Ho capito tutto e ve lo rivelo nel caso qualcuno di voi – con un po’ di quella innocente dabbenaggine che vi accomunerebbe ai dirigenti dl Pd – avesse creduto a un sia pur tardivo emendamento della classe dirigente . No no non c’è nessun ravvedimento e tanto meno operoso: sono semplicemente dei taccagni e per risparmiare i quattrini loro mentre sono molto liberali coi nostri, si dividono lo stesso ghost writer. E lo devono proprio pagare poco perchè non fa nemmeno lo sforzo di diversificare approcci e stili, come insegnavano a fare nei collegi francesi, che ti facevano scrivere à la manière di Racine o di Corneille. No, Della Valle, Marcegaglia, Montezemolo, e il loro proclamato leader del partito dei carini per il rinnovamento dicono tutti le stesse cose e allo stesso modo, venato di sdegnata passione.
Cambia il contesto verbale: invettiva, proclama, lectio magistralis, inserzione pubblicitaria, tutti esprimono con vibrante impeto il nostro scontento. Che è credibile se esce dalle nostre labbra e dai nostri Pc, ma invece sulle loro bocche suona come un affronto un’irrisione uno schiaffo un’ingiuria. Il ridicolo raggiunge il suo acme quando poi il j’accuse circola non solo trasversalmente alle caste ma all’interno di ognuna di essa, perché il richiamo al “passo” indietro, alla responsabilizzazione, all’autocritica riguarda sempre l’altro, gli altri e soprattutto noi, gli italiani, una fauna indolente e accidiosa, velleitaria e impotente cui ieri Draghi, ormai cittadino della sovranazionalità della finanza imperiosa e crudele, ha impartito una bella lezione, ultimo in ordine di tempo, ma ormai capofila della irriconoscenza, dell’ingratitudine nei confronti di noi sfruttati e perché no? di quel ceto politico che li ha valorizzati, alimentati e promossi. «Abbiamo perso troppo tempo» e bisogna agire «con rapidità» per riportare il Paese al posto che merita in Europa. L’Italia «deve salvarsi da sola», senza aiuti esterni: la salvezza e il rilancio possono venire solo dagli italiani. Ma la politica «ha il compito insostituibile di trovare il modo di rompere il circolo vizioso» di privilegi, coalizioni di interessi «prima che questo renda impossibili, per veti incrociati e cristallizzati, le misure necessarie per la crescita».
Si ormai ci mettono in riga i più sregolati. Ci danno lezioni di legalità impenitenti evasori, contigui a forme malavitose più o meno anodine e perentorie. Suggeriscono ricette per la crescita e sostenibile, per carità, imprenditori sporcaccioni e disinteressati a sicurezza e regole, che hanno saputo solo investire in accumulazione e nell’arricchimento personale e dinastico, perseguendo un disegno di erosione di diritti e di sfruttamento estremo e rapace, indifferenti ai cambiamenti indotti da quella globalizzazione che hanno subito per ottusa viltà. Ci somministrano richiami etici banchieri ostaggio gioioso di una finanza criminale, avida, arrischiata e solo speculativa che si autoalimenta con i riti esoterici dell’immaterialità e delle promesse immaginarie. Ci propinano l’invito a visioni meno egoistiche e localistiche improvvisati lacchè delle cancellerie e delle banche centrali, lusingati di essere ammessi alla toilette del re sole.
E ce ne danno conto con ammirata venerazione informatori radiosi per essere benevolmente messi a parte di qualche pensierino di padroni e sottopadroni, che riferiscono acriticamente, deliziati della dimestichezza col potere.
Io non so voi che ne pensate, ma io mi vergogno di stare a sentire questi svergognati. Voglio un fronte contro gli sfrontati. Voglio rispetto da chi è rispettabile solo per via della grisaglia. È venuto il tempo del disinganno, svegliarsi non è così brutto se i sogni sono diventati incubi.