Gli Speciali: Vampiri putrescenti e humor nero nell'horror di Claudio Vergnani

Creato il 09 marzo 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario

Cari lettori,
Eccomi qui, dopo molte settimane che mi hanno tenuta lontana da Diario e dalle amiche che condividono con me questa avventura... Innanzi tutto, un grazie specialissimo a Alessandra per la pazienza! Sei una persona di rara generosità! :-)
Oggi vi parlerò di un autore davvero "insolito": Claudio Vergnani. Cosa scrive? Ma di vampiri, naturalmente! e lo fa in modo assolutamente innovativo ed originalissimo, pur riallacciandosi alla tradizione ( vampiri che non possono sopravvivere al sole, senza pietà, sanguinari, mossi solo dall'istinto ad uccidere, privi di coscienza e così via, avete presente? Ecco, quelli lì. ). La sua casa editrice? La Gargoyle books, obviously.
Questa premessa è necessaria per spiegare come Vergnani non sia un autore per palati leggeri. Scordatevi i Cullen, la tosta Confraternita della Ward, gli strafighetti arrapatissimi vampiri della Arthur: qui siamo in zona Romero/Tarantino, con intestini sparpagliati e sangue fino al soffitto.
Questo autore ha creato un mondo in cui i vampiri sono mostri più simili a zombies, assetati di sangue e carne umana, mossi da una crudeltà che rasenta la bestialità, che spesso sfocia in atti e comportamenti disgustosi, disturbanti per il lettore. Eppure... sono fantastici. Sì, mi rendo conto di aver appena scritto due asserzioni che si contraddicono, eppure è così: perché vi è uno humour nero forte e graffiante, un ritmo narrativo così sapiente, così originale che non può lasciare indifferenti.
IL PRIMO ROMANZOIl primo volume si intitola il 18° Vampiro ed è stato pubblicato nel maggio 2009. Ha avuto un enorme successo, tanto da andare in ristampa dopo pochi mesi.

  • Titolo: il18° vampiro
  • Autore: Claudio Vergnani
  • Editore: Gargoyle Books
  • Prezzo: 15 euro

Trama
Sbarco il lunario uccidendo vampiri. Non e' un compito difficile, ed e' sempre meglio che lavorare. Io e i miei compagni li distruggiamo durante il giorno, mentre dormono il loro sonno di morte, nascosti nei loro miserabili covi. Non possono reagire. Un paio di colpi di mazzuolo ed e' fatta. Forse non e' il mestiere più bello del mondo, ma e' facile e socialmente utile. Non occorre coraggio o particolare determinazione. Non serve essere animati dal sacro fuoco della giustizia. Serve solo un po' di pratica e tanta disperazione. Per certi versi è come dedicarsi alla disinfestazione di topi o insetti. Fai quello che devi fare, sopportando il disgusto, e poi te ne torni a casa. Sempre che non si finisca per esagerare, per passare la misura. Il problema e' che non sapevo che esistesse un confine. L'ho saputo solo dopo averlo oltrepassato. E a quel punto, tornare indietro non era piu' possibile...
RECENSIONEQuesto primo volume mi ha colpito moltissimo per l'originale formulazione della linea narrativa: con un sapiente gioco di regia che mette subito alla prova la concentrazione del lettore, Vergnani alterna presente e passato, attraverso scarti temporali segnati da un diverso font grafico. Il romanzo è narrato in prima persona da Claudio (un'eco autobiografica? devo chiedere all'autore... mumble mumble...)
L'incipit è drammatico. Claudio e l'amica, una delle due figure femminili del romanzo sono in giro alla disperata ricerca di alcuni membri della squadra di ammazzavampiri. Sono soli, spaventati, girano sotto una nevicata gelida, braccati da migliaia di vampiri che cercano qualunque essere vivente per azzannarlo e ucciderlo. Sì, perchè a Modena, in Emilia, in tutta Italia è in corso una gigantesca invasione di esseri macilenti e sanguinari che non possono essere uccisi in alcun modo e che si aggirano per le strade in branchi affamati. 
Nella mente di Claudio si affollano immagini e ricordi: lui era un uomo come tanti, schiacciato dalla fatica di una vita ingrata che gli ha sfilato di mano desideri, passioni e sogni. Era privo di forza: trascinava i suoi giorni in un lavoro che lentamente ha spento la sua scintilla vitale, in bilico sul ciglio di una consapevolezza che lo avrebbe portato alla disperazione. E' in questa fase che incontra Giorgio, un uomo che il lettore conosce solo attraverso le parole dell'autore e che lo introdurrà nello strano, surreale mondo dei cacciatori di vampiri. Ma non vi è fascino o pathos in questa attività: i vampiri che Claudio e Giorgio uccidono sono poco più che sbandati, poveracci che hanno vissuto ai margini della società da vivi e che si sono trasformati in schifosi relitti da morti. I due sono più simili a disinfestatori di scarafaggi che a Van Helsing e soci; hanno uno spirito rassegnato che li rende affini alle loro vittime, anch'essi figure marginali e disperate. Claudio e Giorgio vagano per le cascine abbandonate della pianura in cui è immersa Modena in una atmosfera che mi ha ricordato, e molto, quella angosciosa e sepolcrale de "La casa dalle finestre che ridono" di Pupi Avati, alla ricerca di esseri più simili a cadaveri decomposti che a fascinosi succhiasangue. Insomma: il motto dei due ammazzavampiri è all'incirca "è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo", senza sapere davvero perché devi essere tu a farlo.
Mentre questi ricordi si affollano nella mente di Claudio, il lettore viene di nuovo catapultato nel presente. Il ritmo narrativo cambia: diviene sincopato, persino angosciante e in alcuni tratti costringe il lettore ad alzare gli occhi dal libro per accertarsi che non vi sia nessun cadavere puzzolente che avanza verso di voi per dilaniarvi a morsi. Il riferimento all'odore e più in generale ai sensi, non è casuale: in Vergnani il lettore è coinvolto su più piani, compreso quello sensoriale. I vampiri puzzano di morto e di cadavere, dai loro orifizi esce sangue coagulato e vermi, si nutrono della loro stessa carne in decomposizione, così come gli esseri umani fatti a pezzi puzzano di morte, feci e sangue. Già questo vi lascia comprendere come serva un certo stomaco per leggere questi romanzi... ma vi assicuro che le sensazioni di fastidio che si possono provare nella lettura sono funzionali a un maggior coinvolgimento emotivo del lettore. Come ho già detto, si tratta di storie per palati forti. E vi assicuro, ne vale la pena.
Ma andiamo avanti con la vicenda. Claudio vaga per le campagne in una fuga cieca e disperata, alla ricerca  - spesso vana - dei suoi compagni. Sì, perché i vampiri sono usciti dalle loro tane per aggredire i vivi e lo fanno senza pietà, mossi da una furia inimmaginabile: vecchi, donne, bambini, tutti vengono assaliti e sterminati senza pietà. Ma i ricordi di Claudio non si fermano a Giorgio: vanno ben oltre e ci presentano la sgangherata squadra di ammazzavampiri che si è preso il compito (neanche tanto ben pagato) di ripulire l'Emilia dai succhiasangue. Abbiamo Gabriele, un fanatico scacchista con la fissa del sesso, Emil e Maurizio, due uomini che vivono al margine, sopravvivendo attraverso lavoretti saltuari, Marco, un disoccupato senzatetto e Vergy, una delle figure più dissacranti, surreali, amare e ironiche che mi sia capitato di incontrare in pagine scritte da un autore italiano.
Questo gruppo raccogliticcio e malmesso, letteralmente con le pezze sul posteriore è completato dall'Amica, una enigmatica ragazza che rappresenta la mente pensante del gruppo. O meglio... dovrebbe rappresentare. Perché l'amica, che in realtà si chiama Rossana, è una donna che ha tutto ciò che Claudio non ha: è bella, ha una vita sociale ordinata, un certo benessere economico. Un'esistenza rispettabile, quella che gli ammazzavampiri non possono permettersi perché non sarebbero in grado di immergersi in una società che li vede (e li respinge) come outsider: disoccupati, sporchi, solitari e con un linguaggio politically incorrect. Rossana prova a "sgrezzare" il gruppo, invita persino un professore, Wuker, per "formare" in modo ortodosso i suoi cacciatori ma è tutto inutile: il professore viene messo in fuga da un peto (sì, avete letto bene) di Vergy che lo fa fuggire disgustato. Prima, però, lascia un monito: mai scontrarsi con il 18° vampiro, colui che è riuscito a vivere per diciotto vite, il cui vero nome si nasconde nelle sabbie del tempo. 
Mentre continua il passaggio tra passato e presente, scopriamo che Vergy e Claudio, assieme all'amica ottengono la conferma che il Maestro vampiro esiste e si trova a Corsano, sull'Appennino. In breve, il gruppo organizza una sortita a Corsano, un borgo lugubre su un pizzo di montagna dimenticato da Dio, dove si trova una rocca medioevale che è sede di feste "a la page", per pochi eletti alla ricerca di sensazioni nuove.
Nella Rocca, il gruppo scopre come facciano i vampiri a rimanere chiusi senza bisogno di fuggire per nutrirsi: attraverso il Carousel, un gioco perverso, dove sadomasochismo ed eros si mescolano, generando - letteralmente - cascate di sangue. L'atmosfera nella Rocca è surreale, quasi felliniana, con netti tocchi di macabro... e nel puro splatter si cade nel momento in cui il gruppo incontra il 18° vampiro. Ha un nome, Grimjank, e un branco di vampiri affamati al suo seguito. A differenza degli altri, però, il corpo del Maestro non reca i segni del decadimento fisico: è un essere potente e spietato che non esita a uccidere dinanzi a loro il povero professor Wuker, giunto alla Rocca sulle tracce del misterioso capo e che costringe la squadra di ammazzavampiri a un patto folle e crudele per salvarsi la vita.
Da questa esperienza, Claudio, Vergy e Gabriele, gli unici sopravvissuti (anche l'amica lo è ma il lettore lo scoprirà molto dopo) escono profondamente cambiati. E da quel momento in poi, tutto il loro mondo cambierà per sempre... Conosceranno nuovi amici e sopratutto, accadranno eventi che daranno loro una nuova chiave di lettura per definire il concetto di paura e disperazione.
Il 18° vampiro è un romanzo complesso. E', senza dubbio, molto ben scritto e ha un ritmo narrativo che chiede al lettore attenzione e pazienza. Passate le prime pagine, il libro di Vergnani diviene un piacere, un'avventura affascinante e un viaggio nell'orrore che disturba che fa ridere, che nausea e che sconvolge. E' piacevolissimo. Se un difetto devo trovare, è una certa lentezza in alcuni punti del romanzo, in cui il ritmo cala e rende un po' lenta la lettura, come accade nelle pagine in cui Claudio, voce narrante, parla della lunga preparazione della sortita a Corsano. Si tratta di errori venali nel contesto di un volume originalissimo, con personaggi che saltano - letteralmente - fuori dalle pagine. Vergnani riesce a creare un mondo a sé stante, una Modena acida e insieme crepuscolare, dolorosamente vivida, in cui cacciatori e prede si scambiano di ruolo, in cui nessuno è davvero innocente. In cui i vampiri sono tali perché non possono essere diversamente, perché nulla può controllare la loro sete di sangue e di morte, così come Claudio, Vergy e gli altri sono costretti a ucciderli per raccattare qualche soldo per sopravvivere.
Il tutto è condito da un'ironia tagliente e cinica che strappa risate amare: perché si può ridere delle miserie - umane e vampire - ma è altrettanto vero che sono pochi gli esseri umani che tirano davvero fuori il meglio di sé senza pensare al proprio ombelico. Claudio è dolorosamente autentico, con la sua paura, il disperato aggrapparsi alle Lorans, pesanti ansiolitici, e all'alcool per mandarli giù, con il timore di dover affrontare ogni giorno il vuoto di una esistenza che ha tradito i suoi sogni, che gli ha strappato il futuro trasformandolo in un uomo schiacciato dai rimpianti e dalla solitudine. Vergy ha avuto una vita piena, almeno all'apparenza: ha un passato da mercenario, maneggia le armi con grande disinvoltura e vive in una casa che sembra più una discarica; ha un linguaggio sboccato (per essere eufemisti) e nello stesso tempo è capace di citazioni erudite. E' coraggioso, una testa calda, cinico e insieme dotato di una pietas che è ben nascosta sotto la scorza dura di uomo che sopravvive a sé stesso. Rappresenta forse la voce più autentica, quella che presenta la realtà per come è, senza fronzoli o buonismi borghesi. E' forse il personaggio che mi ha più colpito: sue sono le battute più efficaci del romanzo (come quella sulla nonna e sul sesso orale che vi risparmio) ed è la figura che rappresenta la vera essenza della vicenda: la forza degli uomini di reagire a tutto, sebbene la tentazione di voltarsi e pensare alla propria pellaccia sia fortissima.
IL SECONDO ROMANZOSe il 18 ° Vampiro peccava in alcuni passaggi di lentezza e di un po' di macchinosità - forse una sorta di immaturità, l'Autore mi consenta questa battuta - in Il 36° Giusto, questa pecca viene meno: da quattro stelle per il romanzo d'esordio, passiamo a 5 stelle (e lode) per il romanzo della conferma.

  • Titolo: Il 36° giusto
  • Autore: Claudio Vergnani
  • Editore: Gargoyle Books
  • Prezzo: 16 euro

Trama
Pensavamo di aver smesso di uccidere i vampiri, ma abbiamo ricominciato a farlo. Ora che e' accaduto quel che e' accaduto, e' quasi un mestiere.Non devi piu' nasconderti per cacciarli.

Sono reietti, emarginati, abbandonati dai loro stessi Maestri. Le retrovie di un esercito allo sbando.Non c’e' posto per loro. Ma nemmeno per noi. E la loro presenza giustifica in qualche modo la nostra.La loro mancanza di un futuro si intreccia con la consapevolezza della nostra quotidianita' di speranza, e le loro azioni prive di un fine si sovrappongono al nostro gesticolare che e' ormai soltanto uno stanco, sfiduciato reagire senz’anima.Loro e noi.I vampiri e i cacciatori.Una battaglia senza onore né gloria tra disperati, dove in mezzo stanno le prede innocenti. E forse c’e' piu' colpa in noi, che possiamo scegliere, che in loro, schiavi di una sete che non possono spegnere.Loro sono assassini nati, noi l’estrema difesa, sempre sull’orlo dello sfascio. Ma in qualche modo ambiguo e discorde, nell’inconsapevolezza innocente dei semplici, siamo anche il fioco brillare di una speranza di un imprevedibile, brevissimo, insperato momento di giustizia. 
RECENSIONEModena è ancora lo sfondo delle vicende di Vergy e Claudio. Ma è una Modena devastata dall'orda vampirica, dove i sobborghi sono stati abbandonati, la gente non gira più di notte e si guarda con sospetto ogni nuovo arrivato. Perché l'orda si è ritirata così come era venuta, sparendo nel buio della notte e lasciando dietro gli ultimi vampiri, i più derelitti, deboli e  straccioni.

Claudio e Vergy si son persi di vista; Gabriele è diventato uno scrittore di successo e Rossana non vuol avere più nulla a che fare con loro: troppo dolore, troppo choc. Si è rifatta una vita e non vuol avere più contatti con quei poveracci che le ricordano un periodo drammatico del passato. Eppure, sembra che il destino si accanisca contro i due amici di un tempo. Sono invecchiati, avviliti, ma sono ancora uniti dall'unica cosa che sanno fare: ammazzare quei cadaveri in corso di putrefazione. Ma stavolta hanno concorrenti: altri ammazzavampiri, ripuliti e ben organizzati, con tanto di ufficietto e biglietto da visita. Rimettere in piedi la vecchia squadra è quasi impossibile, i soldi sono scarsi e dunque i due decidono di mettersi a servizio di Paride, un bellimbusto in giacca e fuoristrada di lusso che agisce come "ripulitore", con il benestare delle istituzioni, cui si rivolgono ricchi clienti e che ha una segretaria, Alicia, che fa girare la testa a Claudio.
Nel corso di una missione Claudio e Vergy si scontrano con un gruppo di vampiri affamati e sono costretti a fuggire nel cimitero monumentale, dove si nascondono tra tombe e cappelle disseminate di resti umani, usati come nuove "decorazioni" dai vampiri. Questi, del tutto privi di pietà e dotati di un senso dello humour macabro, hanno smembrato le loro vittime per trasformarle in elementi di arredo cimiteriale. Nel corso della loro fuga disperata incontrano Matthew, un nano, che si è introdotto nel cimitero per fotografare i cadaveri: tra i tre si instaura una sorta di perversa amicizia che li affratella e nello stesso tempo, li divide. Assolutamente esilarante è il momento in cui i tre scoprono di aver bevuto dell'acqua contaminata da resti umani... con ovvi e tragicomici esiti sul loro intestino.
La figura di Matthew, per quanto grottesca e fuori le righe, ci aiuta a comprendere come il panorama umano dipinto da Vergnani sia variegato e realistico: gli esseri umani possono essere santi e bastardi, sembra dirci l'autore, approfittatori e puri di cuore, ma nessuno può essere totalmente puro o del tutto meschino. Il terzetto riesce a sfuggire all'assalto dei vampiri per ritrovarsi, fuori dalle mura del cimitero, circondati da altri, e ben più temibili vampiri, accompagnati da un famiglio di nome Bergemot. Già: la congrega che incontra i cacciatori è composta da giovani (e ben tenuti) vampiri che si ispirano al capolavoro di Nabokov, Il maestro e Margherita (inutile dire che adoro questo romanzo!). La loro leader, Margherita, una ragazza bella e per nulla decomposta, gli chiede di non incrociare più la loro strada: anche i vampiri hanno le loro squadre di "pulizia" ed è bene che non si intralcino a vicenda. L'invito è amichevole ma il messaggio è chiaro: i vampiri sono tornati nell'ombra ma continuano a vivere tra gli esseri umani, come è accaduto per secoli.
Nonostante una serie di disastri, pasticci e una quantità spropositata di dialoghi assolutamente incorrect, i due compagni riescono a mantenere il lavoro con Paride; casualmente, riprendono i contatti con Gabriele, che è divenuto un romanziere di successo (sempre sessuomane), e lo tirano dentro in una nuova avventura sugli Appennini, per proteggere una famiglie alto borghese durante le vacanze di Natale, un incarico di tutto riposo, insomma. Solo che le cose non vanno come dovrebbero andare...
In questo romanzo, il talento narrativo di Vergnani dà il meglio di sé. La sua scrittura diviene raffinata, stringata e tagliente; la narrazione procede senza pause, senza cali di tensione e non vi è traccia di tempi morti. In una certa misura, ho trovato il 36° giusto più leggero e godibile. Non più banale, badate bene. L'ho trovato un romanzo maturo, in cui riflessione e ironia si mescolano sapientemente in equilibrio che rimane inalterato per tutto il romanzo. Insomma: di solito i sequel sono delle clamorose ciofeche, ma non è questo il caso. Vergnani è come il vino: migliora con il tempo.
Battute a parte, credo che l'Autore abbia acquistato una maggiore consapevolezza dei propri strumenti narrativi, delle tecniche di scrittura che rendono lo stile di un autore una sorta di marchio di fabbrica. Perché adesso lo stile di Claudio Vergnani è assolutamente unico e inconfondibile: un uso sapiente dell'aggettivazione, citazioni di autori come Salgado piazzati in dialoghi surreali, punteggiatura ridotta all'osso lo rendono un autore completo e originalissimo. Il tutto è posto al servizio di storie particolali che non trovano raffronto con gli urban fantasy d'oltreoceano e che trovano più addentellati nella letteratura pulp e horror statunitense. 
A rendere peculiari i romanzi di Vergnani è il grande approfondimento psicologico dei personaggi. Vergy e Claudio rappresentano due facce della medesima medaglia, l'Autore, eppure è assai difficile cogliere questo scarto. Solo una lettura attenta riesce a comprendere come le due figure rappresentino l'una il necessario contrappunto dell'altra e questo testimonia la grande bravura dell'Autore, che è riuscito a celare lo chassis della storia all'interno di dialoghi serrati e mai noiosi. Non vi sono dialoghi epici, ma una sorta di incomunicabilità che trova la sua strada e si trasforma in battute fulminanti, ciniche, che celano i timori e le angosce più orrende dei protagonisti. Dalla voce narrante apprendiamo delle paure di Claudio, ma dalla descrizione dei comportamenti e dei dialoghi sappiamo quanto angosciato sia Gabriele o quanto rassegnato/incazzato/furioso possa essere Vergy.
Mentre il primo volume è più amaro e doloroso, in una certa misura più "intimista", il secondo permette allo scrittore di lavorare sulla psiche dei personaggi attraverso l'azione, segno di una maggiore padronanza e confidenza con i propri characters con esiti freschi e molto più scanzonati. Insomma: non vedo l'ora di leggere l'Ora più buia, il volume conclusivo della trilogia.
Un'ultimo commento riguarda le donne di Vergnani. Perché le figure femminili di questo scrittore meritano uno spazio a sé. Ce ne sono poche. A parte Rossana, che è una donna complessa, sfaccettata e talvolta irritante, vi è Giovanna, una donna confinata in un villaggio di montagna, assetata di vita e condannata dal mondo asfittico che la circonda; sopratutto, ci sono Elisabetta e Alicia. Elisabetta è una figura unica: vitale, piena di energia. Sembra quasi una delle donne di Ligabue, il rocker emiliano, dotata di una sensualità e di una carica empatica che la rende originalissima. Non è la classica brava ragazza, non è una virago, non è una "facile": è una creatura coraggiosa che vive a 360°, che non esita a coinvolgere Gabriele, Vergy e Claudio in un rapporto di gruppo (che l'autore non descrive) per permettere loro di cancellare la paura nel momento in cui sanno che potrebbero morire da un momento all'altro. Cerca di farli sentire ancora esseri umani, ancora amati, ancora felici. Elisabetta è pulita, è forte. Vive la sessualità come uno strumento per trasmettere energia, ma nello stesso tempo, in lei vi è l'abbandono delle anime pure e fiduciose. E' capace di indignarsi e di piangere, di infuriarsi, di perdonare. E' donna nel senso pieno del termine: donna che da la vita, che nutre e che protegge, che ama e che sostiene con la sua sola presenza.
Alicia invece rappresenta una sorta di obiettivo inarrivabile, quasi una donna del Dolce Stil Novo: bella, dolce, gentile, con un viso da angelo. Claudio se ne innamora pur sapendo di non avere chance alcuna con lei: è un perdente che spesso si trova in situazioni incresciose e ha la tendenza a d abusare di psicofarmaci. Eppure per lui, Alicia rappresenta un barlume di luce. Questa donna è fragile e coraggiosa, pulita, riservata ma... inarrivabile. Qualcosa di più di un desiderio e di meno della realtà, la cui sola presenza dona al protagonista un benessere caldo, che gli fa desiderare di avere qualcosa di più e di meglio dalla vita. Speranza vana. Nel momento in cui condividono una debacle clamorosa, si allontanano l'uno dall'altra, senza speranza per il futuro. E Claudio rimane, di nuovo, irrimediabilmente solo.
Questa non-storia tra Claudio e Alicia rappresenta una sorta di sintesi perfetta del modo di vedere la vita dell'Autore: pensi che la vita possa riservarti qualcosa di meglio? No, niente affatto, è sempre il solito schifo. Ma almeno mandiamo giù un paio di Lorans e ridiamoci su.
INTERVISTA ALL'AUTORE1) Ciao e benvenuto. E' un piacere poter parlare con un autore così originale e innovativo, sia per l'uso che riesce a fare della lingua italiana che per la presentazione dei suoi personaggi. Ti andrebbe di presentarti ai lettori del blog?Prima di tutto grazie per l’accoglienza nel blog e per la gentilezza che mi hai dimostrato. Sono nato nel 1962, e ho svolto un percorso di vita abbastanza vario. Dal Liceo Classico, alle esperienze militari all’estero, allo studio di Giurisprudenza, ai lavori vari che ho svolto – dall’istruttore in palestra al coordinatore di un centro handicap. Come quasi tutti, sono più persone in una.2) Qual è il tuo rapporto con la scrittura e cosa rappresenta per te? Quando hai scoperto questa passione? Fin da piccolino ero un forte lettore. Pare che abbia iniziato tormentare i miei genitori leggendo a voce alta i fumetti a cinque anni. Non ho mai smesso di leggere. Mi considero un lettore che scrive. Scrivere significava prendere spunto da ciò che leggevo e modificarlo fino a sentirlo ancora più rispondente ai miei gusti. All’epoca era una strategia inconsapevole, ora, con il tempo, non è cambiata, se non che si tratta di un’operazione conscia.3) Cosa fai di solito mentre scrivi? Hai un particolare processo creativo? Non so se si tratti di un processo, diciamo che provo a scrivere ciò che a me per primo piacerebbe leggere. A volte mi riesce bene, a volte meno, ma l’idea rimane quella. 4) Quando non scrivi che genere di romanzi ti piace leggere? Vuoi consigliarci un romanzo che hai letto di recente e che ti ha particolarmente colpito? Ad essere sincero, negli ultimi anni – a differenza del passato dove ero un lettore onnivoro – mi attesto su romanzi gialli, noir, horror e – a volte – di fantascienza. I classici sono dentro di me. Ho di recente scoperto un’autrice francese non troppo conosciuta che mi ha molto ben impressionato. Si tratta di Brigitte Aubert. Credo scriva infinitamente meglio di tanti scrittori più celebrati.5) Parliamo del tuo stile: nei tuoi volumi fioccano le citazioni, da Borges a Salgado. Hai sintetizzato letture disparate creando un effetto linguistico unico. Effetto voluto o... naturale decorso di un forte lettore?In parte cercato e in parte naturale risultanza di tonnellate di libri letti. Desiderio di restituire il “già letto” e “già visto” in chiave personale e originale.6) I personaggi. Confesso che Vergy è spiazzante e credo che fosse l'effetto che tu volevi ottenere. Un perdente che è zozzo, politically scorrect fino all'estremo, che avrebbe bisogno di una candeggiata con l'Ace nel linguaggio, da cui il novanta per cento di noi scapperebbe con aria schifata. Eppure è insieme una figura colta, dolente, a volte persino poetica. Un uomo indurito fino all'estremo dalla vita, amareggiato ma non insensibile, che non deve esser stata generosa con lui. Quanto c'è di te in lui? Perchè ho avuto la sensazione netta che, a volte, fosse l'autore a parlare attraverso la sua voce e non... la voce narrante. Sfrondato dagli eccessi che lo caratterizzano, Vergy è un pochino (e fatte le debite proporzioni) l’equivalente del buffone nelle commedie classiche: un guitto inaffidabile attraverso la cui bocca volgare e pungente parla il buon senso e – ogni tanto – la Verità. Sfugge il luogo comune (che impera nei nostri tempi, dove la Banalità è assurta al rango di Maestra di Vita),. Vergy non teme di smitizzare tante ipocrisie tipiche dei nostri tempi, chiamandole con il loro nome. Io sono più malleabile di lui E qualche centimetro più basso. 7) E adesso a Claudio, l'altro protagonista, il tuo omonimo. Figura complessa, un eroe che di eroico non ha una cippa, che se la fa - letteralmente - nei pantaloni. Eppure è un character fortissimo, che rappresenta il secondo pilastro nella vicenda (il primo è Vergy), e non solo perché noi "viviamo" nella sua testa: ho avuto la sensazione che l'autore si sia... sdoppiato nel raccontare le sue emozioni, usando un po' l'uno, un po' l'altro.E’ un’impressione giusta. Sono due voci nella testa di un’unica persona. Sdoppiati in un romanzo, credo funzionino.8) La scelta di differenziare tempi e luoghi della vicenda avvalendosi di un font grafico differente è stata davvero notevole. Idea tua o della Gargoyle?Concordata. Entrambi ritenevamo occorresse – anche per ragioni di chiarezza – differenziare il font.9) Le donne dei tuoi romanzi sono creature forti. Rossana, l'amica, è una leader suo malgrado, un essere umano fin troppo fragile. Alicia è come lei, spaventata da ciò che non riesce davvero a comprendere. Elisabetta rimane la mia preferita: al di là delle convenzioni, consapevole e decisa. Anche lei, un'eroina ai margini. Chi te l'ha ispirata? Perché è una donna fortunata, si sente che l'ammiri molto...Tutti i personaggi principali dei miei romanzi sono ispirati a persone che ho conosciuto nella vita reale. E che ho immaginato in situazioni estreme – quelle che racconto. Elisabetta è una donna decisamente fuori dal comune. Ne L’ora più buia sarà ancora più presente, e più volte Claudio sottolineerà che si tratta del componente più coraggioso del gruppo e, in un’occasione, addirittura che è la persona migliore che abbia mai conosciuto tuoi vampiri sembrano più zombie. Putrescenti, sfigati, a volte talmente malridotti da essere patetici, lontanissimi dagli stereotipi patinati degli ultimi anni, dotati di una crudeltà a volte disturbante. Le sensazioni fisiche che associ a questi mostri (poiché mostri sono e non fighetti... alleluya!), la cattiveria pura e semplice legata alla loro natura è davvero di impatto. D'altra parte, abbiamo Grimjank prima e la banda di Margherita poi, che hanno un fascino sottile, assolutamente tenebroso. 10) I tuoi vampiri sembrano più zombie. Putrescenti, sfigati, a volte talmente malridotti da essere patetici, lontanissimi dagli stereotipi patinati degli ultimi anni, dotati di una crudeltà a volte disturbante. Le sensazioni fisiche che associ a questi mostri (poiché mostri sono e non fighetti... alleluya!), la cattiveria pura e semplice legata alla loro natura è davvero di impatto. D'altra parte, abbiamo Grimjank prima e la banda di Margherita poi, che hanno un fascino sottile, assolutamente tenebroso. Parlaci di loro e della loro genesi.Il primo romanzo – Il 18° vampiro – lo scrissi molti anni fa, quando il fenomeno-vampiri non era ancora tornato di moda. Dovendo/volendo scriverne un seguito ho dovuto inevitabilmente pormi il problema di che tipo di vampiro descrivere. Più ancora il cinema che la letteratura ha dato – e continua a dare – ogni interpretazione possibile, e con questo fenomeno bisogna farci i conti. Ho dovuto cercare una versione che mi fosse congeniale, risultasse originale, ma nello stesso tempo anche fedele alle caratteristiche delle creature della notte. In questo senso, ne L’ora più buia - summa della mia interpretazione vampirica - credo di aver creato un tipo di vampiro assolutamente fuori dagli schemi, pur più che mai legato alla tradizione. Se ne potrà dire ciò che si vorrà, tranne che sia simile a qualcosa di già visto.11) Modena e dintorni. Confesso che nel leggere le prime pagine del 18° vampiro, la sensazione di luci, colori e suoni mi ha riportato alla "Casa delle finestre che ridono" di Pupi Avati, e ai primi dischi di Ligabue e dei M. C. R. Hai avuto la capacità di creare una sorta di realtà nella realtà, una mondo che esiste "davvero" ma che non vogliamo quasi vedere... è così?Esattamente. Con l’aggiunta di qualche suggestione personale, e l’accortezza di rendere appetibile la storia anche ad un lettore, diciamo, lontano da quel contesto territoriale.12) L'ora più buia. Dovrebbe uscire a settembre, giusto? Tu lo sai che se succede qualcosa a Vergy io ti mando dietro Margherita e Begemot, vero??J In quanto a Vergy … cosa posso dirti … posso solo risponderti con una citazione tratta proprio dal romanzo: “Credi, nessuno è mai tornato, che non se ne sia andato, almeno un volta …” (proverbio egizio).13) Altri progetti in cantiere? Sì. Ho degli inediti noir con protagonista assoluto Vergy. Mi piacerebbe proporli.14) Ti ingrazio molto per essere stato nostro ospite per quest'intervista. Vuoi aggiungere qualcosa prima di salutarci? Grazie a voi, come dicevo all’inizio, per lo spazio concessomi e per la simpatia con cui mi avete accolto. Spero avremo in futuro altre occasioni per scambiare qualche nuova riflessione. Chissà, magari anche su un genere letterario differente dall’horror.


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