Gli Amici

Creato il 30 novembre 2010 da Elgraeco @HellGraeco

Poco fa, in un commento, ho scritto di voler cambiare registro. Tre lutti nel cinema in un solo giorno, comincia a essere una storia buffa, oltre che triste. Eccessiva e goliardica, tipica del palcoscenico.
Ho mentito. Non voglio cambiare tono. Non ancora.
Ieri, una manciata di ore fa, è morto Mario Monicelli.
Non mi è bastato dedicargli un post e una foto, anche se sono convinto che quella foto da sola valga tutta la retorica che inevitabilmente sta per travolgere gli argini della decenza e del buon gusto.
Chi se ne frega di che uomo era? Grande, piccolo, bravo, in gamba, geniale, cinico, ironico, forte, vigliacco. Sì, queste sono tutte immagini che si hanno di lui e sono tutte false, o non corrispondenti al vero.
Solo lui sapeva chi era in realtà e ha deciso di conseguenza.
Il resto sono solo chiacchiere. Come sempre. Quelle stesse chiacchiere o pettegolezzi dai quali ci aveva ammonito Cesare Pavese.
E noi non abbiamo imparato nulla.

***

Perché ne parlo, allora?
Perché lui, Monicelli, insieme a Tognazzi, Celi, Noiret, Moschin e Del Prete sono io, che di nome faccio Germano, insieme ai miei amici.
Perché io ho la fortuna di avere degli amici così. Diversissimi gli uni dagli altri, eppure uniti. Uno è morto anzitempo, a ventidue anni, di incidente stradale; un altro s’è aggiunto dopo, come il Sassaroli. Alcuni professionisti, altri no. Alcuni ricchi, altri no. Alcuni credenti, altri no. Alcuni di destra, alcuni di sinistra e centro, altri apolitici.
Non abbiamo nulla in comune, ma stiamo sempre insieme a far casino. E neppure loro, le nostre donne, possono alcunché per separarci, per ricondurci a una vita di doveri e responsabilità, di famiglia.
Non che sia uno schifo perfetto, la famiglia. Questo no.
Andiamo, lo sapete benissimo a cosa mi riferisco, a che tipo di famiglia mi sto riferendo: quel vortice morboso, quel legame che ti vincola e asservisce, che ti mette il guinzaglio alle palle con la scusa che devi pensare solo alla tua famiglia e hai chiuso con le stronzate che facevi prima. Che poi, uno si chiede sempre a cinque anni dal matrimonio, ma se facevo tutte queste stronzate che dice lei, come ho fatto a diventare un professionista? Ero così inutile prima che arrivasse lei? O la colpa è sua?
Quel tipo di lei e di famiglia. Avete capito.

***

Quella non è vita, è un sepolcro al quale manca una cosa fondamentale, il ridere. Ridere tra noi amici, di noi, vissuti come siamo e viviamo tutt’ora senza esserci mai presi sul serio.
E a Mario Monicelli e a Pietro Germi, prima ancora, devo gratitudine per averci ritratti anzitempo, per aver ritratto tutti gli amici che furono e che saranno. Per averci detto che sì, c’è divertimento in ciò che siete, e c’è normalità. E che i veri morti sono tutti gli altri che non sanno ridere della vita e persino della morte.
Di quel film ricordo ogni scena, ogni battuta, ma ritengo che una recensione di Amici Miei, oggi, suonerebbe forse opportuna, ma ipocrita: lo stesso sapore avranno le repliche dei film in tv e i teatrini in tv fatti da babbei che parlano del nulla.
Di quel film, anno 1975, un anno prima che venissi al mondo, una scena venero, anzi, di più, la amo proprio: il finale, il funerale del Perozzi, giornalista.
“Era un traditore.” dice il Necchi.
“Abbiamo dovuto eliminarlo” rincara il Mascetti.
E giù un diluvio di risa amare, miste a dolore e a genuino divertimento.
Conosco persone che odiano questa scena, perché la considerano irrispettosa, sacrilega, e tutto il resto. E magari avete pure ragione.
Questo, tuttavia, resta il miglior esempio di amicizia che sia mai stato immortalato.

***

Tra di noi sono io il Perozzi.
E, se mi guardo da qui a trent’anni, mi vedo ingrassato, con parecchio colesterolo nelle arterie, diabete, sposato infelicemente a una donna bella, ma glaciale, una perfetta stronza, e con un figlio che è peggio di un estraneo.
Questo nei giorni neri. Perché mi conosco e conosco anche la donna che mi può regalare tutto questo. E mettermi il guinzaglio. E chissà che nel prossimo futuro non riesca a incastrarmi.
Passato il nuvolo, poi posso fantasticare finché voglio, ma la realtà probabile appare essere quella.
Ma loro, gli amici, ci sono sempre e ci saranno sempre. Rideranno di me e mi prenderanno anche per il culo. Perché mi vogliono bene sul serio. Perché a loro, a quegli amici io affiderei la mia vita.
E Monicelli, che ruolo ha in tutto questo? È stato, semplicemente, il regista. Ha ritratto alcune vite che sono molto più reali di quanto ad alcuni di voi piaccia pensare.
Gli amici così esistono sul serio. Così come esistono gli stronzi. Da parte mia sono fortunato ad aver incontrato i primi e schiacciato i secondi. E voi altri, coi quali scambiamo pareri in rete tutto il giorno, sappiate che come amici vi considero…
Grazie di tutto, Mario. Grazie per averci dedicato un film così. In fondo in fondo, anche se i moralisti non sono d’accordo, ce lo siamo più che meritato.

Giusto uno sfogo. Da domani si torna a cazzeggiare. Promesso.


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