Pubblicate dalla metà degli anni Quaranta, le storie dell’Asso di Picche lasciavano intravedere le grandi capacità, per certi aspetti ancora acerbe, dei giovani creatori Alberto Ongaro e Hugo Pratt. In questo articolo, il presidente dell’Anafi Paolo Gallinari analizza piccole incoerenze, sviste e tratti di stile riscontrabili a un’analisi attenta degli albi.
I numeri di pagina forniti da Gallinari nel testo fanno riferimento al volume L’Asso di Picche dall’Argentina, curato dallo stesso Gallinari e da Gianni Brunoro e pubblicato dall’Anafi.
Le stranezze dell’Asso di Picche
[Articolo pubblicato originariamente su Fumetto n° 86/2013 a firma di Paolo Gallinari.]
Cominciamo dalle storie edite e a più riprese ristampate in Italia. Pur restando alla sola prima serie, si può notare come il lavoro dei ragazzi dell’Asso di Picche (eh, sì, perché tali erano dal punto di vista anagrafico, anche se le esperienze trascorse certamente ne avevano accelerato la maturazione, come del resto quella di molti loro coetanei) abbia risentito di una certa qual approssimazione dal punto di vista editoriale ed organizzativo.
Qualcuno si sarà forse accorto, frequentando le bibliografie o gli elenchi che si possono trovare numerosi anche in vari siti web, come alcuni dei titoli delle prime sei avventure a volte vengano riportati in modo differente dai diversi estensori; ma non si tratta di pressapochismo o distrazione dei volonterosi operatori (solitamente scrupolosi collezionisti), bensì di peccato originale.
Procediamo con ordine. Al termine del n.1, nell’ultima pagina della storia, troviamo l’annuncio del successivo n.2, indicato come Nel covo delle Pantere, mentre sul retro dell’albo lo troviamo scritto Il covo delle Pantere!; sennonché, il titolo che campeggia in copertina del n.2 (e all’interno del riquadro con il riassunto della puntata precedente) è Il Covo delle “Pantere”. Va beh, una disattenzione, una di quelle che capitano a chi è alle prime armi, e che di solito scompaiono con l’esperienza. Ma l’allegra compagnia dell’Asso non demorde: nello stesso n.2, l’annuncio in ultima pagina dell’episodio seguente lo intitola Le tombe dei Molog, mentre il titolo che effettivamente campeggia sulla copertina del n.3 è Le tombe dei Mogol.
In realtà, passeranno diversi numeri della rivista veneziana prima di ritrovare un errore di questo tipo, segno che nel frattempo i ragazzi sono cresciuti e il loro Albo Uragano è migliorato; ci ricascano alla fine del n.17, quando viene annunciato il titolo dell’episodio seguente, ovvero Il Gran Ko-Hi- Noor, ma basta andare alla prima vignetta del n.18 (in copertina non viene citato il titolo dell’avventura) per trovare il “vero” titolo, La luce del Koh-i-Noor.
Invero, fra le stranezze di questo periodo va citato anche il mistero della copertina originale del primo Albo Uragano, esistente in due edizioni differenti (come riportato a pag.193 del volume L’Asso di Picche dall’Argentina): quella più comunemente vista e ristampata, con il fondo della parte superiore in colore rosso, il titolo in rosso su fondo bianco e la carta dell’asso di picche nella parte destra, e quella più rara, con il fondo della parte superiore in colore azzurro, il titolo in bianco su fondo rosso e senza carta nella parte destra; inoltre, nella prima compare in alto a destra uno scorcio di palazzi cittadini, speculare a quello che sta in basso a sinistra. Pur interpellando diversi collezionisti e testimoni dell’epoca, non siamo riusciti a sapere per certo quale sia stata la prima e quindi originale copertina dell’albo (ogni collezionista, infatti, opta per considerare come originale la copia in suo possesso…), né per quale motivo ne esistano due versioni: sia ipotizzando una seconda tiratura, sia sospettando una contraffazione, non si spiega il perché di due copertine diverse. Dal punto di vista tecnico e grafico, tuttavia, appare più convincente pensare che la seconda tiratura sia quella con la copertina di prevalente colore rosso, in quanto gli elementi differenti sono in aggiunta rispetto all’altra; inoltre, viene naturale pensare che, magari per sfruttare il successo del personaggio Asso di Picche, se ne sia voluta sottolineare la presenza con l’aggiunta della carta omonima in una successiva versione della copertina.
Passiamo ora ad esaminare invece alcuni aspetti interessanti scovati nel corso della lettura degli episodi inediti, a suo tempo pubblicati su Salgari in Argentina e riediti nel nostro recente volume.
Poiché non ci facciamo mancare niente, ecco l’ultima chicca, una piccola distrazione di un testo narrativo che ormai si avvia a diventare maturo e avvincente: a pag.102, Dario Kaievic (colui che prima conoscevamo come Daria Kaievna) raggiunge Shanghai con uno dei superstiti della banda dei falsari, e, lasciato l’aeroporto, i due si dirigono nientemeno che… al quartiere cinese (nel testo originale spagnolo, la parte china)!
Naturalmente, il contenuto di questo articolo non intende in alcun modo sminuire l’opera del gruppo dell’Asso di Picche, anzi, semmai vuole incoraggiare tutti coloro vogliono ingaggiare la propria personale sfida con la narrazione di storie a fumetti: anche i grandi autori hanno avuto un percorso che li ha portati nel corso degli anni a migliorare il loro prodotto, da un inizio magari incerto a risultati magistrali e a vette artistiche quali quelle raggiunte da Ongaro e Pratt.
Ma ogni tanto è divertente anche prenderli un pochino in giro!
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