Alla fine ha parlato il campo, dice così no? Smesso il folklore, i toni da kermesse (con l'inno cantato da Katia Ricciarelli che ormai l'ugola l'ha persa da tempo), è arrivato il pomeriggio di Italia - Nuova Zelanda e il tabellino finale dice 42-10 per gli All Blacks. Ora, una breve premessa non per scatenare la polemica, ma perché o si affronta l'argomento in modo serio o non si impara mai. Ad inizio settimana i mugugni per l'assenza di Richie McCaw e la panchina di Dan Carter, poi l'ufficializzazione del XV di Steve Hansen e la realizzazione del dato di fatto che così seconde linee questi neozelandesi non sono e quindi "speriamo bene..." a poche ore dal calcio d'inizio ed infine il commento del "ma": vincono gli All Blacks, ma gli Azzurri giocano. Ma va? O ancora: 70 minuti da eroi, ma vince la Nuova Zelanda, toh. Insomma: se c'è da discutere di rugby, lo si faccia con stile, di bar sport è piena la penisola: troppo.
Veniamo a noi, al sole di Roma con l'Olimpico e i suoi 73.000 spettatori, clima ideale per giocare e per sguinzagliare dei mastini come racconterà il match e come si avverte nei primi minuti, quando gli ospiti appena hanno possesso lo inoltrano ad Aaron Cruden e Beauden Barrett per calciare profondo: gli Azzurri di Jacques Brunel hanno così la possibilità di passarsi diversi palloni e di costruire più fasi - giustamente si guardano bene dall'imitare gli avversari e si tengono stretto ogni possesso - riuscendo a risalire anche il campo dopo che la difesa avversaria monta di placcaggio in placcaggio. Tutti toccano l'ovale e al 6' si passa per le mani di Leonardo Ghiraldini con una rimessa sui 22: Ali Williams intercetta e Cruden calcia di nuovo. Nella tattica AB c'è il turnover che arriva quando l'uomo viene tenuto in piedi, si forma il raggruppamento che non avanza e l'arbitro Alain Rolland decreta il cambio di possesso: choke tackle alla irlandese, ne subiremo tre in fila prima di capire. Ugo Gori va di offload per Sergio Parisse, i neozelandesi di nuovo sono a difendere nei propri 22 e di nuovo allontanano, ma quando tocca a loro esplorare quella fetta di campo nonsene tornano a mani vuote: portano a casa i primi tre punti dell'incontro al 13'. Da lì a poco arriva la meta di Kieran Read, il Numero 8 capitano per la prima volta nella sua esperienza internazionale, ma nel mezzo c'è il bel gesto atletico del nostro capitano - e dirimpettaio del neozelandese - che serve il compagno con un assist dietro la schiena, scena tipo del playmaker che manda la guardia a schiacciare a canestro in mezzo all'area, ma qui non è così semplice. La meta di Read è il riassunto dei minuti finora trascorsi: mischia che sopraggiunge da un altro turnover, Cruden parte in profondità e cerca il riciclo per Conrad Smith che raccoglie da terra in velocità e si infila nelle linee, sfuggendo a Masi che regolarmente si sposta sulla linea al posto del piccolo Orquera che fa da estremo. La terza linea ospite quindi incrocia nell'uno contro due e fugge sotto i pali al 17'. Si passa presto al 13-0 con il fallo fischiato ad Andrea Masi , ancora salito in linea al posto dell'apertura, per una trattenuta ai danni di Ma'a Nonu.
Il primo quarto si chiude, gli Azzurri non hanno alcuna intenzione di cedere e si ripropongono nel migliore dei modi: stavolta la penaltouche nei 22 avversari è portata a terra da Alessandro Zanni, si passa per un raggruppamento sui 5 metri, gli avanti compiono un lavoro di fino e annusano l'erba dell'area di meta. Destino vuole che i confronti tra la parti in campo passi per un ingaggio: è all'incirca quel pezzo di terra di San Siro, solo nell'altro angolo, ovale fuori e si passa da un lato all'altro, con i Martin Castrogiovanni e Andrea Lo Cicero che vanno a pulire il punto d'incontro, i centri che si uniscono alla trincea avanzate, quindi si torna dalle parti di Luciano Orquera che serve l'assist giusto ad Alberto Sgarbi, placcato da Cruden, ma abile ad allungare l'ovale in try zone.
Ci si diverte e si tira un sospiro di sollievo quando Hosea Gear perde il contatto con il pallone sull'intervento di Mirco Bergamasco mentre è lanciato in fondo. Per l'Olimpico ci sono dei mastini in giro: Simone Favaro e Francesco Minto oltre i già citati Zanni e Parisse, mentre Ghiraldini si offre da testa di ponte nelle giocate ravvicinate. Gori e Orquera dopo qualche trasmissione stentata di inizio gara hanno i ritmi giusti, Sgarbi di piede serve Bergamirco lasciato tutto solo sulla sua fascia e che entra nei 22 e serve un pallone all'interno, peccato passi di lì una maglietta tutta nera. Con Julian Savea e Liam Messam i neozelandesi potrebbero colpire di contropiede, ma il resto dei compagni non tiene il piede sull'acceleratore e l'Italia si organizza in difesa, contesta e rallenta: non si annotano nemmeno particolari momenti del mediano Aaron Smith, nel suo raggio d'azione fuori dalle ruck c'è sempre qualche lunga leva a infastidirlo.
Si fa notare invece eccome Gori, autore di una bella prestazione, quando l'orologio scorre verso la fine della prima frazione e trova il varco per esplorare i 22: gli si para di fronte Nonu che nemmeno lo porta a terra, gli va addosso di peso più che altro e il mediano azzurro ha così la possibilità di riciclare, ma non ha sostegno alle spalle e sarebbe stato invece il gran colpo per far sbiancare gli AB. I quali tentano di chiudere in attacco, ma perdono l'inerzia. Giovanbattista Venditti mette il fisico per non essere spinto fuori quando il 40' è andato e l'operazione offensiva azzurra prosegue. Fotogrammi che si lasciano guardare volentieri.
Il secondo tempo è quello che decide il bottino per la Nuova Zelanda: si ripresenta con una serie di pick & go o ripartenze assistite finché Nonu di grabber prova a servire Barrett con Masi costretto a tenere un occhio su due avversari, muovendosi da centro quando c'è da difendere, ma alle spalle Orquera fa buona guardia e raccoglie il rimbalzo priva che sopraggiunga l'estremo. Keven Mealamu lascia il campo per guaio fisico, entra Dan Coles. Il ritmo rimane alto - non altissimo -, Gear taglia in mezzo e viene braccato da Favaro e Parisse, Ghiraldini infila la mano sulla traiettoria di un ovale e Rolland assegna calcio di punizione che Cruden spedisce tra i pali - ami fare gli schizzinosi: dicesi rispetto - per il 16-7. La back row azzurra cambia nei volti e anche nella sostanza con l'ingresso di Robert Barbieri per Favaro (mostruoso il workload difensivo del seccondo, non all'altezza il primo), difatti gli AB vanno infine in meta con Nonu: rimessa, il solito Smith si offre di fare il regista aggiunto ed è tutto veloce perché le maglie italiane coprano i buchi.
Il risultato finale è ancora lontano dal prendere la sua fisionomia perché l'Italia gioca la sua partita, con tutti i suoi uomini schierati e porta a casa almeno un drop di Orquera ma purtroppo pur provandoci si ferma lì: complici degli avversari che regalano un paio di possessi, trova con Tobias Botes allo scoccare dell'ultimo quarto (entrato per Gori) una giocata da incorniciare sull'up & under che il mediano però non riesce ad afferrare.
Le prime linee innestano forze dalla panchina da una parte e dell'altra, in più entra Cory Jane al posto di Barrett estremo. La sceneggiatura segna il cambio di passo: i loro cambi hanno una marcia in più dei nostri e quelli che sono rimasti in campo tra gli Azzurri hanno oramai la lingua fuori. Zanni esce per Mauro Bergamasco. Se al 66' l'Italia perde una rimessa sui 22 avversari, tre minuti più tardi Sam Cane riesce ad andare oltre al placcaggio, si ritorna all'interno con Savea che serve Jane ed è 30-10. Sono ormai trascorsi i settanta minuti ma a rugby se ne giocano ottanta: non i nostri, tornati ai tempi in cui si dava tutto prima e non c'era nulla per fermare le goleade finali. In occasione di una mischia con nostra introduzione sui nostri 5 metri, Botes finisce addosso a un compagno, il passaggio fuori non è dei migliori, l'ovale cade e Cruden con la punta del piede lo sospinge in area di meta, tuffandosi per schiacciare e nel contempo il mediano azzurro prova a porre rimedio e i due toccano la palla contemporaneamente. Per il TMO non è meta, ma nel finale arriva la doppietta di Savea.
Agli occhi dei commentatori stranieri è "All Blacks rule in Rome" ed "ease past Italy", ma anche "sloppy All Blacks" come segnalatoci dal fido lettore Alberto: fa piacere l'attacco del pezzo, "Italy tends to bring out the ugly in the All Blacks". Grazie per il complimento.
A fine match, C.Smith - scelto come Man of the match - afferma che il risultato è maturato con un lungo trascorrere dei minuti e dalla conferenza stampa giunge voce che lo staff tecnico neozelandese si sia complimentato per l'Italia per la fisicità mostrata (Smith dice anche "ma alla fine abbiamo vinto", da sottolineare bene: come detot, a rugby si gioca ottanta minuti e gli ultimi dieci valgono quanto gli altri). Gli Azzurri giocano fin che ne hanno, gli All Blacks vincono perché ok son superiori,ma vincono largo perché giocano tutti gli ottanta minuti, tenendo al limite il piedino sollevato nei primi dieci e non mai nel finale. Fanno 19 risultati utili consecutivi, 18 dei quali sono successi e ora vanno a fare i conti con il motivo per cui sono arrivati al Nord: Galles e soprattutto Inghilterra. A proposito, l'Australia ha espugnato Twickenham. Giusto in tempo per la trasferta a Firenze.