Testo e foto: Mauro Villone
Un’equipe dell’università di San Paolo del Brasile ha fatto una ricerca molto interessante, dalla quale sono emersi diversi dati, tanto per cambiare, molto preoccupanti. In estrema sintesi su 6,7 miliardi di persone che vivono sul pianeta 1 miliardo patisce seriamente la fame. Ma se si prende in considerazione quello che l’equipe di ricercatori chiama “fame occulta”, ovvero una fame che non viene avvertita fisicamente, ma si manifesta nella denutrizione per mancanza di elementi fondamentali quali proteine, vitamine, oligoelementi e via dicendo, il numero delle vittime sale a 3 miliardi. Quasi la metà dell’intera popolazione del pianeta. Se a questo aggiungiamo, e qui si tratta di osservazioni personali, che c’è gente che non patisce la fame, ma vive in condizioni di indigenza, miseria o povertà, ci accorgiamo che chi se la passa bene sulla terra è una minoranza di privilegiati. Una minoranza che spesso crede di vivere in un mondo reale, mentre invece è più come un set di Hollywood o Cinecittà, bello da vedere, ma con niente dietro. A Rio de Janeiro, dove vivo, c’è la zona sud dei ricchi, con le sue favelas certo, ma che stanno affannosamente cercando di lucidare in vista di Mondiali e Olimpiadi. Mentre nella famigerata Zona Norte, di cui ho descritto solo un pezzettino, cracolandia, in un mio precedente articolo, viene spinta la spazzatura e la feccia umana. Dai tossici ai narcotrafficanti, dai poveracci qualsiasi ai senza tetto. La Zona Norte è un’estensione gigantesca di baracche, viadotti e orribili edifici della quale non si vede la fine. Nairobi, Città del Messico, Manila, San Paolo, Buenos Aires, Capetown, Lagos, sono solo alcuni esempi di altre metropoli gigantesche che ormai hanno periferie suburbio a perdita d’occhio, senza capo né coda e incontrollabili. I programmi di aiuto sono una finzione. La maggior parte delle organizzazioni umanitarie mondiali sono carrozzoni che si autosostentano con fondi rastrellati qua e là dei quali arriva ben poco ai veri bisognosi.
Il Brasile viene sbandierato a destra e a sinistra come un paese in crescita e in sviluppo che sta combattendo la miseria. Senza dubbio un po’ di sviluppo c’è e in alcune aree stanno migliorando le attenzioni. Ci sono nuove aziende, nuovi servizi, ma tutto è circoscritto a minoranze, spesso strumentalizzate per le pubbliche relazioni internazionali. Vediamo cosa accade.
Un simpatico scorcio della Zona Norte di Rio de Janeiro.Circa 2 miliardi di persone vive così sul pianeta.
Negli ultimi due anni, dice il governo, 18 milioni di persone sono entrati nella classe media e hanno un lavoro, una casa e possibilità di crescita. 18 milioni di persone sono il 10% della popolazione, ma il governo evita di entrare nei particolari sulla qualità della vita di queste persone. Hanno sì un po’ più di più potere d’acquisto, ma per comprare cianfrusaglie inutili e cibi non esattamente salutistici in orrendi centri commerciali. A Sao Luiz, nel Maranhao, per costruirne uno vicino alla città hanno addirittura abbattuto una foresta. Quello che la gente non riesce a comprare cash, che è quasi tutto, viene venduto a rate per incentivare i consumi. A rate si possono comprare persino scarpe, ali di pollo, cene da 10 euro, magliette, auto, qualsiasi cosa. Ma l’educazione in paesi come il Brasile, il Messico, l’Argentina, rimane rigorosamente una cosa da ricchi. Le scuole “buone” possono costare 1.000 euro al mese. I poveracci non imparano nemmeno a parlare la lingua del loro paese. Dappertutto, grazie al crescere dei consumi della “classe media”, aumentano a dismisura i rifiuti e l’inquinamento. Il traffico è invivibile, i consumi di carburante stratosferici. Ma anche la violenza non è da meno. In Brasile la violenza sulle donne è aumentata del 27% in 4 anni. 50.000 bambini l’anno spariscono, per lo più perché violentati e uccisi. In Messico il 10% dei bambini delle scuole ha subito violenze regolari in famiglia o occasionalmente per strada. Sempre in Messico, ma anche in altri paesi, come per esempio l’India, la parità tra uomo e donna al massimo è una barzelletta. Che non fa ridere nessuno però.
Ma vediamo altri numeri. Sempre secondo i ricercatori dell’Università di San Paolo solo 4 alimenti coprono il 27% dell’alimentazione mondiale. Questo dato ci dice che la biodiversità sta andando a farsi benedire.
Sempre secondo gli stessi ricercatori la biodiversità, e qui arrivo al motivo del titolo di questo articolo, è uccisa, tra le altre cose, dalla crisi finanziaria. Gli assassini dei miserabili, degli affamati, della biodiversità, sono proprio gli speculatori finanziari che per fare soldi finti hanno indotto una crisi planetaria terribile. La miseria, che so, di Calcutta, endemica, ma in crescita come ovunque, è in parte dovuta alle stesse cause a cui possono dire grazie gli 8 milioni tra disoccupati e nuovi poveri italiani. L’avidità di relativamente pochi sta ammazzando molti. Come? È semplice. I ricercatori hanno spiegato che le grandi finanziarie hanno in mano anche il sistema alimentare mondiale e con esso la registrazione delle sementi e gli organismi geneticamente modificati. In parole povere se prendiamo ad esempio la piccola patata delle Ande, cibo ricco di elementi, base dell’alimentazione per centinaia d’anni o millenni per gli abitanti di remote regioni del Perù, viene via via abbandonata poiché non è più conveniente produrla. Costa meno acquistare alimenti, come per esempio il riso, prodotti altrove a minor costo. Questo apparente risparmio è in realtà una condanna a morte culturale ed etnica, ma anche fisica, poiché intere popolazioni di ogni dove cadono così nelle mani dei giganteschi produttori mondiali. È vero che un giorno in teoria si potrebbero riprendere le antiche coltivazioni, ma non è così semplice poiché si vanno perdendo le conoscenze, le sementi, la continuità. Slowfood e Terra Madre stanno facendo molto per questo, ma purtroppo l’imperatore Petrini è molto accentratore. Si tratta di una grande organizzazione, ma che da sola non può affrontare l’enormità del problema che ci troviamo di fronte. Un nuovo umanesimo bisogna farlo in tanti, non una sola organizzazione con un marchio registrato. Altrimenti diventa semplicemente un servizio di qualità ben inserito nel panorama di mercato attuale. Il problema è serio, lo strapotere alimentare e agricolo ha prodotto anche molti suicidi in tutto il mondo.
Un mercato di Benin City – Nigeria
In sostanza la crisi finanziaria in una società globale come sta diventando la nostra, non può più essere ignorata nemmeno da chi non è interessato al denaro e al capitalismo, poiché, come un cancro, sta distruggendo anche società e regioni remote con la speculazione, l’utilizzo indiscriminato di risorse e, soprattutto, creando un mondo fatto di megaproduzione, megadistribuzione, marchi registrati, pochissima diversità e in mano a pochi individui.
La crescita di paesi come il Brasile (ma anche molti altri, come quelli del famoso BRICS) è fasulla. È basata sull’iperproduzione industriale di cianfrusaglie di bassa qualità e inutili, vendute e rate, con conseguente enorme necessità di energia prodotta a scapito della salute e del territorio. Nella realtà aumentano i disperati e la violenza, i tossici e il senso di inutilità, mentre a dispetto dei 18 milioni di miracolati entrati nella meravigliosa classe media, la forbice economica si allarga sempre di più. Senza contare che i “miracolati” presto si troveranno con un fisso di rate da pagare che li inchioderà al muro, come è successo in altri paesi, USA compresi, anni fa.
Le popolazioni indigene sono considerate ovunque, come lo erano nel periodo coloniale, solo una seccatura. L’ideale per governi del genere sarebbe quello di sterminarle. Vengono buttate fuori dai loro territori e vengono distrutte le loro case, come avviene in Amazzonia. Vengono fatti fuori con droga e malattie. Il crack si sta diffondendo enormemente nei villaggi rurali. In Sudamerica ormai crack e cocaina costano pochi centesimi di euro poiché la produzione è massificata e i governi sono conniventi con i produttori. Molti, in diversi paesi del centro e Sudamerica, sono invece proprio braccati e uccisi dai latifondisti. I più fortunati sono quelli che abbandonano l’orgoglio personale ed etnico per abbassare la testa ed entrare anche loro, buoni buoni, nella fottutissima classe media, se ci riescono. Altri, i sopravvissuti, sono oggetto del turismo etnico, ed essendo le loro tribù ormai ridottissime, si sposano tra parenti generando dei bambini con gravissimi difetti fisici che sono costretti, vista la durezza delle condizioni in cui vivono, ad abbandonare nella foresta, come accade in Perù. Altri ancora sono oggetto di traffico di esseri umani, come accade ad esempio ai confini tra Brasile e Paraguay e tra Brasile e Bolivia.
In realtà le popolazioni indigene sarebbero portatori di conoscenze millenarie che forse potrebbero essere determinanti per la salvezza del pianeta sia sul piano logistico che, ancora di più, su quello umano e spirituale. Gli assassini del XXI secolo, che vengono venduti come i winner della nostra epoca, sono in realtà solo dei poveracci perdenti e inconsapevoli che credono di vincere, nient’altro che un cancro che alla fine distrugge anche l’organismo che lo ospita e quindi se stesso.
I razionali e i cinici probabilmente pensano che quanto ho scritto sia solo frutto di una visione allarmista e che la meravigliosa tecnologia del XXI secolo risolverà tutto. Magari, vorrei che fosse così. Purtroppo invece credo che siano gli assassini del XXI secolo che dovranno aprire gli occhi e guarire anche loro dall’avidità, dalla stupidità e dal bisogno di prevaricazione che si stanno mangiando tutto.
Un mercato nelle Langhe