Gli albizi e la loro signoria – storia di firenze

Creato il 21 giugno 2013 da Postpopuli @PostPopuli

Siamo alla quindicesima puntata della serie di articoli di Luca Moreno sulla storia di Firenze. Le immagini sono numerate in continuità con quelle del quattordicesimo articolo.

Gli Albizi e la loro Signoria

di Luca Moreno

All’indomani del crollo del governo nato dal Tumulto dei Ciompi, molte cose furono chiare ai fiorentini: il Popolo minuto – che aveva cercato di reagire a una situazione in cui alla tradizionale esclusione dalla gestione dello Stato si erano aggiunti gli effetti devastanti della peste del 1348 – si era reso conto che per far valere i propri diritti non era sufficiente impadronirsi del potere, ma occorreva avere tra le proprie fila uomini preparati e leali, capaci di respingere le pressioni delle lobby economico-finanziarie della città, che difficilmente si sarebbero rassegnate ad essere guidate dalle Arti meno qualificate. A sua volta, l’oligarchia – che con il Tumulto dei Ciompi aveva rischiato di essere emarginata – aveva compreso che le continue lotte intestine per aggiudicarsi il potere mostravano il fianco alle ribellioni popolari, indebolivano la Repubblica e spianavano la strada agli interventi dei principi stranieri, dai quali poi era assai complicato liberarsi. I cittadini, infine, stanchi di subire le conseguenze dei conflitti sociali che inevitabilmente danneggiavano le loro attività commerciali, chiedevano tranquillità e sicurezza e quindi un governo stabile e autorevole.

Borgo Albizi (elaborazione da Google Earth)

Erano dunque necessari dei cambiamenti: ed essi arrivarono. Se infatti prima degli eventi tumultuosi del 1378 Firenze era governata da un ristretto numero di famiglie – da qui il termine di Repubblica oligarchica (dal greco ολίγος,  oligos, e αρχή, archè: “governo di pochi”) – adesso la città accetta, di fatto, la Signoria di una sola famiglia (degli Àlbizi prima e, dopo il 1434, dei Medici, in particolare di Cosimo il Vecchio, la cui azione provocherà l’eclissi degli stessi Àlbizi); un mutamento istituzionale che, nel Quattrocento, non sarà mai riconosciuto e non comporterà mai una limitazione formale al funzionamento degli organi repubblicani, che anzi saranno utilizzati, per non dire violentati, allo scopo di giustificare un potere giuridicamente illegale.

In breve: Firenze pretende di rimanere indifferente al processo storico che riguarda la maggior parte degli Stati Italiani del tempo, che, uno dopo l’altro, sono o si faranno Signorie (nel senso di Principati), e si rifiuta di tradurre nella forma ciò che avviene nella sostanza. L’elezione alle cariche pubbliche (che si sostanziano nel Gonfaloniere di Giustizia e nei Priori) si caratterizza per un mandato brevissimo, quasi sempre di pochi mesi, in genere due, con limiti temporali nella rielezione; in questo modo, considerando anche gli altri uffici, circa il 10% della popolazione viene coinvolto nell’amministrazione; ed anche su ciò si confida per impedire che un singolo signore possa impadronirsi del potere. Invece, tutto ciò non impedisce ai ricchi Àlbizi (ma anche Albizzi o Albizi) di diventare prevalenti in città. Ecco perché è ora necessario illustrare, seppure in breve, i caratteri e la storia di questa famiglia.

Firenze, fin dalla metà del Duecento, dovette molto di quanto le accadde, nel bene e nel male, agli Àlbizi, anche se è soprattutto nel secondo Trecento e nel primo Quattrocento che questa famiglia esprime in misura maggiore il suo potere, prima di essere soppiantata, non senza lotte, dall’emergente casata dei Medici. Partiamo innanzitutto dalla collocazione geografica di quello che potremmo definire il centro di potere degli Àlbizi, ovvero il borgo omonimo, tuttora esistente e che potete vedere nella figura 40. In figura 41, invece, la Torre e lo Stemma, e in figura 42 il Palazzo degli Albizi.

Borgo degli Albizi è una lunga strada del centro storico di Firenze, che va in direzione est-ovest da Piazza Gaetano Salvemini (A) fino a Via del Proconsolo (B). Il nome di borgo suggerisce che fin dalle origini si trattava di una strada che usciva da un’antica Porta, dove gli ultimi venuti costruivano le case appena fuori dalle mura. Infatti, su Via del Proconsolo vi era il confine della prima cerchia, quella della Florentia romana, di cui vi abbiamo parlato nella seconda puntata di questa serie (figura n.4); noterete infatti che la via in questione approda all’altezza del cardo orientale del castrum (B di figura n. 40). Qui gli Àlbizi avevano numerosi edifici (alcuni perduti o alienati) tra i quali, di quelli ancora esistenti, ricordiamo la Torre e il Palazzo Àlbizi, l’una accanto all’altro (figura 40, 1 nonché figure 41 e 42). In particolare, la torre dev’essere stata rimaneggiata in epoca tardo-medievale, come si evince dalle ampie finestre e dai grandi portali, realizzati in un’epoca in cui non erano più necessarie le misure difensive come le feritoie e le entrate accessibili solo con le scale. Oggi appartiene a privati e non è visitabile. Ma Borgo degli Albizi ospita anche numerosi palazzi di ricche famiglie fiorentine, come il Palazzo Nonfinito, in cui si trova il Museo Nazionale di Antropologia ed Etnologia (figura 40, 2), già della famiglia Strozzi; il Palazzo Pazzi Vitali (figura 40, 3); il Palazzo Ramirez da Montalvo, edificato da Bartolomeo Ammannati (figura 40, 4), il Palazzo dei Visacci, come viene comunemente chiamato il Palazzo Altoviti, già di Rinaldo degli Àlbizi, dei Guicciardini e dei Valori: il nome deriva dalla serie di statue di fiorentini illustri dall’espressione particolarmente accigliata (figura 40, 5); il Palazzo da Filicaja (figura 40, 6), mentre sul lato opposto ricordiamo il Palazzo degli Alessandri (figura 40, 7) – si tratta di una famiglia originatasi proprio da un ramo degli Àlbizi. Ma se percorrete la via nella sua interezza scoprirete un florilegio di testimonianze storiche ed architettoniche davvero mirabili.

Torre e stemma degli Albizi (da Wikipedia)

Mercanti di lana, proprietari del Castello di Nipozzano (che fu tra i più potenti fortilizi del contado fiorentino) gli Àlbizi ebbero come capostipite un certo Raimondino, di origine tedesca, venuto in Italia alla fine del XII secolo e stabilitosi ad Arezzo. Da questa città i suoi discendenti sarebbero poi passati a Firenze: in particolare, il primo esponente registrato negli annali cittadini è Benincasa degli Àlbizi, nel 1251. Questa famiglia ricoprì molto spesso, soprattutto nel XIV secolo, le massime cariche cittadine (ben 98 Priorati, e per 13 volte Gonfalonieri di Giustizia); il primo Priore fu Filippo degli Àlbizi, nel 1282, mentre il primo Gonfaloniere fu suo figlio Piero, che però rimase invischiato nel Tumulto dei Ciompi, al punto da essere giustiziato. A Piero succedette nella gestione del potere Maso, che diventò Gonfaloniere nel 1393; e la Signoria di Palazzo Vecchio resterà inerte di fronte al potere di Maso, che quest’ultimo eserciterà dal borgo omonimo, gremito di proprietà familiari, di cui vi abbiamo appena parlato.

È un periodo positivo per Firenze, per lo meno rispetto agli anni terribili che avevano caratterizzato i decenni precedenti, sia a causa della peste sia dei tumulti popolari, anche se la guerra con Pisa (che poi cadrà in mano fiorentina) impegna la città, che però, grazie ai vantaggi derivanti dall’utilizzo del porto pisano, rielabora la propria politica commerciale con l’Oriente e avvia quella marinara che sarà tenacemente perseguita dai Medici. Non vi inganni il fatto che Maso degli Àlbizi vada a ricoprire una carica “legale”, riconosciuta ufficialmente, perché in realtà egli governava Firenze in solitudine: insomma, siamo di fronte a una dittatura, che Maso tenta di mascherare tenendosi vicino come collaboratori due uomini politici fiorentini, molto in vista quali Niccolò da Uzzano e Gino Capponi. Gli organi istituzionali esistono, ma con funzione decorativa; come un centro di potere da tenere sempre sotto stretto controllo, ma non come il centro del potere, così come si conviene ad una vera Repubblica.

Alcuni storici leggono questa fase come un proseguimento del sistema oligarchico già in vigore prima del Tumulto dei Ciompi; ritengo invece che, quando al governo vi sia una sola famiglia e nell’ambito di questa soltanto una persona sia al comando, e quest’ultima riesca a trasmettere per via ereditaria il proprio potere, ebbene, a mio parere quando ciò avviene non più di oligarchia si tratta, ma di Signoria individuale a tutti gli effetti, anche se essa non è codificata giuridicamente, e anche se essa non esclude che intorno alla famiglia principale ne ruotino altre di rilievo. Il terzo membro della famiglia, decisivo per Firenze (che segna il tramonto definitivo della casata) sarà Rinaldo, figlio di Maso; ed è tramite quest’ultimo che ha inizio lo storico confronto tra gli Àlbizi ed i Medici, un confronto che si annuncia appena, ai tempi di Giovanni di Bicci de’ Medici (di cui parleremo nella prossima puntata), ma che diventa frontale e definitivo quando a Giovanni succederà Cosimo il Vecchio de’ Medici.

Palazzo degli Albizi (Wikimapia)

Rinaldo sconfitto non entrerà mai più in città, e l’egemonia degli Àlbizi si concluderà di fronte alla rapida ascesa dei Medici, anche se gli Àlbizi continueranno ad essere presenti a lungo sulla scena fiorentina con personaggi non secondari e grazie a importanti matrimoni politici. Quasi per un curioso contrappasso, una Leonora degli Àlbizi, più bella che saggia, avrà una relazione con il Granduca Cosimo I de’ Medici, vedovo di Eleonora di Toledo, che gli darà un figlio illegittimo di nome Giovanni, nato nel 1567.

In seguito, alcuni membri di questa famiglia, preoccupati dalle possibili reazioni della Repubblica contro il loro potere comunque ancora assai notevole, decisero di separarsi dalla casata, assumendo un nuovo cognome. Furono i due fratelli, Alessandro e Bartolomeo, figli dell’influente Niccolò degli Àlbizi (proprietario del castello di Vincigliata, nel territorio di Fiesole) che assunsero il cognome di “Alessandri”; e in questa veste riuscirono ancora per parecchie volte a ricoprire ruoli importanti nelle cariche pubbliche, nonché a consolidare i legami familiari con i Medici. Fu proprio il ramo degli Alessandri ad avere particolare fortuna anche in tempi relativamente recenti con il Senatore Giovanni (1765-1828) protettore dell’artista Antonio Canova.

A partire dalla prossima puntata cominceremo ad occuparci della grande epopea dei Medici, che occuperà la Storia di Firenze e della Toscana per quasi tre secoli e mezzo. Una storia dai caratteri straordinari e, per certi aspetti, esemplari.

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