Gli argonauti - parte 9
Creato il 28 giugno 2013 da Giuseppeg
La fuga da Alcinoo
Riprendiamo un po’ le fila del discorso. Avevamo
lasciato Giasone e Medea alle prese coi loro rimorsi - se mai ne avevano -
mentre facevano ritorno con tutto il gruppo degli Argonauti, dopo l’incontro
poco piacevole con Circe, la zia di Medea. Perché, in effetti, le avventure del
viaggio non erano ancora finite. Ecco allora gli Argonauti sbarcare a Corcira,
nel regno di Alcinoo. Per intenderci, si tratta dello stesso sovrano che molti
anni più tardi avrebbe ospitato nientedimeno che Ulisse, e l’avrebbe scortato fino
all’isola di Itaca. Non appena arrivati, Medea si inginocchiò ai piedi della
regina Areta, supplicando la sua protezione. Di lì a poco, infatti, un’enorme
nave con delle vele nere gettò l’ancora nel porto: era la nave di Eete, il
padre di Medea. Era furioso e voleva assolutamente riportarla indietro,
assegnandole la punizione che meritava. Ora, l’unico modo perché la donna non potesse
più essere riconsegnata al padre era di farle perdere la verginità: in altre
parole, avrebbe dovuto sposarsi seduta stante col suo amante Giasone, e
perfezionare nel letto la loro unione. Cosa che avvenne immediatamente,
cosicché il povero Eete restò con un palmo di naso: colpevole o meno, non aveva
più diritti sulla figlia.
Sirene e giganti: la scaltrezza di Medea
Tutto a posto, dunque? Ma neanche per sogno!
Durante il viaggio di ritorno, gli Argonauti incapparono in un’onda così alta,
ma così alta che si ritrovarono scaraventati nel bel mezzo del deserto della
Libia! E così, ancora increduli e sconvolti, i nostri eroi dovettero trascinare
la nave attraverso il deserto su dei rulli di legno, prima di rimettersi in
mare. Una volta reimbarcati, però, le cose non andarono meglio. Incontrarono le
Sirene, ma Orfeo con il suo canto riuscì a mantenere indenne l’equipaggio. Più complicata
fu la faccenda di Talo, il gigante di bronzo che custodiva l’isola di Creta. Questo
gigante spaventoso era stato costruito da Efesto. Per semplificare le cose, il
dio del fuoco lo aveva dotato di un’unica vena che dal tallone gli arrivava fino al collo. Ora, questo gigante aveva l’incarico, tutte le notti, di
compiere tre volte il giro dell’isola per controllare che non ci fosse qualche
nave di invasori, e in tal caso avrebbe dovuto affondarle con un gran lancio di
massi - massi enormi, chiaramente! Gli Argonauti, diciamolo subito, non erano molto
allettati dall’idea di fermarsi sull’isola, anche se le scorte stavano finendo
ed erano tutti un po’ stanchi per il viaggio che sembrava non dovesse mai
finire. Stavano quasi per rinunciare, quando Medea si fece avanti promettendo a
tutti la sconfitta del gigante. Come?
Sbarcata nascostamente sull’isola, in piena
notte, Medea si avvicinò al gigante senza farsi vedere. Questi aveva giusto finito
l’ultimo giro di ispezione e stava già per andarsene a dormire, quando sentì
una voce dolcissima che lo chiamava.
“Talo…”, chiamava la voce.
“Chi è che mi sta chiamando?”, rispose il
gigante, e la sua voce metallica era molto simile al suono di un’enorme
campana.
“Talo…”, ripeté la voce. Era molto buio e
non si riusciva a vedere quasi niente.
“Chi sei?”, tuonò lui, nuovamente.
“Sono Medea, e mi piacerebbe vederti un po’
meglio”.
“Vedermi un po’ meglio? E perché?”, domandò
lui, con diffidenza; ma si vedeva che oramai c’era cascato.
“Vieni”, gli disse Medea, con una voce ammiccante.
“Mettiamoci più in là, sotto la luce della luna, così che tutti e due possiamo
vederci tranquillamente”.
Il gigante si diresse a grandi passi verso
uno spiazzo inondato di luna. Medea lo aveva preceduto, e lo attendeva in tutta
la sua bellezza. Quando il gigante la vide, lasciò cadere ogni sospetto. Si sedette
con un tonfo, e se ne stettero a chiacchierare. Ora, non ci fu nessuno ad
assistere alla scena, eccetto ovviamente la stessa Medea, pertanto le fonti non
sono sicure. A sentire Medea, le cose andarono più o meno così. Dopo avergli
offerto un potente sonnifero, la maga era rimasta ad aspettare che facesse
effetto - e trattandosi di un gigante, era normale che ci impiegasse un po’. All’improvviso,
però, senza alcun preavviso il mostro cadde all’indietro con tutto il suo peso:
la terra si mise a tremare e persino gli Argonauti, ancora a bordo della nave,
dovettero mettercela tutta per resistere alle ondate che giungevano da riva. Dopo
che quindi si fu addormentato, Medea non dovette fare altro che svitargli il
grande tappo sul tallone, il tappo che chiudeva per l’appunto l’unica vena che
aveva in dotazione. In pochi istanti, ovviamente, il gigante morì dissanguato,
e gli Argonauti poterono sbarcare liberamente sull’isola e brindare alla scaltrezza
di Medea. Una donna, come si accorse Giasone che la fissava da dietro al
bicchiere, dotata di non meno intelligenza che bellezza. E già si auspicava una
vita felice e tranquilla.
Potrebbero interessarti anche :