Come avevo già menzionato in un post precedente, qui tutti gli esami sono scritti. Personalmente non sono molto favorevole a questo sistema, specialmente a giurisprudenza, dove le abilità retoriche sono importanti. Per quanto ho capito, siccome qui gli studenti hanno il sacrosanto diritto di contestare il risultato dell'esame, ciò sarebbe molto più difficile nel caso di un esame orale, e poi lo scritto è anche una forma di autotutela da parte degli insegnanti che in questo modo riescono a difendere e giustificare meglio la loro posizione (cioè il voto). Io però credo che l'esame orale, nonostante apparentemente più soggettivo, in realtà sia un metodo più efficiente di valutare il grado di preparazione dello studente. Lascia molto meno spazio a fraintendimenti e permette all'esaminatore di verificare se lo studente capisce quel che dice o solo l'ha imparato a memoria. Semmai può avere un senso combinare i due metodi, perché certamente la scrittura è importante, ma avere soltanto esami scritti a giurisprudenza mi sembra pura follia. Comunque per fortuna i seminari offrono spazio per valutare le abilità orali degli studenti, dato che qui non sono tanti (circa 150 iscritti all'anno a giurisprudenza), e questo compensa un po' l'assenza di esami orali.
Nel caso del corso di lingua svedese, alla fine del quale ho potuto dare un esame da studente, prima dello scritto c'è stata anche un "oral presentation", ma non so questo in che misura abbia influenzato il voto finale. Credo che il voto finale sia fondato solo sullo scritto, e all'orale bastava la sufficienza per poter poi fare lo scritto. Ma la cosa interessante da raccontare è l'organizzazione degli esami scritti. Al campus esistono delle aule apposite per gli esami, le c.d. sale di scrittura o skrivsalar, nelle quali i banchi sono tutti singoli (vale a dire per una sola persona), messi in fila precisa, come vedete anche nella foto sopra. In una sala si svolgono più esami contemporaneamente, anzi è proprio una regola che in ogni fila ci sono studenti provenienti da facoltà diverse. Infatti, quando sono arrivata in aula, un po' all'ultimo, mi sono seduta all'unico posto che era ancora libero, e solo quando ci hanno distribuito i fogli mi sono resa conto di trovarmi nella fila sbagliata. Erano domande di biologia! (Infatti, mi sembrava strano che fossimo in cinquanta a dare l'esame di svedese...)
Ma ci sono state anche altre cose che mi hanno colpito. Davanti a ogni sala di scrittura c'è un'anticamera dove ognuno deve lasciare la giacca e la borsa, e da qui si accede a un bagno, così che gli studenti non debbano (e non possano) allontanarsi se devono fare i loro bisogni, cosa che può facilmente capitare, dato che l'esame dura sempre cinque ore. E non pensate che duri cinque ore perché ci sono così tante domande a cui rispondere o così tanti compiti da risolvere, ma è di nuovo la conseguenza dei diritti sacrosanti dello studente. Io dopo un'ora avevo già finito, e non sono stata neanche la prima a consegnare. Poi, a sorvegliare lo scritto non sono dei professori, e neanche dei dottorandi, ma semplice personale amministrativo. Quindi non c'è nessuno a cui chiedere un eventuale chiarimento su una domanda.
Per quanto riguarda i voti: dipende dal corso di laurea. In ogni caso sono massimo tre (oltre a quello dell'insufficienza). Quindi generalmente: G (che sta per "buono) e VG (che sta per "ottimo"). A voi italiani non lo devo dire che è un sistema di voti estremamente limitante che non permette la giusta differenziazione tra gli studenti, la cui preparazione è molto più variegata di due semplici gradi.
Devo dire che per me pure il sistema italiano era sembrato strano all'inizio, nel senso opposto. Trenta voti mi sembravano troppi, ma poi mi ci sono abituata (anche perché alla fine in realtà sono solo tredici, dal 18 in su, quattordici se consideriamo anche il trenta e lode). So che sono trenta perché in teoria una commissione di esame dovrebbe essere composto di tre membri e ognuno di loro può dare fino a dieci punti. (il voto usato nelle scuole inferiori). E alla fine mi sono trovata bene con il sistema italiano. Ho dato pure tanti ventinove, ed è un voto che difendo sempre, non accettando la teoria che ne fa una questione di principio, dicendo che dare un ventinove è brutto.
In Ungheria i voti invece sono solo quattro (1 è insufficiente, e poi da 2 a 5), questo dagli elementari fino all'università. Quindi, vedete, in Italia ho dovuto imparare a fare più differenziazione, qui invece mi devo limitare ancora di più che in Ungheria... Anche se nel caso di uno scritto il voto è il risultato di un calcolo matematico, più che di una valutazione complessiva. Infatti, siccome non ho avuto ancora un corso tutto mio in questo primo semestre passato a Örebro, ho soltanto dato due domande al titolare del corso in cui avevo fatto diverse lezioni e ho corretto le risposte (di 45 studenti).
Insomma, per ora ecco tutto. Magari alla fine dell'anno accademico potrò fare valutazioni più accurate...