Il palazzo di Eete, per la cronaca, era quanto di più maestoso si potesse immaginare: statue, colonne, giardini, fontane e chi più ne ha più ne metta. Aggiungete a tutto questo anche una bella scorta d’oro, e vi sarete fatti un’idea dell’impressione che ricevettero gli Argonauti il fatidico giorno del loro arrivo. Eete, purtroppo per loro, non era uno che le mandava a dire: quando venne a sapere il motivo di quella visita andò su tutte le furie, minacciando addirittura punizioni corporali e schiavitù perpetua. Dopo la sfuriata iniziale, tuttavia, a poco a poco si calmò e riprese a ragionare. Si rese conto che parecchi fra di loro erano figli di divinità, ed erano tutti personaggi in vista che non si potevano scaricare come dei semplici accattoni. Decise quindi di agire d’astuzia: promise loro il Vello d’oro, se solo avessero superato una specifica prova. Gli Argonauti ovviamente non domandavano di meglio: erano pur sempre degli eroi, non dimentichiamolo, e il pericolo era il loro mestiere. Ma sentite esattamente che cosa aveva in mente il vecchio Eete, e capirete immediatamente come mai i nostri eroi, dopo l’entusiasmo iniziale, cominciarono a guardarsi l’un l’altro con i volti impalliditi. La prova era questa, e riguardava personalmente Giasone, dal momento che era a capo della spedizione: avrebbe dovuto - udite udite - aggiogare una pariglia di buoi che sputavano fuoco; dopo di ciò, come se non bastasse, avrebbe dovuto seminare lungo i solchi dell’aratro alcuni denti di serpente che avevano il potere, una volta seminati, di trasformarsi in temibili guerrieri armati. Una volta sconfitti i guerrieri, la prova sarebbe stata considerata conclusa - ed Eele taceva, a ogni buon conto, del terribile drago che custodiva il Vello! Come decidersi? A questo punto Giasone, vistosi messo alle strette, con i compagni che lo guardavano e che attendevano una sua risposta, non poté fare altro che accettare, mostrandosi magari più convinto di quanto realmente non fosse.
Il palazzo di Eete, per la cronaca, era quanto di più maestoso si potesse immaginare: statue, colonne, giardini, fontane e chi più ne ha più ne metta. Aggiungete a tutto questo anche una bella scorta d’oro, e vi sarete fatti un’idea dell’impressione che ricevettero gli Argonauti il fatidico giorno del loro arrivo. Eete, purtroppo per loro, non era uno che le mandava a dire: quando venne a sapere il motivo di quella visita andò su tutte le furie, minacciando addirittura punizioni corporali e schiavitù perpetua. Dopo la sfuriata iniziale, tuttavia, a poco a poco si calmò e riprese a ragionare. Si rese conto che parecchi fra di loro erano figli di divinità, ed erano tutti personaggi in vista che non si potevano scaricare come dei semplici accattoni. Decise quindi di agire d’astuzia: promise loro il Vello d’oro, se solo avessero superato una specifica prova. Gli Argonauti ovviamente non domandavano di meglio: erano pur sempre degli eroi, non dimentichiamolo, e il pericolo era il loro mestiere. Ma sentite esattamente che cosa aveva in mente il vecchio Eete, e capirete immediatamente come mai i nostri eroi, dopo l’entusiasmo iniziale, cominciarono a guardarsi l’un l’altro con i volti impalliditi. La prova era questa, e riguardava personalmente Giasone, dal momento che era a capo della spedizione: avrebbe dovuto - udite udite - aggiogare una pariglia di buoi che sputavano fuoco; dopo di ciò, come se non bastasse, avrebbe dovuto seminare lungo i solchi dell’aratro alcuni denti di serpente che avevano il potere, una volta seminati, di trasformarsi in temibili guerrieri armati. Una volta sconfitti i guerrieri, la prova sarebbe stata considerata conclusa - ed Eele taceva, a ogni buon conto, del terribile drago che custodiva il Vello! Come decidersi? A questo punto Giasone, vistosi messo alle strette, con i compagni che lo guardavano e che attendevano una sua risposta, non poté fare altro che accettare, mostrandosi magari più convinto di quanto realmente non fosse.
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