia sherpa Tenzing Norgay, che per primi scalarono la vetta del monte Everest e che sostenettero la costruzione dell’aeroporto.

Fin qui non vi sarebbe nulla di anomalo ma non si tratta di un aeroporto come gli altri: cominciate col pensare che la sua pista è lunga solamente 460 metri ed è in pendenza. Davanti e dietro solamente montagne, non sono state disposte le classiche procedure di avvicinamento strumentale perciò non il volo notturno non è stato pensato e i piloti sono costretti ad adottare le regole del volo a vista.

I velivoli che vi atterrano e decollano sono piuttosto piccoli e i voli, non certo numerosi e volti a collegare questa zona isolata del Nepal con la capitale Kathmandu, non sono permessi in condizioni metereologiche non ottimali.

Detto ciò potete ora immaginare il timore dei piloti e dei passeggeri nell’affrontare questo volo. Sono sufficienti del vento improvviso, una leggera nebbia che renda la visibilità scarsa o un minimo errore di valutazione per precipitare nel vuoto che precede la pista o per schiantarsi al termine della stessa nel caso in cui la frenata non fosse adeguata alla manovra necessaria per affrontare la curva che porta al luogo di sosta dell’aeromobile.

A complicare ancora di più la situazione è anche l’altitudine che causando la rarefazione dell’aria, influisce sul funzionamento dei motori degli apparecchi aerei.

Non la si può certamente dichiarare una meta adattata ai deboli di cuore.

Se poi si fa una ricerca relativa agli incidenti avvenuti in passato scopriremo che i più gravi sono stati sei: la maggior parte delle volte a perdere la vita sono stati piloti e membri dell’equipaggio ma nell’ottobre del 2008 a morire furono i sedici passeggeri e due membri dell’equipaggio, solo il comandate si salvò miracolosamente. Un DHC-6 Twin Otter 9N-AFE della Yeti airlines proveniente da Kathmandu precipitò durante la fase finale dell’atterraggio e s’incendiò.

Written by Rebecca Mais


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