Abbiamo detto che nelle economie antiche l’oro, i preziosi ed altri beni considerati rari (o particolarmente belli) assunsero la funzione di moneta.
Un minimo volume facilmente trasportabile come un piccolo pezzo d’oro bastava per pagare una mandria di bestiame, un raccolto di grano o un intero rotolo di seta.
Un sistema di pagamento ideale perchè era maneggevole e duraturo e non degradabile come le precedenti merci di baratto.
Per evitare di dover pesare ogni volta i pezzi di metallo che venivano scambiati con le merci, venne inventato il conio dei metalli che era una garanzia data da un’ente credibile (o dallo Stato). Si creava così una moneta di una determinata forma, materiale e peso che garantiva che quel pezzo fosse esattamente del valore indicato nella punzonatura.
Lo Stato, quale massimo garante dell’economia di quel territorio, diventò subito (e per legge) l’unico ente autorizzato a battere moneta tramite le proprie zecche. Quale unico autorizzato, iniziò ben presto a barare sul peso delle proprie monete (soprattutto quando aveva bisogno di denaro per coprire le proprie immense spese), le monete cominciarono a perder peso e contenere una quantità di oro (o di altro metallo) diversa da quella dichiata sulla facciata o ad essere forgiate da una lega di più metalli più economici (per giustificare l’inghippo dicevano che l’oro e l’argento erano troppo teneri e da soli tendevano a consumarsi e rovinarsi facilmente).
Di conseguenza a questo fatto, i commercianti, accorgendosi del trucco attuato dallo Stato, controllavano il peso del metallo contenuto nella moneta, ne valutavano il vero valore ed aumentavano di conseguenza i prezzi.
Per dare una idea del fenomeno, possiamo dire che, già che al tempo delle guerre puniche, l’aes (una unità monetaria del tempo) era fatto con 333 grammi di rame, ma già al tempo di Cicerone (solo 150 anni dopo), era diventata una moneta di soli 31 grammi di rame; un secolo dopo, ai tempi di Caligola, l’aes era ridotto ad una monetina di pochi grammi. Siamo arrivati alla prima forma inflazionistica della storia, la diminuzione del potere d’acquisto della moneta nasce dunque, come in questo caso, per la diminuzione del proprio valore intrinseco.
Le banche
Dopo il medioevo, con la ripresa degli scambi commerciali in terre lontane, nasce l’esigenza di trasportare grandi quantità di denaro.
La seconda grande rivoluzione avvenne allora quando alcuni governi si offrirono di tenere al sicuro, nei propri depositi, l’oro e gli altri preziosi che i commercianti avevano accumulato, rilasciando in cambio un certificato nominativo o al portatore, che rappresentava esattamente la quantità di oro depositata presso le loro casse.
L’Inghilterra di George I per esempio, accolse gli ingenti patrimoni di numerosi commercianti ebrei esuli dalla Francia, offrendo loro le più ampie garanzie di sicurezza e di stabilità che hanno dato origine alla tradizione bancaria e commerciale dell’Inghilterra.
Questi certificati potevano essere spesi girandoli ad altri commercianti che, in qualunque momento, potevano andare
Altri nobili inglesi si offrirono per rendere lo stesso servizio presso i propri castelli a costi molto inferiori, favorendo, così, un vero e proprio esodo di capitali verso l’Inghilterra.
A questo punto gli inglesi si accorsero che tutto quell’oro depositato presso le proprie casse poteva essere sfruttato. Pensarono allora che se fosse rimasto per un periodo di tempo definito per contratto, avrebbero potuto emettere certificati a tempo e prestare quel denaro a chi ne avesse fatto richiesta offrendo ovviamente solide garanzie di restituzione. Furono ovviamente coinvolti anche i depositanti ai quali, invece di chiedere una somma per il deposito, fornirono un interesse sulle somme depositate.
Questa movimentazione di grandi capitali diede origine anche alla prima industrializzazione del paese.
Nacquero così le prime banche e non tardarono ad accorgersi della grande possibilità di accettare in deposito non solo oro o altri preziosi, ma anche certificati emessi dalle stesse e dalle altre banche così da utilizzare questi stessi titoli per concedere prestiti.
Avevano valutato che il rischio che i depositanti si presentassero a ritirare a breve il deposito versato era assai improbabile, si accorsero che la quantità di prestiti che si potevano emettere era tanto più grande quanto più si poteva aumentare il denaro in circolazione.
Questa dinamica diede alle banche una forte indipenzenza dal valore depositato, perché emettendo note di credito su note di credito, di fatto essa creava vero e proprio denaro.
Il termine banconota nasce proprio per indicare una nota di credito. Essa è emessa da una banca come carta recante da un lato l’importo espresso del credito e dall’altra (proprio come avviene nelle cambiali e negli assegni) lo spazio riservato alle girate dei relativi possessori.
Nasce la banconota
Alcuni certificati cominciarono ad essere emessi senza l’indicazione del n
Nasce così la moneta cartacea, che fino a poco fa portava stampata una frase chiarissima:
pagabile a vista al portatore
(molti la ricorderanno perché erano citate fino agli ultimi anni della lira).
Questa frase riguardava questa antica funzione di equivalenza tra una nota di credito (banconota) e valore materiale (oro) ma che da parecchi decenni era divenuta del tutto falsa.
Con l’avvento dell’euro questa dicitura è stata eliminata (forse per eliminare del tutto il rischio che ci si accorgesse della truffa in atto) perché non è mai stato realmente possibile presentarsi agli sportelli della Banca d’Italia e pretendere il pagamento in oro o altri preziosi della somma indicata sulla banconota.
La grande truffa
La truffa dello Stato e delle banche ai danni dei cittadini inizia proprio da qui: da questa innocua scritta che compariva e che compare ancora su molte banconote del mondo; chi ancora crede che la base della moneta cartacea sia fondata sull’oro, si tolga subito questa idea dalla testa In realtà non vi è più alcuna corrispondenza tra la moneta circolante ed oro o altri preziosi depositati presso le casse dello Stato.
Secondo il famoso economista J. Maynard Keynes, padre delle moderne teorie economiche applicate da quasi tutti i governi mondiali, negli anni ’30 tutto l’oro del mondo non superava le 50.000 tonnellate, oggi tutte le riserve auree non superano le 200.000 tonnellate. Eppure il corrispettivo in oro di tutte le banconote (e gli equivalenti monetari) che girano per il mondo ammonta a un corrispettivo di ben 75.000.000 di tonnellate di oro (in pratica 74.800.000 di tonnellate di oro non esistono).
Infatti subito dopo questa crisi vennero emanate leggi in tutti i paesi del mondo che vietavano la conversione delle banconote in oro e che al tempo stesso consentivano solo allo Stato di emettere banconote aventi valore legale (nonostante questo è rimasto però un legame tra l’emissione di banconote e l’oro).
Al termine della seconda guerra mondiale, a Bretton Woods, gli Stati del mondo disegnarono un nuovo sistema monetario. In questo nuovo sistema, tutte le monete erano convertibili nel dollaro e solo questo era convertibile in oro. Fu istituito anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI), con lo scopo di venire in soccorso a quei paesi che non potessero sostenere la parità determinata a Bretton Woods tra le monete.
Questi accordi ebbero principalmente tre conseguenze:
- Gli Stati Uniti cominciarono a stampare più dollari che giornali, dato che era la loro moneta a garantire l’equilibrio del sistema.
- Tutti gli Stati del mondo costituirono riserve per l’emissione di banconote utilizzando dollari e cedendo oro (all’inizio degli anni Settanta l’80% delle riserve valutarie di tutti gli stati del mondo erano costituite da dollari).
- Il FMI controllava le politiche economiche di tutti i paesi del mondo attraverso il ricatto della leva monetaria.
Stati Uniti ed Inghilterra avevano contribuito con l’80% di propri versamenti alla costituzione del FMI e di conseguenza ne condizionavano l’attività.
Il sistema resistette senza grossi problemi fino al 1970, ogni tanto il FMI interveniva ad aiutare (si fa per dire) i paesi in difficoltà con il cambio della propria valuta, obbligandoli a politiche keynesiane per renderli più docili e sottomessi agli interessi delle potenze occidentali.
I paesi dell’Occidente che avevano riserve in gran parte costituite da dollari, cercarono di cambiare questi dollari e farsi restituire l’oro custodito nei forzieri di Fort Knox, per poter fare fronte ai propri debiti. Ma gli americani non avevano oro a sufficienza, dato che già allora il totale del denaro circolante era di gran lunga superiore all’oro esistente su tutta la terra.
Nell’agosto del 1971 il presidente Nixon decise di far abrogare unilaterale gli accordi di Bretton Woods, svincolando il dollaro dal cambio con l’oro. Questa data costituisce una pietra miliare nella storia del denaro, è il momento cruciale per comprendere la vera natura della moneta, poiché da allora, il denaro fu definitivamente svincolato da ogni relazione con l’oro.
Da allora, i paesi continuano a stampare denaro, fondandolo solamente su una base psicologica e legandoli alla sola produzione nazionale (PIL).
Fino a quei tempi, il calcolo del Prodotto Nazionale (cioè il PIL o Prodotto Interno Lordo) era sempre stato considerato improbabile dagli economisti, si parlava di una impossibilità pratica poggiante su astrazioni e vere e proprie stupitaggini (invece oggi è solo su questo che è basata la nostra economia).
Nei fatti non è possibile calcolare con approssimazione sufficiente la produzione nazionale ed il concetto stesso di reddito nazionale è privo di senso.
Il PIL, viene sostanzialmente determinato per mezzo delle emissioni monetarie, anziché determinare l’emissione di moneta e la politica fiscale in base al reddito nazionale; un bel giochetto sulla pelle dei cittadini.
In Italia le riserve di oro ammontano a circa 29 miliardi di euro mentre solo le banconote in circolazione sono più del doppio e i depositi bancari a vista e a termine fanno circa 1000 miliardi di euro.Pensate che i depositi bancari sono pur sempre denaro come le banconote.
Il contante in circolazione è solo il 5% dei depositi bancari, se tutti si presentassero agli sportelli bancari a pretendere il pagamento degli assegni ricevuti, le banche non avrebbero i soldi per pagare, dato che non ci sono fisicamente abbastanza banconote per fare fronte ad una simile evenienza. Lo stesso vale se tutti si presentassero a riprendere i propri rispami in banca.
Ora, se cadesse il clima di fiducia nei confronti del sistema e la gente pretendesse il pagamento in contante dei titoli di Stao, lo Stato non avrebbe assolutamente i soldi per saldare i suoi creditori
Così che si è corsi ai ripari nel 1993, con la scusa di controllare i pagamenti in contante per la lotta alla mafia, è stata e fatta una legge che vieta di ricevere pagamenti in contanti per più di venti milioni di lire. In realtà la mafia non c’entra nulla perché il problema era un altro.
In quel momento, nel pieno della recessione dovuta alla crisi finanziar
Era quindi necessario un provvedimento per evitare il crac del sistema bancario che rendesse difficoltoso il ritiro di banconote e che allo stesso tempo incutesse timore a quegli italiani cui venisse in mente di conservare i propri soldi in banconote.
Questo provvedimento riduceva la velocità di circolazione del denaro e raffreddava l’inflazione, quello che i nostri politici non hanno capito è che il blocco della circolazione monetaria ha danneggiato tutto l’apparato produttivo del paese, proprio per questo da allora stiamo vivendo una crisi economica pressoché irreversibile allo scopo di tenere bassa l’inflazione ed ottenere indicatori economici tali da consentire di rimanere nell’area dell’Euro.
Dall’abolizione degli accordi di Bretton Woods, il valore delle monete è ormai determinato dai soli rapporti politici e di forza sul mercato valutario.
La progressiva crescita della massa monetaria comporta una progressiva riduzione della funzione politica di controllo delle monete, tantoché oggi è il mercato che stabilisce il rapporto di forza tra le valute; altrettanto progressivamente stanno perdendo peso gli interventi delle banche centrali e degli Stati.
Sono i gruppi finanziari privati, in possesso di risorse economiche persino maggiori di quelle di molti Stati mondiali, che controllano chiunque. Come è successo nella crisi del ’92, quando uno Stato industrializzato come l’Italia, pur appoggiato dai paesi aderenti allo SME, non è stato in grado di sostenere la propria moneta sottoposta alle pressioni speculative internazionali.
Arriviamo a noi
Il cittadino, fin troppo occupato a tentare di sopravvivere, ha ormai perso la sua facoltà di ragionare.
Anche se sembra difficile da capire, in realtà non lo è.
Guardiamo i fatti: dal 1992 in poi, ai vertici dello Stato italiano si sono susseguiti per lo più uomini che provengono dal mondo della finanza ed in particolare dalla Banca d’Italia.
La ragione è semplice: la politica si è ridotta sostanzialmente a decisioni sulla politica monetaria, ma queste decisioni sono state sottratte agli uomini della politica per essere gestite esclusivamente dagli uomini del sistema finanziario.
Insomma in Italia come in Germania e in Inghilterra, ultimamente anche negli USA, la politica la fanno gli uomini della finanza che pretendono pure la gestione del potere politico. Il motivo è che, senza accordi tra gli uomini della finanza, il sistema economico globale rischierebbe il crollo in qualunque momento perché la massa liquida è tale che, senza un’intesa economica, si rischia che dalla mattina alla sera le banconote non valgano più nulla.
Il divieto della convertibilità delle banconote in oro e l’emissione a vuoto di banconote, ha radicalmente mutato la natura stessa della moneta. Essa è divenuta misura relativa dei beni prodotti dalla collettività ed il suo valore è dato dalla convenzione giuridica universalmente accettata che glielo conferisce.
Il capitale monetario infatti non produce ricchezza ma si appropria della ricchezza prodotta da altri nell’economia reale.
In questo nostro sistema i valori monetari nascondono la vera ricchezza reale e questa viene sottratta a chi la produce e viene distribuita in maniera ineguale nel mercato finanziario, in base a rapporti di forza, ma non di capacità produttive. In pratica i titoli del debito pubblico sono come un gioco di scatole cinesi: nell’ultima scatola, dove ci si aspetta di trovare il tesoro, in realtà non c’è più nulla.
Ora tutto dipende dal cittadino, potrà venire un giorno in cui, chi lavora realmente, si potrà riprendere la propria supremazia.
Al momento noi cittadini siamo trattati come animali da macello, non conosciamo il nostro destino e di conseguenza continuiamo la nostra vita come se questa fosse l’unica scelta possibile e ci facciammo ammazzare da chi controlla questo sistema, se fossimo più attenti non ci faremmo raggirare e non staremmo più al gioco, forse ricominceremmo col baratto, con lo scambio e faremmo saltare irrimediabilmente tutto questo sistema marcio ed affamatore.
… continua …
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