Gli Ozi di Capua: prima di Capua

Creato il 06 luglio 2015 da Marino Maiorino
Ho promesso da diverso tempo di dedicare un post a un famoso episodio della Seconda Guerra Punica noto come gli Ozi di Capua, dunque è il momento di mantenere la promessa.
Il mio interesse per l'episodio è nato dal confronto tra le diverse fonti che ci hanno narrato il conflitto, anche se il solo racconto di Livio basta a suscitare notevoli perplessità. Odio farmi perplimere, dunque cerchiamo di vedere quali erano i miei dubbi, e quali sono le conclusioni che ho tratto.
Dopo Canne, Annibale viene raggiunto dagli emissari di Capua (deduciamo che Vibio Virrio fosse tra essi, come abbiamo visto in questo post), per siglare un'alleanza. Data la ricchezza della città Campana, quello era il più grosso ribaltamento diplomatico che il Cartaginese avesse ottenuto fino al momento, certamente tra i più grossi sperati, dunque si recò a Capua con l'esercito.
Sappiamo che Annibale fece disporre un presidio Cartaginese in città dalla reazione di Decio Magio, nobile capuano ostile all'alleanza col Cartaginese:
Quando udì che Annibale stava inviando truppe per presidiare la città, egli protestò vigorosamente che non fosse loro permesso l'ingresso

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 7]

ma i Campani erano almeno formalmente indipendenti dai Cartaginesi, ad esempio non potevano essere obbligati a servire nel loro esercito.
Gli inviati raggiunsero Annibale e negoziarono con lui una pace in questi termini: nessun comandante o magistrato cartaginese avrebbe avuto alcuna giurisdizione sui cittadini di Capua, né alcun cittadino campano avrebbe potuto essere obbligato a servire per qualunque servizio militare o altro contro il suo volere; Capua avrebbe mantenuto i suoi magistrati e le sue leggi…

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 7]

Subito dopo la presa di Capua, leggiamo ancora della frenetica attività di Annibale, ora forte del trattato appena concluso con un'importantissima città:
Dopo aver preso Capua e aver fatto un altro tentativo infruttuoso di scuotere le speranze e i timori di Neapolis, Annibale marciò nel territorio di Nola.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 14]

Mappa della Campania al termine del III sec. a.C. In questa cartina sono riconoscibili tutte le città citate in questo post.
Fonte: August Mau, Pompeii, Its Life and Art, 2013

Dunque, Neapolis gli diede buca una seconda volta (la prima volta aveva preferito perdere la propria cavalleria guidata da Hegeas), ma non riuscì a prendere neanche Nola: i senatori della città chiamarono in aiuto Marcello e
Al sopraggiungere del pretore romano il Cartaginese abbandonò il territorio di Nola e marciò verso la costa nei pressi di Neapolis, perché era ansioso di assicurarsi una città di mare verso la quale ci sarebbe stato un passaggio sicuro per le navi provenienti dall'Africa.
Quando però seppe che Neapolis era tenuta da un ufficiale romano, Marcus Junius Silanus, che era stato invitato dai Neapolitani, egli lasciò Neapolis, come aveva lasciato Nola, e andò a Nuceria.
Spese del tempo assalendo il luogo, spesso attaccandolo, e spesso facendo proposte tentatrici agli ottimati della città e ai capi del popolo, ma tutte senza risultato.
Infine la carestia fece il suo lavoro, ed egli ricevette la sottomissione della città

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 15]

Ovvero, al suo primo tentativo contro Nola, Annibale non tentò nemmeno di sfidare Marcello che giungeva in aiuto della città, evidentemente perché sapeva di non poter restare a fare da bersaglio a tutti gli eserciti che Roma avrebbe potuto riunire. Ma c'è di più: se il secondo tentativo di prendere Neapolis viene affrontato con le armi della diplomazia (scuotendo le speranze e i timori della polis), un terzo, armato, viene interrotto quando si viene a sapere che la città era presidiata da un ufficiale romano! Infine, Nuceria viene presa non grazie al tradimento, non grazie alla diplomazia, non grazie alle armi, ma grazie alla carestia provocata dall'assedio.
Forte della presa di Nuceria (comunque ottenuta, si trattava di un grave colpo inferto al morale di Romani e alleati), Annibale tornò ad assediare in forze Nola, che in quel momento ospitava l'esercito di Marcello.
Mentre i suoi (di Annibale) uomini si affrettavano verso la prima linea, ciascuno verso la sua posizione, e l'intera linea si approssimava alle mura, Marcellus ordinò che il cancello fosse aperto all'improvviso, suonò il segnale dell'attacco e si levò l'urlo di battaglia. La fanteria, seguita dalla cavalleria, avrebbe attaccato con tutta la furia possibile.
Avevano già portato abbastanza allarme e confusione nel centro nemico quando P. Valerius Flaccus e C. Aurelius, i luogotenenti, uscirono dagli altri due cancelli e caricarono.
Gli inservienti e il resto delle truppe che facevano la guardia al bagaglio si unirono all'urlo, e ciò fece credere ai Cartaginesi, che avevano sottostimato l'esiguità del loro numero, che si trattasse di un grande esercito.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 16]

Lo scontro si conclude con un nulla di fatto per Annibale, ancora una volta costretto ad abbandonare un assedio.
Né va meglio con Acerrae, presa di mira subito dopo Nola:
Gli Acerrani avevano più coraggio che forza, e quando videro che si levava una palizzata tutt'intorno alle loro mura e che era inutile tentare una qualunque altra difesa, decisero di fuggire prima che il muro di circonvallazione del nemico fosse chiuso e, scappando a notte fonda attraverso brecce sguarnite negli sterrati, fuggirono, senza badare a vie o sentieri, come il caso o i loro piani li guidarono.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 17]

Dunque, anche Acerrae non venne presa, ma vene invece abbandonata dai suoi cittadini.
Finalmente, Annibale tornò verso Capua, nei pressi della quale era Casilinum. La metà di questa cittadina posta a Nord del Volturno era nelle mani di una coorte di Peligni, e Annibale volle in ogni modo liberarsi di questa minaccia a così piccola distanza dalla capitale campana, ma inutilmente. Provato l'assedio in ogni modo,
Si accontentò di fortificare il suo accampamento e di lasciare una piccola forza a difenderlo, affinché non si credesse che l'assedio era stato del tutto abbandonato, dopodiché prese Capua come suo quartiere d'inverno.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 18]

Dunque assolutamente nessuno degli scontri sostenuti da Annibale dopo Canne e prima di ritirarsi a Capua fu risolto militarmente a favore del Cartaginese: abbandonò, fu respinto, e prese solo ciò che gli si lasciò prendere. Annibale non poteva sperare di prendere alcuna città seriamente difesa.
Il commento su quell'inverno è assai poco lusinghiero, tanto per i soldati al seguito del Cartaginese, quanto per i Capuani:
Un'esperienza lunga e varia aveva indurito quell'esercito a qualunque forma di sofferenza umana, ma esso non era abituato né aveva esperienza delle comodità.
Accadde così che gli uomini che la pressione di nessuna calamità era stata in grado di piegare, divennero vittime di una prosperità troppo grande e di piaceri troppo attraenti perché essi potessero resistere, e caddero ancor più quanto voracemente si buttarono in piaceri nuovi e mai provati.
L'ozio, il vino, i banchetti, le donne, i bagni, la vita spensierata, che divennero ogni giorno più seducenti mentre gli uomini si abituavano ad essi, fecero perdere a tal punto vigore alle loro menti e corpi che essi furono salvati più dal ricordo delle vittorie passate che dalla forza di combattere che avevano ora. Le autorità in cose militari hanno valutato l'inverno a Capua come un errore da parte di Annibale più grande che il non aver marciato subito su Roma dopo la sua vittoria a Cannae.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 18]

È assai strano che Livio citi tutte queste cose già all'entrata dei Cartaginesi a Capua, perché in genere il nostro autore preferisce narrare gli eventi marginali per la sua narrazione quando se ne presentano gli effetti, col fine di spiegare il motivo di alcunché di inatteso. In questo caso, invece, siamo istruiti a tener presente la circostanza prima ancora che se ne manifestino gli effetti, in tal modo realizzando un'equazione Capua = ozi.
Ma non solo: quando parla delle sue fonti, egli è in genere abbastanza accurato, mentre questa volta parla genericamente di autorità in cose militari. Non voglio leggere questo come un rifiuto a citare le fonti o a dichiararsi sfacciatamente filoromano, ma voglio prenderlo come una sincera confessione: le autorità di Roma avevano cominciato una guerra di propaganda non dissimile da quella che svolgeva Annibale. Il Cartaginese si presentava come un liberatore, Roma cominciò subito a sminuirne il valore colpendo lì dove avrebbe fatto più danno alla sua fama: rammollito da Capua, Annibale non sarebbe più stato in grado di arrecare danno a nessuno.
Quanto fu reale l'indebolimento di Annibale dopo Capua? Fin qui abbiamo osservato potenza e debolezze di un esercito guidato da un generale capace, ma non invincibile. Vedremo nel prossimo post che anche dopo Capua questi suoi tratti restarono inalterati.