Un vero blocco-Treviso quindi, su cui si innestano un paio di giocatori che giocano all’estero e 7 degli Aironi. Una cosa che non stupisce e non fa (o dovrebbe) fare notizia, visto l’andamento delle due nostre franchigie da cui arriva il 95% del gruppo azzurro.
Però c’è quel paradosso di cui dicevo all’inizio. Prendete il pacchetto di mischia: prima linea trevigiana, terza linea praticamente trevigiana. E in seconda linea? La coppia Aironi formata da Geldehuys e Bortolami. E qui le cose un po’ stridono. Perché a quel punto si poteva fare il passo in più e vestire di biancoverde anche la seconda linea: avremmo avuto un pack che gioca a memoria, che sa benissimo cosa fare anche a occhi chiusi, abituato a lavorare insieme da anni e che non avrebbe sbagliato praticamente nessuna chiamata. Intendiamoci, la mia non è una bocciatura tout-court di Bortolami o Geldenhuys. Sono due ottimi giocatori, non “rubano” il posto a nessuno. Però in questo momento particolare Van Zyl e Pavanello sembrano poter dare maggiori garanzie e attraversare un migliore momento di forma. E sotto questa luce diventano poco comprensibili le scelte fatte per quanto riguarda Van Zyl: forse il miglior azzurro visto in campo a Parigi (tanto da entrare nel XV ideale di Planet Rugby) e poi relegato a 23° contro l’Inghilterra e ora non convocato con l’Irlanda. Posizione che lo rende praticamente inutilizzabile per la nazionale ma anche per il club (Treviso parte nella tarda mattinata di mercoledì per il Galles in vista della sfida di giovedì sera con gli Scarlets per il Pro12).
Dice, ma questa è la nazionale, non il Benetton. Verissimo. Però in tanti sport il blocco legato a una squadra di club è una cosa ricorrente. E pure nel rugby. Giusto l’Irlanda pochi anni fa aveva un pacchetto di mischia composto praticamente solo da giocatori del Munster. Oggi non è più così, ma perché le scelte che vengono fatte vanno a premiare (quasi sempre) gli atleti migliori. Io di rugby ci capirò poco, pochissimo, ma in questo momento uno come Van Zyl non lo toglierei mai. Lo dico a bassissima voce, ma la paura è che il famoso “Manuale Cencelli” sia arrivato anche nel rugby.