Cari lettori,
Eccomi qui, dopo molte settimane che mi hanno tenuta lontana da Diario e dalle amiche che condividono con me questa avventura... Innanzi tutto, un grazie specialissimo a Alessandra per la pazienza! Sei una persona di rara generosità! :-)
Oggi vi parlerò di un autore davvero "insolito": Claudio Vergnani. Cosa scrive? Ma di vampiri, naturalmente! e lo fa in modo assolutamente innovativo ed originalissimo, pur riallacciandosi alla tradizione ( vampiri che non possono sopravvivere al sole, senza pietà, sanguinari, mossi solo dall'istinto ad uccidere, privi di coscienza e così via, avete presente? Ecco, quelli lì. ). La sua casa editrice? La Gargoyle books, obviously.
Questa premessa è necessaria per spiegare come Vergnani non sia un autore per palati leggeri. Scordatevi i Cullen, la tosta Confraternita della Ward, gli strafighetti arrapatissimi vampiri della Arthur: qui siamo in zona Romero/Tarantino, con intestini sparpagliati e sangue fino al soffitto.
Questo autore ha creato un mondo in cui i vampiri sono mostri più simili a zombies, assetati di sangue e carne umana, mossi da una crudeltà che rasenta la bestialità, che spesso sfocia in atti e comportamenti disgustosi, disturbanti per il lettore. Eppure... sono fantastici. Sì, mi rendo conto di aver appena scritto due asserzioni che si contraddicono, eppure è così: perché vi è uno humour nero forte e graffiante, un ritmo narrativo così sapiente, così originale che non può lasciare indifferenti.
IL PRIMO ROMANZOIl primo volume si intitola il 18° Vampiro ed è stato pubblicato nel maggio 2009. Ha avuto un enorme successo, tanto da andare in ristampa dopo pochi mesi.
- Titolo: il18° vampiro
- Autore: Claudio Vergnani
- Editore: Gargoyle Books
- Prezzo: 15 euro
Trama:
Sbarco il lunario uccidendo vampiri. Non e' un compito difficile, ed e' sempre meglio che lavorare. Io e i miei compagni li distruggiamo durante il giorno, mentre dormono il loro sonno di morte, nascosti nei loro miserabili covi. Non possono reagire. Un paio di colpi di mazzuolo ed e' fatta. Forse non e' il mestiere più bello del mondo, ma e' facile e socialmente utile. Non occorre coraggio o particolare determinazione. Non serve essere animati dal sacro fuoco della giustizia. Serve solo un po' di pratica e tanta disperazione. Per certi versi è come dedicarsi alla disinfestazione di topi o insetti. Fai quello che devi fare, sopportando il disgusto, e poi te ne torni a casa. Sempre che non si finisca per esagerare, per passare la misura. Il problema e' che non sapevo che esistesse un confine. L'ho saputo solo dopo averlo oltrepassato. E a quel punto, tornare indietro non era piu' possibile...
RECENSIONEQuesto primo volume mi ha colpito moltissimo per l'originale formulazione della linea narrativa: con un sapiente gioco di regia che mette subito alla prova la concentrazione del lettore, Vergnani alterna presente e passato, attraverso scarti temporali segnati da un diverso font grafico. Il romanzo è narrato in prima persona da Claudio (un'eco autobiografica? devo chiedere all'autore... mumble mumble...)
L'incipit è drammatico. Claudio e l'amica, una delle due figure femminili del romanzo sono in giro alla disperata ricerca di alcuni membri della squadra di ammazzavampiri. Sono soli, spaventati, girano sotto una nevicata gelida, braccati da migliaia di vampiri che cercano qualunque essere vivente per azzannarlo e ucciderlo. Sì, perchè a Modena, in Emilia, in tutta Italia è in corso una gigantesca invasione di esseri macilenti e sanguinari che non possono essere uccisi in alcun modo e che si aggirano per le strade in branchi affamati.
Nella mente di Claudio si affollano immagini e ricordi: lui era un uomo come tanti, schiacciato dalla fatica di una vita ingrata che gli ha sfilato di mano desideri, passioni e sogni. Era privo di forza: trascinava i suoi giorni in un lavoro che lentamente ha spento la sua scintilla vitale, in bilico sul ciglio di una consapevolezza che lo avrebbe portato alla disperazione. E' in questa fase che incontra Giorgio, un uomo che il lettore conosce solo attraverso le parole dell'autore e che lo introdurrà nello strano, surreale mondo dei cacciatori di vampiri. Ma non vi è fascino o pathos in questa attività: i vampiri che Claudio e Giorgio uccidono sono poco più che sbandati, poveracci che hanno vissuto ai margini della società da vivi e che si sono trasformati in schifosi relitti da morti. I due sono più simili a disinfestatori di scarafaggi che a Van Helsing e soci; hanno uno spirito rassegnato che li rende affini alle loro vittime, anch'essi figure marginali e disperate. Claudio e Giorgio vagano per le cascine abbandonate della pianura in cui è immersa Modena in una atmosfera che mi ha ricordato, e molto, quella angosciosa e sepolcrale de "La casa dalle finestre che ridono" di Pupi Avati, alla ricerca di esseri più simili a cadaveri decomposti che a fascinosi succhiasangue. Insomma: il motto dei due ammazzavampiri è all'incirca "è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo", senza sapere davvero perché devi essere tu a farlo.
Mentre questi ricordi si affollano nella mente di Claudio, il lettore viene di nuovo catapultato nel presente. Il ritmo narrativo cambia: diviene sincopato, persino angosciante e in alcuni tratti costringe il lettore ad alzare gli occhi dal libro per accertarsi che non vi sia nessun cadavere puzzolente che avanza verso di voi per dilaniarvi a morsi. Il riferimento all'odore e più in generale ai sensi, non è casuale: in Vergnani il lettore è coinvolto su più piani, compreso quello sensoriale. I vampiri puzzano di morto e di cadavere, dai loro orifizi esce sangue coagulato e vermi, si nutrono della loro stessa carne in decomposizione, così come gli esseri umani fatti a pezzi puzzano di morte, feci e sangue. Già questo vi lascia comprendere come serva un certo stomaco per leggere questi romanzi... ma vi assicuro che le sensazioni di fastidio che si possono provare nella lettura sono funzionali a un maggior coinvolgimento emotivo del lettore. Come ho già detto, si tratta di storie per palati forti. E vi assicuro, ne vale la pena.
Ma andiamo avanti con la vicenda. Claudio vaga per le campagne in una fuga cieca e disperata, alla ricerca - spesso vana - dei suoi compagni. Sì, perché i vampiri sono usciti dalle loro tane per aggredire i vivi e lo fanno senza pietà, mossi da una furia inimmaginabile: vecchi, donne, bambini, tutti vengono assaliti e sterminati senza pietà. Ma i ricordi di Claudio non si fermano a Giorgio: vanno ben oltre e ci presentano la sgangherata squadra di ammazzavampiri che si è preso il compito (neanche tanto ben pagato) di ripulire l'Emilia dai succhiasangue. Abbiamo Gabriele, un fanatico scacchista con la fissa del sesso, Emil e Maurizio, due uomini che vivono al margine, sopravvivendo attraverso lavoretti saltuari, Marco, un disoccupato senzatetto e Vergy, una delle figure più dissacranti, surreali, amare e ironiche che mi sia capitato di incontrare in pagine scritte da un autore italiano.
Questo gruppo raccogliticcio e malmesso, letteralmente con le pezze sul posteriore è completato dall'Amica, una enigmatica ragazza che rappresenta la mente pensante del gruppo. O meglio... dovrebbe rappresentare. Perché l'amica, che in realtà si chiama Rossana, è una donna che ha tutto ciò che Claudio non ha: è bella, ha una vita sociale ordinata, un certo benessere economico. Un'esistenza rispettabile, quella che gli ammazzavampiri non possono permettersi perché non sarebbero in grado di immergersi in una società che li vede (e li respinge) come outsider: disoccupati, sporchi, solitari e con un linguaggio politically incorrect. Rossana prova a "sgrezzare" il gruppo, invita persino un professore, Wuker, per "formare" in modo ortodosso i suoi cacciatori ma è tutto inutile: il professore viene messo in fuga da un peto (sì, avete letto bene) di Vergy che lo fa fuggire disgustato. Prima, però, lascia un monito: mai scontrarsi con il 18° vampiro, colui che è riuscito a vivere per diciotto vite, il cui vero nome si nasconde nelle sabbie del tempo.
Mentre continua il passaggio tra passato e presente, scopriamo che Vergy e Claudio, assieme all'amica ottengono la conferma che il Maestro vampiro esiste e si trova a Corsano, sull'Appennino. In breve, il gruppo organizza una sortita a Corsano, un borgo lugubre su un pizzo di montagna dimenticato da Dio, dove si trova una rocca medioevale che è sede di feste "a la page", per pochi eletti alla ricerca di sensazioni nuove.
Nella Rocca, il gruppo scopre come facciano i vampiri a rimanere chiusi senza bisogno di fuggire per nutrirsi: attraverso il Carousel, un gioco perverso, dove sadomasochismo ed eros si mescolano, generando - letteralmente - cascate di sangue. L'atmosfera nella Rocca è surreale, quasi felliniana, con netti tocchi di macabro... e nel puro splatter si cade nel momento in cui il gruppo incontra il 18° vampiro. Ha un nome, Grimjank, e un branco di vampiri affamati al suo seguito. A differenza degli altri, però, il corpo del Maestro non reca i segni del decadimento fisico: è un essere potente e spietato che non esita a uccidere dinanzi a loro il povero professor Wuker, giunto alla Rocca sulle tracce del misterioso capo e che costringe la squadra di ammazzavampiri a un patto folle e crudele per salvarsi la vita.
Da questa esperienza, Claudio, Vergy e Gabriele, gli unici sopravvissuti (anche l'amica lo è ma il lettore lo scoprirà molto dopo) escono profondamente cambiati. E da quel momento in poi, tutto il loro mondo cambierà per sempre... Conosceranno nuovi amici e sopratutto, accadranno eventi che daranno loro una nuova chiave di lettura per definire il concetto di paura e disperazione.
Il 18° vampiro è un romanzo complesso. E', senza dubbio, molto ben scritto e ha un ritmo narrativo che chiede al lettore attenzione e pazienza. Passate le prime pagine, il libro di Vergnani diviene un piacere, un'avventura affascinante e un viaggio nell'orrore che disturba che fa ridere, che nausea e che sconvolge. E' piacevolissimo. Se un difetto devo trovare, è una certa lentezza in alcuni punti del romanzo, in cui il ritmo cala e rende un po' lenta la lettura, come accade nelle pagine in cui Claudio, voce narrante, parla della lunga preparazione della sortita a Corsano. Si tratta di errori venali nel contesto di un volume originalissimo, con personaggi che saltano - letteralmente - fuori dalle pagine. Vergnani riesce a creare un mondo a sé stante, una Modena acida e insieme crepuscolare, dolorosamente vivida, in cui cacciatori e prede si scambiano di ruolo, in cui nessuno è davvero innocente. In cui i vampiri sono tali perché non possono essere diversamente, perché nulla può controllare la loro sete di sangue e di morte, così come Claudio, Vergy e gli altri sono costretti a ucciderli per raccattare qualche soldo per sopravvivere.
Il tutto è condito da un'ironia tagliente e cinica che strappa risate amare: perché si può ridere delle miserie - umane e vampire - ma è altrettanto vero che sono pochi gli esseri umani che tirano davvero fuori il meglio di sé senza pensare al proprio ombelico. Claudio è dolorosamente autentico, con la sua paura, il disperato aggrapparsi alle Lorans, pesanti ansiolitici, e all'alcool per mandarli giù, con il timore di dover affrontare ogni giorno il vuoto di una esistenza che ha tradito i suoi sogni, che gli ha strappato il futuro trasformandolo in un uomo schiacciato dai rimpianti e dalla solitudine. Vergy ha avuto una vita piena, almeno all'apparenza: ha un passato da mercenario, maneggia le armi con grande disinvoltura e vive in una casa che sembra più una discarica; ha un linguaggio sboccato (per essere eufemisti) e nello stesso tempo è capace di citazioni erudite. E' coraggioso, una testa calda, cinico e insieme dotato di una pietas che è ben nascosta sotto la scorza dura di uomo che sopravvive a sé stesso. Rappresenta forse la voce più autentica, quella che presenta la realtà per come è, senza fronzoli o buonismi borghesi. E' forse il personaggio che mi ha più colpito: sue sono le battute più efficaci del romanzo (come quella sulla nonna e sul sesso orale che vi risparmio) ed è la figura che rappresenta la vera essenza della vicenda: la forza degli uomini di reagire a tutto, sebbene la tentazione di voltarsi e pensare alla propria pellaccia sia fortissima.
IL SECONDO ROMANZOSe il 18 ° Vampiro peccava in alcuni passaggi di lentezza e di un po' di macchinosità - forse una sorta di immaturità, l'Autore mi consenta questa battuta - in Il 36° Giusto, questa pecca viene meno: da quattro stelle per il romanzo d'esordio, passiamo a 5 stelle (e lode) per il romanzo della conferma.
- Titolo: Il 36° giusto
- Autore: Claudio Vergnani
- Editore: Gargoyle Books
- Prezzo: 16 euro
Trama: Sono reietti, emarginati, abbandonati dai loro stessi Maestri.
Pensavamo di aver smesso di uccidere i vampiri, ma abbiamo ricominciato a farlo. Ora che e' accaduto quel che e' accaduto, e' quasi un mestiere.Non devi piu' nasconderti per cacciarli.
RECENSIONEModena è ancora lo sfondo delle vicende di Vergy e Claudio. Ma è una Modena devastata dall'orda vampirica, dove i sobborghi sono stati abbandonati, la gente non gira più di notte e si guarda con sospetto ogni nuovo arrivato. Perché l'orda si è ritirata così come era venuta, sparendo nel buio della notte e lasciando dietro gli ultimi vampiri, i più derelitti, deboli e straccioni.
Nel corso di una missione Claudio e Vergy si scontrano con un gruppo di vampiri affamati e sono costretti a fuggire nel cimitero monumentale, dove si nascondono tra tombe e cappelle disseminate di resti umani, usati come nuove "decorazioni" dai vampiri. Questi, del tutto privi di pietà e dotati di un senso dello humour macabro, hanno smembrato le loro vittime per trasformarle in elementi di arredo cimiteriale. Nel corso della loro fuga disperata incontrano Matthew, un nano, che si è introdotto nel cimitero per fotografare i cadaveri: tra i tre si instaura una sorta di perversa amicizia che li affratella e nello stesso tempo, li divide. Assolutamente esilarante è il momento in cui i tre scoprono di aver bevuto dell'acqua contaminata da resti umani... con ovvi e tragicomici esiti sul loro intestino.
Nonostante una serie di disastri, pasticci e una quantità spropositata di dialoghi assolutamente incorrect, i due compagni riescono a mantenere il lavoro con Paride; casualmente, riprendono i contatti con Gabriele, che è divenuto un romanziere di successo (sempre sessuomane), e lo tirano dentro in una nuova avventura sugli Appennini, per proteggere una famiglie alto borghese durante le vacanze di Natale, un incarico di tutto riposo, insomma. Solo che le cose non vanno come dovrebbero andare...
In questo romanzo, il talento narrativo di Vergnani dà il meglio di sé. La sua scrittura diviene raffinata, stringata e tagliente; la narrazione procede senza pause, senza cali di tensione e non vi è traccia di tempi morti. In una certa misura, ho trovato il 36° giusto più leggero e godibile. Non più banale, badate bene. L'ho trovato un romanzo maturo, in cui riflessione e ironia si mescolano sapientemente in equilibrio che rimane inalterato per tutto il romanzo. Insomma: di solito i sequel sono delle clamorose ciofeche, ma non è questo il caso. Vergnani è come il vino: migliora con il tempo.
Battute a parte, credo che l'Autore abbia acquistato una maggiore consapevolezza dei propri strumenti narrativi, delle tecniche di scrittura che rendono lo stile di un autore una sorta di marchio di fabbrica. Perché adesso lo stile di Claudio Vergnani è assolutamente unico e inconfondibile: un uso sapiente dell'aggettivazione, citazioni di autori come Salgado piazzati in dialoghi surreali, punteggiatura ridotta all'osso lo rendono un autore completo e originalissimo. Il tutto è posto al servizio di storie particolali che non trovano raffronto con gli urban fantasy d'oltreoceano e che trovano più addentellati nella letteratura pulp e horror statunitense.
A rendere peculiari i romanzi di Vergnani è il grande approfondimento psicologico dei personaggi. Vergy e Claudio rappresentano due facce della medesima medaglia, l'Autore, eppure è assai difficile cogliere questo scarto. Solo una lettura attenta riesce a comprendere come le due figure rappresentino l'una il necessario contrappunto dell'altra e questo testimonia la grande bravura dell'Autore, che è riuscito a celare lo chassis della storia all'interno di dialoghi serrati e mai noiosi. Non vi sono dialoghi epici, ma una sorta di incomunicabilità che trova la sua strada e si trasforma in battute fulminanti, ciniche, che celano i timori e le angosce più orrende dei protagonisti. Dalla voce narrante apprendiamo delle paure di Claudio, ma dalla descrizione dei comportamenti e dei dialoghi sappiamo quanto angosciato sia Gabriele o quanto rassegnato/incazzato/furioso possa essere Vergy.
Mentre il primo volume è più amaro e doloroso, in una certa misura più "intimista", il secondo permette allo scrittore di lavorare sulla psiche dei personaggi attraverso l'azione, segno di una maggiore padronanza e confidenza con i propri characters con esiti freschi e molto più scanzonati. Insomma: non vedo l'ora di leggere l'Ora più buia, il volume conclusivo della trilogia.
Un'ultimo commento riguarda le donne di Vergnani. Perché le figure femminili di questo scrittore meritano uno spazio a sé. Ce ne sono poche. A parte Rossana, che è una donna complessa, sfaccettata e talvolta irritante, vi è Giovanna, una donna confinata in un villaggio di montagna, assetata di vita e condannata dal mondo asfittico che la circonda; sopratutto, ci sono Elisabetta e Alicia. Elisabetta è una figura unica: vitale, piena di energia. Sembra quasi una delle donne di Ligabue, il rocker emiliano, dotata di una sensualità e di una carica empatica che la rende originalissima. Non è la classica brava ragazza, non è una virago, non è una "facile": è una creatura coraggiosa che vive a 360°, che non esita a coinvolgere Gabriele, Vergy e Claudio in un rapporto di gruppo (che l'autore non descrive) per permettere loro di cancellare la paura nel momento in cui sanno che potrebbero morire da un momento all'altro. Cerca di farli sentire ancora esseri umani, ancora amati, ancora felici. Elisabetta è pulita, è forte. Vive la sessualità come uno strumento per trasmettere energia, ma nello stesso tempo, in lei vi è l'abbandono delle anime pure e fiduciose. E' capace di indignarsi e di piangere, di infuriarsi, di perdonare. E' donna nel senso pieno del termine: donna che da la vita, che nutre e che protegge, che ama e che sostiene con la sua sola presenza.
Alicia invece rappresenta una sorta di obiettivo inarrivabile, quasi una donna del Dolce Stil Novo: bella, dolce, gentile, con un viso da angelo. Claudio se ne innamora pur sapendo di non avere chance alcuna con lei: è un perdente che spesso si trova in situazioni incresciose e ha la tendenza a d abusare di psicofarmaci. Eppure per lui, Alicia rappresenta un barlume di luce. Questa donna è fragile e coraggiosa, pulita, riservata ma... inarrivabile. Qualcosa di più di un desiderio e di meno della realtà, la cui sola presenza dona al protagonista un benessere caldo, che gli fa desiderare di avere qualcosa di più e di meglio dalla vita. Speranza vana. Nel momento in cui condividono una debacle clamorosa, si allontanano l'uno dall'altra, senza speranza per il futuro. E Claudio rimane, di nuovo, irrimediabilmente solo.
Questa non-storia tra Claudio e Alicia rappresenta una sorta di sintesi perfetta del modo di vedere la vita dell'Autore: pensi che la vita possa riservarti qualcosa di meglio? No, niente affatto, è sempre il solito schifo. Ma almeno mandiamo giù un paio di Lorans e ridiamoci su.
INTERVISTA ALL'AUTORE