Gli ultimi saranno ultimi

Creato il 01 dicembre 2015 da Af68 @AntonioFalcone1

Dalle pagine del blog ho spesso richiamato alla memoria la classica commedia all’italiana, in particolare la capacità propria dei suoi sceneggiatori e registi di offrire uno spaccato della realtà quotidiana visualizzato, non trasmutato, tramite un particolare mix d’ironia, spunti riflessivi ed intimistici, malinconia ed un tocco di bonario cinismo. Tale richiamo, lungi dall’essere un velleitario riferimento ad un passato che non può ritornare, rappresenta l’espressione di un desiderio, ovvero che fra le tante proposte all’interno del nostro genere prediletto, non solo cinematografico, la commedia appunto, facessero capolino, oltre a quanto già messo in atto dai “soliti noti” (penso a Verdone in primo luogo) e ai titoli più più ridanciani, realizzazioni capaci di sfruttare con intelligenza i citati meccanismi nel rappresentare l’attuale situazione sociale, certo più sfaccettata, dai contorni meno netti rispetto a quella che si trovavano a descrivere i vari autori negli anni ’60-’70. Premessa forse un po’ lunga, non me ne vogliate amici lettori, ma necessaria per introdurre il nuovo film del regista Massimiliano Bruno, Gli ultimi saranno ultimi, tratto dal suo omonimo lavoro teatrale e di cui infatti firma anche la sceneggiatura insieme a Paola Cortellesi (che sul palcoscenico offriva voce narrante a più personaggi, oltre alla protagonista), Furio Andreotti e Gianni Corsi.

Paola Cortellesi

A mio avviso infatti Bruno, dopo il buon esordio con Nessuno mi può giudicare (2011) cui hanno fatto seguito due titoli non del tutto riusciti (Viva l’Italia, 2012; Confusi e felici, 2014), rivela ora un certo coraggio nell’esprimere, pur con qualche stridore, la volontà di rinnovare con intelligenza le caratteristiche del citato filone. Evidente all’interno del percorso filmico l’avvertita urgenza di offrire voce a determinate istanze sociali, proprie di quanti si sono accontentati negli anni di gestire quel minimo concessogli dalla vita e dalle proprie possibilità, da difendere con ogni mezzo possibile, anche estremo, contro ogni sopruso o angheria, in particolare una volta viste crollare attorno a sé quelle che fino a qualche minuto prima sembravano solide certezze, gli affetti familiari principalmente. Proprio in virtù di questa sincerità di fondo il film merita di essere considerato al di sopra delle consuete proposte “seriali”, pur non potendo fare a meno di notare un imperfetto amalgama fra commedia e dramma ed una coralità non del tutto compiuta. Il primo difetto, sempre a parer mio, è dovuto alla scelta di enfatizzare con i sin troppo consueti “effetti speciali” le scene che volgono alla tragicità, ovvero musica “a palla” ad effetto videoclip, quando sarebbe bastato affidarsi totalmente alle ottime interpretazioni attoriali dell’intero cast, come d’altronde Bruno mette in atto per buona parte del film.

Fabrizio Bentivoglio

Il secondo deriva da una eccessiva presenza di personaggi secondari che, per quanto ben resi dagli attori (penso al transessuale Manuela raffigurato da Irma Carolina Di Monte e alla poliziotta Loredana, un’eccellente Maria Di Biase) risaltano soprattutto in singole sequenze e non sempre si inseriscono perfettamente nella circolarità propria dell’iter narrativo. Comunque, al di là di queste annotazioni, non si può dire che a Bruno manchi un certo coraggio, a partire dalla ricercata frammentazione del racconto, con i vari personaggi introdotti gradualmente e seguendo un ordine di apparizione sfalsato da un punto di vista temporale.
Ad inizio film vediamo una donna (Paola Cortellesi), incinta, il volto rigato dalle lacrime, lo sguardo disperato e privo di ogni speranza, brandire una pistola, mentre un poliziotto (Fabrizio Bentivoglio) le intima di gettare l’arma.
Un rapido stacco ed ora la stessa donna ci appare allegra e solare mentre attraversa la piazza del paese: è domenica, incontra amici ed amiche, la sua voce fuori campo nel presentarsi (si chiama Luciana) ci racconta come sia felicemente sposata con Stefano (Alessandro Gassmann), disoccupato, ma con tanti lucrosi affari da portare a termine, almeno a livello d’intenti, altro che stare sotto padrone, mentre lei ha un contratto a tempo determinato in una fabbrica locale.

Alessandro Gassmann e Cortellesi

Una piccola fetta di personale felicità, quanto basta per vivere dignitosamente e non chiedere altro dalla vita di quanto abbia finora offerto e lasciato prendere.
Ecco poi sopraggiungere la lieta novella che non ti aspettavi, l’arrivo di un figlio, ma vi è il lavoro da mandare avanti, meglio non dare notizia della gravidanza prima che sia del tutto evidente, considerando la sola entrata in famiglia. Purtroppo una nuova arrivata in fabbrica rivelerà tutto, in vista di un’assunzione definitiva, e il piccolo mondo di Luciana crollerà man mano, tante piccole scosse si susseguiranno fino a quella definitiva, quando nel vedere svanire anche il sudato posto da “ultima” che comunque occupava nel mondo, persa anche la fiducia nel proprio compagno, un ritrovato orgoglio la porterà ad un gesto estremo, quello visualizzato ad inizio film: pistola in pugno eccola in fabbrica, faccia a faccia con il presidente e il poliziotto veneto Zanzotto, un altro piegato dalla vita, causa un errore che lo ha segnato per sempre, una scelta sbagliata in un momento decisivo, allora come adesso … Pur nei limiti sopra descritti, Gli ultimi saranno ultimi è un film che mi ha piacevolmente sorpreso e, soprattutto, coinvolto nella sua totalità.

Ho infatti avvertito la netta sensazione di come Bruno abbia espresso una certa rabbia nel voler sbatterci in faccia la crisi, non solo economica, che stiamo attraversando, immedesimandosi totalmente nei personaggi portati in scena, rappresentandone le quotidiane vicende all’interno di una piccola realtà provinciale (Anguillara) che può farsi voce di tutta Italia, e fa in modo che tale immedesimazione venga resa a noi spettatori, attraverso modalità registiche a loro modo spiazzanti, ruvide, non accomodanti. “Insegue” gli attori con la macchina a mano e sta loro letteralmente addosso, offrendo risalto alle ottime interpretazioni dell’intero cast, a partire da una splendida Cortellesi. La sua superba capacità di passare con rara leggiadria dalla tenerezza alla goffaggine, dal sorriso alle lacrime assume all’interno di questo film una consistenza ed un afflato da applauso a scena aperta, senza timore d’esagerare, delineando un personaggio femminile dalle molteplici sfaccettature, intento a far di tutto pur di mettere in salvo la propria dignità.
Le sta a fianco un ottimo Alessandro Gassmann, cialtrone ad oltranza, Peter Pan con aria da gaglioffo, impenitente Pinocchio dal fare guascone e col cuore d’oro.

Molto bello anche il personaggio di Zanzotto rappresentato da Bentivoglio, per quanto a volte possa sembrare leggermente impostato. Un extraterrestre appena giunto sulla Terra, un uomo i cui modi gentili, il fare accomodante lo pongono al di fuori di qualsiasi pianeta, visti i grami tempi in cui viviamo e la cui voglia di riscatto, più imposta dalle circostanze esterne che autodeterminata, lo porterà ad un’ulteriore condizione di volontaria emarginazione. Peccato quindi non aver previsto in fase di sceneggiatura una maggiore caratterizzazione dei tanti personaggi secondari, che a volte sembrano messi lì giusto per farli rientrare nell’aggettivo che dà il titolo alla pellicola e per le “derive musicali” delle scene più drammatiche, riprendendo quanto scritto nel corso dell’articolo. In conclusione un film da vedere e giudicare soprattutto nella considerazione della sua capacità d’intrattenere ed offrire spunti di riflessione guardando ad una realtà quotidiana a volte dimenticata, non solo cinematograficamente, quella propria di quanti nella loro precarietà esistenziale riescono comunque a dare un senso alle proprie scelte, anche, se non soprattutto, a quelle sbagliate.

Massimiliano Bruno

Un sentore di speranza è avvertibile nella sequenza finale, affidato al figlio di Luciana e Stefano, un giorno, chissà, diverrà capofila dei primi o guiderà con orgoglio la cordata degli ultimi … Dopotutto, riprendendo le parole di Luciana poco prima dei titoli di coda, nostro Signore nell’affermare che gli “ultimi saranno i primi” nella perentorietà del discorso si è comunque mantenuto sul vago …
“Non ha detto di preciso quando …”

Ascolta il podcast su Giovannicertomà.it


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :