Gli elefanti e le scorciatoie, quando il futsal si affretta lentamente

Creato il 03 aprile 2015 da Shefutsal
Il free press “Leggo” rappresenta da quattro anni il mio aggiornamento cartaceo quotidiano, quello che mi accompagna ogni mattina a lavoro, prima di puntare gli occhi sullo schermo di un pc. A volte le aziende acquistano la prima pagina di “Leggo” per farsi pubblicità e così il free press si camuffa più o meno astutamente, in una brochure pubblicitaria. Tolto l’abito fatto di parmigiano reggiano, carciofi, mele, detersivi e biscotti in straordinaria offerta promozionale solo per pochi giorni, restano le informazioni di attualità.
Ieri però c’era una cosa diversa nella prima pagina di “Leggo”: un’immagine divisa in due. Nella parte bassa la foto di un'assolata Piazza del Campidoglio a Roma piena di ragazzini sorridenti, e nella parte alta le scritte: “Trofeo delle Regioni, 1-6 aprile 2015 Roma” con il logo di una famosa marca di cioccolato al latte. Quindi la spiegazione: “Iniziato a Roma, in piazza del Campidoglio, il Trofeo delle Regioni. Torneo di basket per rappresentative regionali under 14 maschili ed under 15 femminili”. Insomma la FIP ora comunica così, scegliendo un media popolare e generalista per un evento di basket giovanile.
Ad ottobre scorso la nazionale italiana di pallavolo femminile ha fatto battere il cuore di mezza Italia, prima ancora che per i risultati, per le strategie di marketing e comunicazione che hanno accompagnato le azzurre nell’avventura mondiale. L’hashtag della @Federvolley #conleazzurre è stato il più utilizzato su Twitter nel mese di ottobre, personaggi famosi dello spettacolo lo hanno utilizzato per incoraggiare Del Core e compagne, Chirichella è diventata la “fidanzatina” d’Italia, Renzi si è scattato un selfie con le pallavoliste. Insomma di volley femminile se n’è parlato eccome, eppure la nazionale italiana non ha vinto nulla … forse. Sbagliato: ha vinto lo stesso. Ha vinto in simpatia, la vinto in notorietà, ha vinto in semplicità, allegria, coesione, volontà, spirito di gruppo. Tutti valori positivi che sono emersi dal mondiale azzurro e che sono stati trasmessi agli italiani (anche i non appassionati), attraverso un’ottima campagna di comunicazione. Alla FIPAV non c’è un trofeo in più in bacheca, ma arriverà, perché il mondiale di Piccinini e compagne ci ha trasmesso sensazioni e valori positivi che nel medio-lungo periodo nutriranno la crescita del volley femminile italiano. La vita di uno sport è un circolo pluriennale: se è virtuoso si autoalimenta, se è vizioso prima o poi collasserà e se ristagna, puzza.
Basket e volley in Italia sono i maggiori degli sport minori, considerato che prima c’è il calcio e poi tutto il resto. Sport minori come il mio amato futsal, che per avere un raggio di sole dovrebbe essere più bravo degli altri. Le Final Eight di calcio a 5 sono state bellissime, ma farle per il terzo anno consecutivo in un territorio già molto ricettivo al futsal, ti nega l’opportunità di allargare gli orizzonti, magari in regioni popolose come Piemonte, Lombardia, Toscana, in cui non si mastica futsal come in Abruzzo, o peggio, non si mastica futsal FIGC-LND. Scelte coraggiose non fatte o rimandate. Intanto basket e volley si vestono a festa e fanno parlare di loro l’Italia che va a lavoro, che sbircia sui social, l’Italia che non li cerca e se li ritrova tra le righe, sotto casa, davanti al pc. Sono belli, simpatici, dinamici, coraggiosi, intraprendenti, semplicemente moderni. Chissà se un giorno le sponsorizzazioni della Divisione Calcio a 5 si trasformeranno in partnership ed in co-marketing e se il futsal riuscirà ad inserirsi in un circolo virtuoso, a comunicare con l’Italia, a mettere il naso fuori dalla propria nicchia, specialmente ora che c’è la nazionale femminile.
E a proposito di nazionale, quando guardando, l’autunno scorso, le partite delle azzurre di Bonitta, mi faceva piacere sentire i nomi di Chirichella, Centoni, Del Core, Arrighetti, Lo Bianco; tutte italiane. Stessa sensazione pochi giorni fa, guardando la nazionale di Conte, con Barzagli, Immobile, Bonucci, Verratti. Ma perché nella nazionale italiana di futsal maschile di italiani ce ne sono a malapena 3-4? “Se non fai giocare gli oriundi non vinci nulla” o “Se non fai giocare le oriunde prendi 10 gol a partita” è lo sventurato mantra che circola tra gli addetti ai lavori. Il problema è che ognuno raccoglie quello che semina ed uno sportivo lo sa bene e si allena il doppio, il triplo per raggiungere i propri ambiziosi obiettivi. Ai vertici, questo dovrebbe diventare uno stimolo per fare maggiore formazione tecnica e dirigenziale, marketing strategico, eventi nei “territori da conquistare”, progetti innovativi rivolti alla base. Le scorciatoie ci sono sempre e funzionano nel breve periodo, ma davvero non si può fare a meno di percorrerle? Se qualche non addetto ai lavori mi chiedesse ingenuamente perché nel futsal azzurro ci sono tutti oriundi, dovrei dire: “perché sono più bravi degli italiani e comunque siamo Campioni D’Europa”. C’è di che esserne fieri? Questione di sensibilità. Questione di numeri, di potere, di soldi e di immagine.
La nazionale italiana di calcio, di basket, di futsal, di tamburello, di hockey, di bocce è “quel sogno che comincia da bambino” (cit.), è appartenenza, è cultura; non può essere un foglio di carta che certifica una parentela lontana e fino ad ora ignorata, seppur con tutto il valore riconosciuto dalla legge. Nazionalità e Nazionale devono seguire logiche differenti. Ridistribuire le maglie delle squadre nazionali in base all’abilità di trovare le carte giuste in vecchi archivi, non è sport, ma assomiglia più ad un amaro “doping” burocratico. Il 12 aprile, dopo l’ultima giornata della serie A di calcio a 5 femminile, la Divisione Calcio a 5 ufficializzerà le convocazioni del ct Menichelli per il quarto raduno della nazionale femminile. In bocca al lupo.

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