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Pesante (3,4 stelle) - Dopo aver letto “La disubbidienza” ed averlo apprezzato molto mi sono apprestata a leggere l’opera prima di Moravia con una disposizione forse troppo carica di aspettative. Le opere prime raramente sono perfette, e seppur a livello letterario si parli sicuramente di ottimo romanzo, forse in alcuni passaggi si percepisce l’acerbità dello scrittore.
Nel definire Moravia acerbo voglio specificare che si tratta di un uso dell’aggettivo molto relativo, il linguaggio usato e la lucidità di osservazione dei personaggi denotano comunque una maturità sopra la media. Per l’epoca in cui è stato scritto credo che si possa considerare questo romanzo piuttosto scabroso, forse in certi ambienti era normale comportarsi in un determinato modo, ma trovarselo sbattuto in faccia dalle pagine di un libro è un’altra cosa.
La storia è irritante, i protagonisti insopportabili e non se ne salva uno, nemmeno colui che pareva avere un minimo di istinto ad affrancarsi dalla cosiddetta “indifferenza”.
Più si va avanti nella lettura e più la narrazione diventa ripetitiva e soffocante e più verrebbe voglia di prendere tutti a schiaffi per come buttano via la vita nella nullafacenza.
Le parole più usate sono “indifferenza” e “disgusto”come sintomi dell’apatia dei fratelli Michele e Carla; ammetto che spesso non sono riuscita proprio a calarmi nelle sensazioni provate dai protagonisti che sembrano avvolti in una depressione costante, un’anestesia morale e mentale, e mi è stato proprio impossibile capire certi atteggiamenti così lontani dal mio modo di vedere la vita.
E’ stata una lettura faticosa, non piacevole, da metà libro in poi non vedevo l’ora di finirlo per terminare questo supplizio d’inconcludenza e vacuità.
Se Moravia voleva destare sentimenti claustrofobici e disturbanti nel lettore è riuscito nella missione.
Citazioni:
“ ...non sapeva odiare un uomo che a malavoglia invidiava.”
“ E’ mai possibile che ella non senta che si può essere meglio di così?”
“...un’intollerabile disgusto di questa sua versatile indifferenza che gli permetteva di cambiare ogni giorno, come altri il vestito, le proprie idee e i propri atteggiamenti.”
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