Gli italiani preferiscono tenere i soldi sui conti correnti o liquidi intramoenia, l’importante è che siano a disposizione per ogni evenienza. In questo modo il valore dei depositi bancari si è incrementato: da 975 miliardi di euro del 2007 a una massa finanziaria di 1.209 miliardi nel marzo 2014, con un differenziale di 234 miliardi di euro. Oggi contanti e depositi costituiscono il 30% del portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie, mentre “ieri” solo il 25%.
La precarietà economica spinge a maggiori cautele, stimola a tenere ben in vista i gruzzoletti, pronti per tamponare eventuali rischi. Aumentano anche i soldi accantonati con assicurazioni e fondi pensione: +125 miliardi di euro (+7,2%). E le polizze vita sono tornate a funzionare come “salvadanaio” per molti: i premi raccolti sono aumentati da 63,4 miliardi di euro nel 2007 a 86,8 miliardi nel 2013 (+21,3% in termini reali).
Il tragico quadro di disoccupazione e fallimento, ricostruito dai media, ha funzionato da deterrente per i consumi. Si teme di diventare poveri. “I consumi sono stati praticamente azzerati“, spiega il Censis, con un meno 7,6% dal 2007 a oggi. Gli investimenti immobiliari dimezzati, dalle 807mila compravendite di abitazioni del 2007 alle 403mila del 2013.
“In generale con la crisi aumenta la propensione al risparmio“, prosegue il Censis. “Dal secondo trimestre del 2012 si registra una inversione di tendenza da parte degli italiani nella creazione di risparmi, che hanno ripreso un trend crescente, passando da 20,1 miliardi a 26 miliardi di euro nel primo trimestre del 2014, con un incremento nel periodo del 26,7 per cento in termini reali. La propensione al risparmio è salita dal 7,8 al 10 per cento, pure a fronte di una riduzione nello stesso periodo dell’1,2 per cento del reddito disponibile delle famiglie e nonostante la bassa inflazione abbia attenuato la caduta del potere d’acquisto“.