Echoes per me è la versione del Live at Pompeii (1972), concerto registrato dai Pink Floyd nell’anfiteatro degli scavi archeologici vuoto, presenti solo i tecnici e la band. Il primo piano delle mani di Richard Wrigth sulle tastiere, David Gilmour che, a torso nudo, tira fuori dalla sua Fender Stratocaster sonorità e suggestioni incredibili. Per associazione, è anche Roger Waters che picchia il gong in A saucerful of secrets, mentre il sole sta tramontando alle sue spalle, o Nick Mason che perde la bacchetta durante l’esecuzione di One of these days e riesce a recuperarne un’altra senza perdere neanche un colpo.
Ho scovato su youtube, scoprendo poi di essere arrivato buon ultimo, una versione adattata al finale di 2001: Odissea nello spazio, film-capolavoro di Stanley Kubrick, uscito nelle sale nel 1968, tre anni prima della pubblicazione di Meddle, l’album che contiene i 23 e passa minuti della suite forse più nota dei Pink Floyd. Il regista americano aveva chiesto di potere utilizzare come colonna sonora canzoni tratte dai loro primi due album (The piper at the gates of down, 1967; A saucerful of secrets, 1968), ma la band rifiutò: “l’errore più grande cha abbiamo mai commesso”, avrebbe in seguito dichiarato Waters.
Echoes e 2001 presentano parecchie sincronie, rilevate da tempo, ma Waters ha sempre sostenuto la tesi della loro casualità. Eppure, in alcune parti, il film sembra combaciare perfettamente con la canzone, suscitando angoscia e spiazzamento. Non so trovare altre parole per descrivere l’effetto dell’associazione tra la musica dei Pink Floyd e il cinema di Kubrick.