Gli Stormers, squadra di casa nella (semi-)finale sudafricana del SuperRugby, hanno costruito la loro strada al primo posto assoluto in regular season in modo molto lineare, perfezionando con coach Allister Coetzee il percorso degli ultimi anni: fase difensiva perfetta, vantaggio accumulato al più presto, difesa del risultato nel secondo tempo. Invece gli Sharks di John Plumtree hanno agguantato l'ultima wild card ritrovandosi appena in tempo dopo qualche annaspare iniziale - le partenze di John Smit & coscritti, le scelte ambigue nei ruoli chiave della "cerniera" mediana (Michalak-McLeod-Lambie), i problemi di leadership e la "scimmia" Smit sulle spalle di un troppo falloso Bismark DuPlessis.
Sono gli Sharks a rovesciare inopinatamente lo schema: anche loro, secondo il loro costume messo in azione anche contro i Reds la settimana prima, cercano e trovano il gap decisivo nel primo tempo finito 6-13 e lo difendono nel secondo con un parziale di 13 pari: totale finale 19-26.
Impresa degli Sharks non tanto per la vittoria fuori casa e contro i pronostici - a marzo era finita 15 a 12. Il vero problema è che qualificarsi sesti non è un bell'andare, significa farsi i playoff rimbalzando tra i fusi orari. Si fa presto infatti a dire "Emisfero Australe": tra Durban e Brisbane dov'erano nel weekend scorso, ci sono più di 11.000km, il doppio della distanza tra Roma e New York; qualche miglio in più servirà per arrivare fino ad Hamilton la settimana prossima per la finale. D>istanze che fan apparire una passeggiata i più di mille km - la distanza tra Bolzano e Palermo - per la semifinale "derby" a Città del Capo. Gli Sharks alla fine dei playoff avranno totalizzato nel giro di tre weekend qualcosa come 25.000 km e 18 ore cumulate di fusi orari: roba da farsi venire minimo il mal di testa.
Non è quindi un caso il cedimento fisico nell'ultimo quarto, quando gli Stormers sono andati veramente vicini alla beffa col supporto dei quasi 50.000 del Newlands. Il desire. come dicono gli anglosassoni, che pure non mancava ai padroni di casa, stavolta è riuscito a superare la stanchezza fisica. Vedremo se e come reggeranno l'impatto duro dei Chiefs nella loro comfort zone - questa vittoria temo un po' di Pirro, non ha fatto probabilmente un gran servizio al rugby sudafricano. Ma lo sport è magnifico proprio quando sovverte le logiche.
Finiamola di anticipare temi e considerazioni e andiamo ai fatti.
Diverse sono le qualità dei team contrapposti: alla prima linea Boks degli Sharks Mtawarira- Jan e Bismark DuPlessis, gli Stormers contrappongono un grande tallonatore, Tiaan Liebenberg, sorretto da due valenti piloni non all'altezza, Kitschoff e Harris; tutto l'opposto in seconda linea, dove alle torri Stormers Bekker - Etzebeth gli Sharks devono contrapporre un duo improvvisato, Bresler e il fuori ruolo Willem Alberts, ma in aria gli ospiti riusciranno a cavarsela molto bene.
Come in ogni partita di rugby che si rispetti, gli eventuali disequilibri saltan fuori dal confronto in terza linea: in casa il sottotono Syia Kolisi con Elstedt e un Deon Fourie che, faccio pubblica ammenda, non avevo mai troppo notato: determinato, esperto, saggio, ovunque ... gli manca solo il phisique du role alla Spies, per il resto regge quasi da solo il reparto: chapeau. Davanti ha i ben più pericolosi e tutti Boks capitan Keegan Daniels, un altro che quanto a saper che fare, lascia fare, il giovane emerso da mo' Marcell Coetzee e il riemerso alla grande Ryan Kankowski, uno che dopo un anno out per infortuni, tagliato dalla nazionale aveva deciso di andare a far cassa in Giappone ma che la Saru sta cercando di tenere a ogni costo.
E arriviamo alla mediana: "grigia" quella di casa Duvenage-Grant per dire diligente, brillante invece il duo McLeod-Michalak, uno dei punti di forza Sharks e lo sarà anche in questa gara.
Dietro sulla carta non c'è partita: vabbé, gli Sharks schierano tra gli altri di categoria Currie Cup (Ludik, Whitehead, Vijioen), JP Pietersen e il potente Lwazi Mvovo, ma li vuoi mettere col reparto completo guidato da Jean de Villiers, in mezzo col compagno da anni Juan DeJongh, e poi Bryan Habana con Gio Aplon al largo e Joe Pietersen in mezzo? Ecco, qui invece Plumtree vince la partita - assieme agli schemi di rimessa laterale e alla superiorità del pack - dirottando JP (in foto) al nr.13 come già fatto qualche volta in regular season, dove il suo passo e potenza moltiplicato per un superiore numero di palle in mano, non hanno rivali.
Il primo quarto scorre ben bloccato come si conviene a una semifinale, per giunta tra "cugine": primo penalty per Peter Grant al sesto, raggiunto al 12' da Fred Michalak. Sono decisamente gli Sharks a detenere il pallino ma gli Stormers sanno difendere, anche se s'iniziano a vedere delle cose che al pubblico di casa non possono risultare confortanti: pressione, rimesse laterali in controllo, terza linea superiore, affanno a tenere i centri ... Alla fine del quarto è la varietà di opzioni pro Sharks a dare un segnale: Michalak finalizza una lunga fase di pressione centrando un morbidissimo drop tutto sensibilità per il 3-6.
Gli Stormers provano ad andarli a prendere ma gli Sharks semplicemente non ci stanno, li tengono a giocare in zone non pericolose. Poco dopo la mezz'ora tocca a Louis Ludik trovare finalmente il break che travolge la leggendaria difesa di casa, messa sotto pressione e fuori asse dal pack e dai centri avversari. I Capetonians riescono solo a procurarsi un piazzato a fine del tempo per Grant, andando negli spogliatoi a pensarci sopra a quota break 6-13.
La speranza degli Stormers è a questo punto tutta nel preventivabile calo fisico e poi morale degli Sharks. Invece non succede: messi sotto in mischia ordinata, Michalak ha subito la possibilità di allungare sul 6-16 e ai padroni di casa in giornata no per quanto riguarda l'attacco, serve tutto un quarto per recuperare solamente tale penalty. Ci aveva provato anche Joe Pietersen dalla grande distanza, senza esiti. Siamo sul 9-16 e alle soglie dell'ultimo decisivo quarto ma gli Sharks non mollano, anzi. E' proprio JP Pietersen, uno dei più efficaci in campo, a marcare la seconda, decisiva meta liberandosi con una finta di corpo dall'avversario in pieno mismatch (Bekker), nel corso di un attacco finalizzato da una perfetta apertura del francese a Durban: 9-23.
Partita finita? Agli Sharks inizia a mancare la birra, anche i cambi sono a vantaggio dei padroni di casa. Dopo sei minuti, Gio Aplon spostato estremo riesce finalmente a finalizzare una lunga fase d'attacco degli Stormers. Siamo 16-23, che diventa 19-23 dopo una punizione piazzata da Grant al 72', forse che ce la fanno? Due episodi dicono che no: Grant fallisce una punizione importante e non difficilissima, poco dopo Michalak sigla un'altra prova eccellente centrando il drop che aveva già tentato nel sencondo tempo e che riporta gli avversari alla lunghezza. Un drop per tempo, non male.
Il finale è classico assalto all'arma bianca per raggiungere i supplementari, reso ancor più tosto e fisico dal fatto che siamo in Sudafrica; ma dopo venti fasi è inevitabile commettere l'in-avanti che ti sveglia dal sogno del paradiso e lo consegna agli avversari.
Gli Sharks festeggiano alla grande ma da subito dovranno studiare piani di recupero inediti: manco nell'NBA han mai gestito tali cumuli di trasferte spalmati su tanti fusi orari, siamo in territori inesplorati dalla medicina scientifica. Ad Hamilton intanto si fregano le mani sodisfattissimi anche se non lo dicono. Non solo il cassiere, intendo.