Gli orti saraceni , costituiti da superfici terrazzate a ridosso delle mura dell’abitato, erano dei veri e propri orti nei quali si coltivavano in modo intensivo piante officinali di uso domestico, quotidiano e stagionale.
Infatti prima che guerrieri, gli Arabi nelle zone di origine erano allevatori ed ingegnosi agricoltori degli aridissimi pascoli e delle oasi della penisola arabica.
Come agricoltori elaborarono ingegnose tecniche agronomiche che, attraverso il controllo dell’irrigazione e
delle concimazioni consentivano coltivazioni intensive e mantenimento
della fertilità del suolo anche nei ristretti appezzamenti di terreno delle oasi.
Gli orti non furono un’invenzione degli Arabi ma, all’Hortus inteso come giardino, luogo privilegiato di coltivazioni ornamentali, esotiche a volte anche sperimentali delle ville romane dell’epoca imperiale e delle corti arabe della Sicilia e dell’Andalusia, si aggiunse anche la diffusione a livello popolare della tipologia dell’appezzamento di terreno di limitata estensione dove la padronanza dell’acqua, le sistemazioni del suolo, la conoscenza della fenologia delle piante domestiche consentiva, differenziando nel tempo e nello spazio le produzioni, di coltivare molte specie con differenti esigenze agronomiche. ( Barbera, 2007).
Da allora il tradizionale uso dell’orto domestico si è profondamente radicato ed è ancora largamente diffuso intorno alle piccole città ed alle abitazioni rurali delle aree interne soprattutto dell’Italia meridionale.
Contesto storico: la presenza e le incursioni degli arabi in Basilicata
Gli insediamenti più antichi e di cui rimangono centri abitati caratteristici e meglio conservati da un punto di vista urbanistico (Tursi, Tricarico, Abriola, Pietrapertosa) si ebbero tra la fine del VIII e durante il IX sec., in seguito alla conquista della Sicilia che spinse gli Arabi a risalire la penisola verso nord con azioni militari che miravano al controllo delle vie commerciali.
Successivi arrivi di popolazioni arabe si verificarono nel periodo normanno, dal XI sec fino al 1300, anno in cui alla distruzione della colonia arabo-normanna di Lucera ad opera del re angioino Carlo II, seguì la deportazione e l’esilio per le popolazioni arabo-sicule in roccaforti isolate e di difficile accesso nelle aree interne della Basilicata. Risale a questo periodo l’arrivo degli Arabi nelle città di Acerenza, Potenza, ecc. (Del Duca, 2005).
Anche se frammentarie, le tracce della presenza araba persistono nella architettura urbanistica di alcuni centri storici, nei dialetti locali e in alcuni vocaboli arcaici (es.: “Rabatana” zona arroccata dell’abitato; “cibbja” vasca di raccolta dell’acqua per irrigare l’orto; “za’ferano”: aromatizzante e colorante in origine giallo perché a base di zafferano, attualmente rosso e ottenuto dai peperoni, ecc.) che testimoniano del carattere stanziale delle comunità arabe e loro della progressiva integrazione con le popolazioni locali.
Di grande interesse antropologico ed etnobotanico risulta pertanto il recupero delle conoscenze relative alle piante officinali di quel periodo ancora presenti nell’uso comune e tradizionale.
Estratto da Basilicata Regione Notizie