Gli argonauti - parte 6

Creato il 21 maggio 2013 da Giuseppeg

Facciamo un passettino indietro. Abbiamo già accennato alla vicenda che aveva portato il Vello d’oro nella Colchide, quando Frisso arrivò in volo dalla Grecia a cavallo dell’ariete dorato. Una volta atterrato, aveva sacrificato la povera bestia al divino Zeus, come ringraziamento per essere giunto sano e salvo; l’aveva poi scuoiata e ne aveva offerto la preziosa pelliccia al re Eete, per ottenere in cambio la mano di sua figlia Calciope. Fino a qui tutto bene. Il problema, però, era che Eete ci teneva moltissimo a quel regalo di nozze: l’aveva inchiodato persino a una quercia, e l’aveva fatto custodire da un terribile drago che vegliava di giorno e di notte.

Il palazzo di Eete, per la cronaca, era quanto di più maestoso si potesse immaginare: statue, colonne, giardini, fontane e chi più ne ha più ne metta. Aggiungete a tutto questo anche una bella scorta d’oro, e vi sarete fatti un’idea dell’impressione che ricevettero gli Argonauti il fatidico giorno del loro arrivo. Eete, purtroppo per loro, non era uno che le mandava a dire: quando venne a sapere il motivo di quella visita andò su tutte le furie, minacciando addirittura punizioni corporali e schiavitù perpetua. Dopo la sfuriata iniziale, tuttavia, a poco a poco si calmò e riprese a ragionare. Si rese conto che parecchi fra di loro erano figli di divinità, ed erano tutti personaggi in vista che non si potevano scaricare come dei semplici accattoni. Decise quindi di agire d’astuzia: promise loro il Vello d’oro, se solo avessero superato una specifica prova. Gli Argonauti ovviamente non domandavano di meglio: erano pur sempre degli eroi, non dimentichiamolo, e il pericolo era il loro mestiere. Ma sentite esattamente che cosa aveva in mente il vecchio Eete, e capirete immediatamente come mai i nostri eroi, dopo l’entusiasmo iniziale, cominciarono a guardarsi l’un l’altro con i volti impalliditi. La prova era questa, e riguardava personalmente Giasone, dal momento che era a capo della spedizione: avrebbe dovuto - udite udite - aggiogare una pariglia di buoi che sputavano fuoco; dopo di ciò, come se non bastasse, avrebbe dovuto seminare lungo i solchi dell’aratro alcuni denti di serpente che avevano il potere, una volta seminati, di trasformarsi in temibili guerrieri armati. Una volta sconfitti i guerrieri, la prova sarebbe stata considerata conclusa - ed Eele taceva, a ogni buon conto, del terribile drago che custodiva il Vello! Come decidersi? A questo punto Giasone, vistosi messo alle strette, con i compagni che lo guardavano e che attendevano una sua risposta, non poté fare altro che accettare, mostrandosi magari più convinto di quanto realmente non fosse.
Bisogna sapere però che, contemporaneamente a quanto accadeva per Giasone e compagni, anche nei piani alti dell’Olimpo si discuteva sul da farsi. Le tre dee principali, infatti, avevano deciso di allearsi e di dare il loro contributo alla causa di Giasone, ognuna per un motivo diverso. Era, come sappiamo, era stata aiutata dall’eroe a guadare un fiume: una volta arrivata dall’altra parte, gli aveva promesso il suo aiuto e la sua protezione. Atena, poi, era direttamente invischiata nella costruzione della nave Argo: si diceva infatti che ci fosse il suo zampino, e che per questo la nave avesse retto a tutti gli urti e gli incidenti occorsi durante il viaggio. Quanto ad Afrodite, infine, era contenta del fatto che le donne di Lemno avessero di nuovo trovato l’amore, e questo era certo un preciso merito di Giasone. Tuttavia, nemmeno le tre dee potevano prendere a cuor leggero le terribili prove a cui sarebbe stato sottoposto il loro pupillo. Riunitesi di nascosto, concertarono un’azione comune. Decisero cioè di inviare Cupido nella reggia di Eete e di fargli colpire con una delle sue frecce dorate la figlia minore del re, Medea, facendola così innamorare follemente di Giasone. Cupido all’inizio fu restio: stava giocando a dadi col coppiere Ganimede e non voleva assolutamente essere disturbato. Solo quando la madre lo tentò con una speciale palla d’oro che era appartenuta al piccolo Zeus, il dio alato dell’amore si decise a compiere quanto gli era richiesto. Si diresse in tutta fretta nella reggia e, nascostosi dietro una colonna della sala principale, si guardò intorno per cercare di trovare la fanciulla. Quanto accadde di seguito, però, non è più tema di questa puntata.  

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