Mi ha molto colpito leggere la presentazione del nuovo libro di Simone Perotti, il guru dei cosiddetti “downshifter”: “Avanti tutta”, si chiama il volume, che traccia un interessante profilo dei downshifter italiani. Tra le varie categorie proposte, c’è anche quella degli Antitaliani: “un gruppo un po’ anomalo, ma va citato. Non sono omogenei per provenienza geografica o caratteristiche socio-culturali, ma condividono un comune sentire: rabbia contro il nostro Paese. Sono stufi, stanchi, demotivati, dichiarano di voler scappare all’estero il prima possibile, per allontanarsi da un sistema, un clima generale, che li esaspera“.
“Un contesto che li esaspera”: sarà forse lo stesso che ha denunciato persino il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari, quando ha affermato che la protesta dei giovani è giustificata, e presto rischia di arrivare nel salotto di casa nostra? Dichiarazioni forti, vero? Leggiamo oltre. Afferma Mussari: “ai giovani abbiamo lasciato un furto, che è il debito pubblico, e una truffa, disegnando un futuro con aspettative non realizzabili, che creano frustrazione“. Conclude Mussari, a sorpresa: “la prossima protesta arriverà nel salotto di casa nostra. I giovani verranno a tirare giù le televisioni dalla finestra del quinto piano, e io li andrei ad aiutare“.
Affermazioni forti, anche se -afferma il detto- “prevenire è meglio che curare”. Se il sistema bancario, che Mussari rappresenta, cominciasse a erogare crediti ai giovani, anziché sempre e solo ai soliti noti… forse uno scenario da “rivoluzione di strada”, come quello che lui profila, potrebbe venire un minimo attenuato. Tuttavia, le affermazoni del presidente dell’Abi segnalano che il livello di allarme è ormai molto alto. I focolai di protesta in Europa si allargano: le parole di Mussari suonano come un ultimo, disperato tentativo di chiedere un’inversione di rotta alla classe dirigente italiana.
Il riferimento alle televisioni che volano dalle finestre è pure interessante: distruggere l’apparecchio tv, che da anni disegna un’Italia molto diversa da quella reale (al punto da essere decisamente finta, quasi una proiezione orwelliana), appare come una sorta di “catarsi”. Praticamente… un ritorno all’Italia vera. Non so se il riferimento del presidente dell’Abi sia stato voluto o casuale, ma il messaggio è -a mio avviso- più profondo di quello che può apparire a una prima lettura. Stupisce che arrivi da un banchiere: vuol dire che la situazione è davvero grave.
Domenica lo ha ricordato anche la presdidente di Confindustria Emma Marcegalia, e prima ancora di lei è stata la Commissione Europea, che nel rapporto mensile dell’Osservatorio Occupazione avvertiva: “in Italia la disoccupazione giovanile è significativamente più elevata della media comunitaria. 7,9 punti percentuali in più, attestandosi al 28,9% nel novembre 2010, due punti e mezzo in più rispetto a un anno prima“.
A corredo, anche per rendere il più oggettivo possibile questo “post”, allego gli ultimi dati di Istat e Bankitalia. Inquietanti…
-ISTAT: Nel rapporto “Noi Italia”, l’ente statistico denuncia come più di un ragazzo su cinque, nel Belpaese, non lavora né studia. Nel 2009 il 10,8% delle famiglie viveva in condizioni di povertà relativa. Nello stesso periodo, il Pil pro-capite è diminuito del 5,7% in termini reali. Le imprese italiane restano micro: la dimensione media, soli quattro addetti per impresa, è superiore solamente a quella di Portogallo e Grecia. Con un livello di reddivitità-competitività più basso di quello registrato nel 2001! L’Italia è il secondo Paese più vecchio d’Europa (dopo la Germania), con 144 anziani ogni 100 giovani. Fa cadere le braccia il livello di istruzione: ben il 46% degli over-24 può vantare come titolo più elevato la licenza media (!) – siamo quasi venti punti sopra la media europea… E i giovani muniti della sola licenza media sono ben il 19,2%, cinque punti sopra la media Ue. Solo il 19% dei 30-34enni possiede una laurea: l’obiettivo “Europa 2020″ fissa l’asticella minima al 40%, entro i prossimi nove anni. Ci arriveremo mai? Dulcis in fundo, l’Italia spende poco per l’istruzione: solo il 4,6% del Pil.
-BANKITALIA: il Pil italiano si manterrà sia nel 2011 che nel 2012 inchiodato intorno all’1%, lontano dalla media europea e -soprattutto- dalla Germania. L’occupazione -afferma Via Nazionale- ancora non riparte, e mostra una riduzione più marcata per i giovani. Le imprese, anzhe a causa dello scenario economico, privilegiano forme contrattuali più flessibili, rispetto a impieghi permanenti a tempo pieno. Infine, il tasso di disoccupazione reale, tenuto conto della Cig e dei cosiddetti “inattivi”, sfiora l’11%, quasi tre punti sopra quello “ufficiale”.
E per non farci mancare proprio nulla, un ultimo dato: secondo la Banca Centrale Europea, l’Italia -con la Germania- è il Paese dove le retribuzioni contrattuali hanno frenato di più nell’ultimo periodo. Ora, posto che i salari tedeschi noi manco ce li sogniamo, e i nostri invece restano decisamente bassi e “in frenata”… chi sta peggio?