Delegazione da Sharjah @Fiera di Francoforte 2012 (fonte: Facebook)
Il panorama editoriale arabo è cambiato negli ultimi decenni e molto sta cambiando proprio ultimamente.
Dalla fine degli anni ’80, l’importanza dei mercati di Iraq, Sudan, Libia e Algeria (gli Stati più popolosi del mondo arabo) è lentamente venuta meno per le note problematiche di politica interna di questi Paesi, allo stesso tempo è aumentata la dipendenza delle storiche regioni “regine” del panorama editoriale della regione, Beirut e Il Cairo, dai mercati della penisola arabica, Arabia Saudita ed Emirati in testa.
E tra gli Emirati spiccano senza ombra di dubbio Sharjah e Abu Dhabi, micro-Stati ma con possibilità di ingenti capitali da investire, la cui potenza si esercita non solo attraverso il potere economico e finanziario, ma anche tramite quello culturale. Fiere internazionali del libro, nuove tecnologie, digital content, società della conoscenza e finanziamenti ad istituzioni culturali sono solo alcune delle direttive verso cui gli EAU si stanno muovendo in questi anni. Dappertutto nel mondo.
Lo stand dedicato a Sharjah
In questi giorni, infatti, gli organizzatori della Fiera Internazionale del libro di Sharjah* e della Fiera Internazionale del Libro di Abu Dhabi sono presenti con le loro delegazioni – in bella vista grazie a dei magnifici stand – alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte, la più grande, prestigiosa e animata fiera libraria del mondo.
In occasione della Buchmesse, il nuovissimo Sharjah Research Centre ha presentato due saggi, sull’editoria e sulle abitudini di lettura negli Emirati, entrambi finanziati dalla Fiera del Libro di Sharjah e dall’associazione degli editori degli Emirati. I due rapporti testimoniamo senza dubbio la vocazione locale dell’emirato che intende affermarsi nel mercato editoriale regionale.
Book publishing in the UAE, è un’ analisi della neonata industria dell’editoria degli EAU, molto presumibilmente preparata allo scopo di presentare al meglio i numeri e le statistiche dell’editoria per i palati degli investitori stranieri, anglofoni in testa.
Il secondo saggio, Reading Habits in the UAE , è invece un rapporto stilato sulla base di 500 interviste condotte durante la scorsa fiera di Sharjah, e ha l’obiettivo di individuare i profili dei lettori dal punto di vista della loro istruzione, delle prospettive di carriera e della dimestichezza con le nuove tecnologie.
Il report viene messo a confronto con un analogo saggio, pubblicato nel 2007, dal titolo What Arab reads che analizzava le abitudini di letture degli abitanti di 9 paesi: Egitto, Libano, Tunisia, Marocco, Arabia Saudita, Algeria, Giordania, Palestina e Siria.
I numerosi panel e seminari mirano proprio a far conoscere le illimitate opportunità di fare rete e fare “business” che il governo di Abu Dhabi e la fiera vogliono offrire al panorama editoriale internazionale, nonché le opportunità editoriali presenti nel Golfo e nel Medio Oriente.
L’attenzione per i dettagli d’altronde si può vedere anche dal modo con cui le due istituzioni fieristiche si mettono in contatto con il proprio pubblico: siti bilingue dalla grafica moderna e accattivante, account Facebook, Twitter, Google+, Youtube (!), sempre attivi, aggiornati e creativi.
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E questo è il mercato, bellezza! Anche se si tratta di industria culturale, forse la più delicata di tutte. Perchè non coinvolge solo capitali, mercati, investimenti, ma l’anima e il cuore dei suoi investitori più importanti: i lettori.
*La prossima Fiera di Sharjah, fiore all’occhiello del dipartimento della Cultura (la più antica istituzione culturale ufficiale degli Emirati, fondata nel…1981!) si terrà dal 7 al 17 novembre.
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Bibliografia: Il libro e la città. Beirut e l’editoria araba, di Franck Mermier, Mesogea, 2012 (di prossima mia recensione, inshallah)